Mario Lombardo
Il parlamento georgiano ha approvato questa settimana in prima lettura una controversa legge sugli “agenti stranieri”, nonostante le proteste dell’opposizione e gli avvertimenti di Bruxelles che la legislazione potrebbe mettere a rischio le ambizioni del paese di aderire all’Unione Europea. La misura, ufficialmente nota come “Legge sulla trasparenza dell’influenza straniera”, ha ricevuto l’appoggio di 83 membri su 150 del parlamento di Tbilisi. L’opposizione ha scelto di boicottare il voto. Diversi deputati contrari al provvedimento sono stati espulsi dall’aula dopo essersi ribellati nel corso del dibattito.
Il primo ministro georgiano, Irakli Kobakhidze, sembra essere irremovibile nel sostenere che il partito al potere (“Sogno Georgiano”) non cederà alle pressioni interne ed esterne. Parlando mercoledì, Kobakhidze ha respinto le critiche e sostenuto che la legge avvicinerà piuttosto la Georgia all’UE, rendendo il paese più trasparente.
La presidente georgiana, Salomé Zourabishvili, ha invece condannato l’esito del voto, promettendo di mettere il veto alla legge nel caso dovesse essere approvata in seconda e terza lettura. La presidente sostiene che la legge mette a rischio le aspirazioni europee della Georgia e impone “ostacoli” alle elezioni democratiche nel paese.
“Intendo mettere il veto a questa legge, come sto mettendo il veto a tutte le altre leggi… che vanno contro le raccomandazioni dell’Unione Europea,” ha dichiarato la Zourabishvili alla BBC. Quest’ultima ha poi ammesso che il suo veto sarà probabilmente annullato dal parlamento, ma ha insistito sul fatto che l’iniziativa è necessaria per permettere che la “voce del popolo” si esprima sulla questione.
Il parlamento georgiano aveva già tentato di approvare la legislazione sugli “agenti stranieri” lo scorso anno. La versione originale della legge, accolta anch’essa da feroci proteste, richiedeva alle organizzazioni e agli individui con più del 20% di finanziamenti provenienti dall’estero di registrarsi come “agenti di influenza straniera” e di rendere pubblica l’identità dei loro donatori. Il provvedimento è anche oggi oggetto di fortissime critiche da parte dell’opposizione politica georgiana, che l’ha etichettata come una “legge russa” e ha accusato il partito al potere di averla appunto modellata sulla legislazione introdotta in Russia nel 2012.
Il governo e il partito “Sogno Georgiano” insistono invece sul fatto che la legge trae ispirazione per lo più dal “Foreign Agents Registration Act” (FARA) del 1938 degli Stati Uniti. La versione georgiana è anzi significativamente più morbida rispetto all’originale americana. Anche nel marzo del 2023 la legge aveva scatenato scontri violenti nella capitale, Tbilisi, e una valanga di critiche da parte dell’Occidente. Alla fine era stata accantonata dopo l’approvazione in prima lettura.
La nuova versione della legislazione presenta solo cambiamenti formali, inclusa la sostituzione della designazione di “agenti di influenza straniera” con “organizzazioni che facilitano gli interessi di una potenza straniera”. Il tentativo di farla passare si sta nuovamente scontrando con proteste di piazza e le crescenti critiche dell’Occidente, mentre si è registrata anche una rissa nell’aula del parlamento durante la discussione. Il capo della diplomazia dell’UE, Josep Borrell, ha avvertito ad esempio che l’adozione della legge potrebbe “mettere a rischio il percorso europeo della Georgia”. “La legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’ non è in linea con le norme e i valori dell’UE. Se adottata, limiterebbe il lavoro delle ONG e dei media e la libertà di espressione,” ha scritto Borrell su X (ex Twitter) poco dopo che la legge è stata approvata in prima lettura.
