Le elezioni regionali in Catalogna del 12 maggio hanno segnato una svolta politica, con la vittoria del Partito Socialista e il declino dei partiti separatisti, rafforzando dunque il governo centrale di Pedro Sánchez.

Le elezioni regionali che si sono svolte in Catalogna il 12 maggio hanno portato significative conseguenze politiche nella comunità autonoma e hanno generato un dibattito intenso sia a livello nazionale che internazionale. Queste elezioni, convocate anticipatamente in seguito al veto del Parlamento al progetto di bilancio per il 2024, hanno infatti evidenziato le tensioni politiche e ideologiche all’interno della comunità catalana, portando ad una storica battuta d’arresto per la spinta indipendentista, e premiando invece i socialisti del primo ministro nazionale Pedro Sánchez.

In seguito alla bocciatura da parte dell’organo legislativo, il presidente della GeneralitatPere Aragonès, era stato costretto ad annunciare il 12 maggio come data per le elezioni anticipate, sottolineando la necessità di un nuovo mandato legislativo a causa del fallimento nel raggiungere un consenso sul bilancio. Questo gesto è stato inizialmente interpretato come una mossa per rinnovare il mandato politico e affrontare le sfide economiche e sociali della regione, ma ha invero portato al netto crollo del suo partito, Esquerra Republicana de Catalunya (ERC), solamente terzo con venti deputati eletti ed il 13,7% dei consensi.

Le elezioni hanno visto la partecipazione di nove partiti politici, evidenziando la complessità del panorama politico catalano, con la tradizionale sfida tra i partiti regionali autonomisti o indipendentisti e quelli nazionali. Dopo dieci anni di governo da parte delle forze indipendentiste, però, il Partit dels Socialistes de Catalunya (PSC-PSOE) ha ottenuto una vittoria significativa, conquistando 42 seggi su 135 e diventando il partito più votato. Questo risultato rappresenta una svolta storica per il PSC, che non aveva mai ottenuto una vittoria così netta in passato, restando escluso dal governo regionale sin dal 2006.

Il successo del PSC, che candidava l’ex ministro della Sanità Salvador Illa (in foto) alla presidenza, ha rappresentato anche un riscontro importante per il governo nazionale di Pedro Sánchez, visto che il primo ministro si è speso in prima persona per sostenere la candidatura del suo ex ministro. Se il governo di Madrid esce rafforzato dalle elezioni catalane, la vittoria dei socialisti ha invece sollevato la questione della formazione di un nuovo governo regionale, poiché il partito ha bisogno di alleati per raggiungere la maggioranza parlamentare di almeno 68 scranni su 135. Salvador Illa, destinato quasi sicuramente a diventare presidente, si è dichiarato disponibile a formare un governo di coalizione con altre forze politiche di centro-sinistra, tra cui Esquerra Republicana del presidente uscente Aragonès e la coalizione Comuns-Sumar, che ha ottenuto sei seggi sotto la guida di Jéssica Albiach, al fine di garantire la governabilità della regione.

Mentre i socialisti possono festeggiare uno storico risultato, il declino dei partiti separatisti, come ERC ma anche Junts per Catalunya di Carles Puigdemont, seconda forza del nuovo emiciclo di Barcellona con 35 seggi, ha segnato un cambiamento significativo nel panorama politico catalano. Dopo più di un decennio di governi indipendentisti, l’emergere del PSC come forza dominante indica un desiderio di cambiamento da parte degli elettori catalani, probabilmente delusi dagli ultimi governi che non hanno portato a nessun passo in avanti nel processo di indipendenza. Al contrario, gli elettori sembrano aver apprezzato le politiche del governo socialista di Madrid, che, pur rifiutando l’ipotesi indipendentista, ha mantenuto un occhio di riguardo per le istanze catalane, segnando un cambio di rotta rispetto ai precedenti governi nazionali.

Allo stesso tempo, le elezioni hanno anche visto l’emergere di nuove forze politiche, come Aliança Catalana, un partito di estrema destra che si oppone all’immigrazione non autorizzata e allo Stato spagnolo. Sebbene abbia ottenuto solamente due seggi ed il 3,8% delle preferenze, questo risultato segna per la prima volta l’emergere delle istanze indipendentiste di estrema destra in Catalogna, considerata storicamente come una roccaforte della sinistra. Mentre una parte dell’elettorato indipendentista ha spostato il proprio voto verso i socialisti, è possibile immagine che una parte, deluso dalle politiche degli indipendentisti di sinistra, abbia invece preferito premiare il nuovo partito di Sílvia Orriols, che si presentava per la prima volta alle elezioni.

Va poi sottolineato come la battuta d’arresto delle forze indipendentiste in Catalogna sia in contrapposizione con i risultati delle recenti elezioni nei Paesi Baschi, dove invece la spinta centrifuga sembra rafforzarsi progressivamente. Entrambe le comunità autonome si trovano ora al centro dei negoziati tra le forze politiche per la formazione dei nuovi governi regionali, con possibili conseguenze circa le relazioni con il governo centrale di Madrid.

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Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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