Il premier georgiano Kobakhidze ha affermato invece che “i politici statunitensi ed europei che hanno criticato la legislazione non hanno fornito alcun argomento concreto contro di essa”. Per questa ragione, ha aggiunto Kobakhidze, le dichiarazioni provenienti dall’Occidente non determineranno questa volta “nessun arretramento dalla nostra decisione”.
L’opposizione georgiana e la presidente Zourabishvili operano comunque da quinta colonna di USA ed Europa e continuano ad alimentare polemiche e proteste contro il governo e la legge in discussione. La presidente era stata protagonista lo scorso anno di un episodio significativo nel pieno dello scontro sul provvedimento. L’ex ministro degli Esteri della Georgia si trovava a New York per partecipare a un evento alle Nazioni Unite e aveva deciso di lanciare un appello pubblico alla popolazione del suo paese. Per esprimere il suo sostegno all’opposizione, la Zourabishvili aveva registrato un video in cui appariva con alle spalle la statua della Libertà, lasciando intendere chiaramente da dove arrivavano gli ordini.
Il partito al potere in Georgia è preso di mira da almeno due anni dall’Occidente perché, pur non essendo in nessun modo filo-russo, predilige un approccio pragmatico alle questioni di politica estera. Anche se intende favorire una cauta integrazione con l’Unione Europea, il governo e la maggioranza che lo sostiene considerano più che legittimamente la Russia un partner imprescindibile, soprattutto dal punto di vista economico e commerciale. Per questo, Tbilisi ha sempre respinto le richieste di applicare le sanzioni occidentali contro Mosca seguite all’inizio della guerra in Ucraina.
La prudenza della Georgia è dettata anche da ragioni di sicurezza. È evidente che l’apertura di una sorta di secondo fronte per la Russia nel Caucaso, come vorrebbe l’Occidente, avrebbe conseguenze disastrose per il paese. Basti pensare, come fanno senza dubbio i leader dell’attuale governo, al disastro causato dalla guerra del 2008 fomentata dall’Occidente in Ossezia del Sud e in Abkhazia.
La legge sulla registrazione degli “agenti stranieri”, oltre a essere come già ricordato modellata su esempi occidentali, appare giustificata precisamente da quanto sta accadendo in questi giorni. La gran parte delle ONG e delle altre organizzazioni di “attivisti democratici”, frequentemente legate all’opposizione georgiana, sono infatti finanziate e controllate da governi o entità occidentali, impegnati nel tentativo di scatenare l’ennesima “rivoluzione colorata” per portare al potere a Tbilisi un regime che rompa definitivamente con Mosca e si apra senza indugi all’Europa e agli Stati Uniti.
L’insistenza occidentale nel denunciare la legge in discussione è dunque semplicemente assurda, in quanto è diretta in definitiva a preservare la situazione odierna nella quale elementi destabilizzanti possono continuare a operare contro le istituzioni legittime, tenendo nascosti ai georgiani i loro collegamenti con l’estero. È innegabile che il governo georgiano potrà potenzialmente sfruttare la legge in discussione per colpire politicamente l’opposizione o le voci contrarie a quella della maggioranza, ma le leggi simili già in vigore in Occidente vengono utilizzate spesso allo stesso scopo. Proprio negli Stati Uniti, ad esempio, la legge “FARA” è stata applicata per costringere la rete russa RT e quella cinese China Global Television Network a registrarsi come agenti stranieri.
Per Washington e Bruxelles l’appoggio alle proteste contro la legge georgiana serve in primo luogo a cavalcare un movimento di piazza che, se dovesse avere successo, potrebbe arrivare a far cadere il governo e a installarne uno più disponibile a piegarsi ai diktat occidentali. Inoltre, il provvedimento sugli “agenti stranieri” deve essere combattuto in tutti i modi, poiché la sua approvazione farebbe emergere alla luce del sole la realtà di come ONG e altri gruppi dediti formalmente alla promozione della democrazia siano strumenti in mano all’Occidente per destabilizzare governi sgraditi o poco disposti a farsi manovrare per interessi stranieri.
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