Il Consiglio di Sicurezza ONU ha rilasciato un comunicato nel quale esprime «profonda preoccupazione» per la notizia del ritrovamento di fosse comuni nei pressi delle strutture mediche di Nasser e di Al Shifa a Gaza, dalle quali sono stati estratti centinaia di corpi, molti dei quali di donne e bambini. Per tale motivo, i membri del Consiglio hanno sottolineato con forza la necessità che si renda conto di tali violazioni e che siano condotte indagini adeguate al riguardo, permettendo a coloro che le portano a termine di avere pieno accesso alle zone di ritrovamento delle fosse. L’organo delle Nazioni Unite ha anche ribadito la necessità del raggiungimento di un cessate il fuoco duraturo, del rilascio di tutti gli ostaggi e di garantire ai civili della Striscia protezione e accesso agli aiuti umanitari.

«I membri del Consiglio di sicurezza hanno sottolineato la necessità di rendere conto delle violazioni del diritto internazionale e hanno chiesto che agli investigatori sia concesso l’accesso senza ostacoli a tutti i luoghi in cui si trovano le fosse comuni a Gaza, per condurre indagini immediate, indipendenti, approfondite, complete, trasparenti e imparziali, al fine di stabilire le circostanze alla base delle fosse» ha dichiarato il Consiglio in una nota, ribadendo «la richiesta che tutte le parti rispettino scrupolosamente gli obblighi derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto umanitario internazionale e il diritto internazionale dei diritti umani, in particolare per quanto riguarda la protezione dei civili e degli oggetti civili». Una richiesta che fa eco a quella già avanzata dal segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres, all’indomani del ritrovamento dei primi cadaveri, lo scorso aprile. Nella Striscia, infatti, si continuano a contare i corpi delle vittime palestinesi rinvenute all’interno delle fosse comuni nei pressi delle tre principali strutture ospedaliere, molti dei quali recano segni evidenti di torture. Al momento sono oltre 500 i cadaveri rinvenuti, ma la conta non è ancora finita. L’esercito israeliano ha rigettato ogni accusa di responsabilità nella vicenda e puntato il dito contro i palestinesi, dichiarando che quei corpi sono stati seppelliti dai palestinesi nel corso degli scontri tra le IDF e Hamas.

Il Consiglio di Sicurezza ONU è composto da 15 Paesi Membri delle Nazioni Unite, dei quali cinque permanenti (Stati Uniti, Cina, Francia, Regno Unito e Russia) e con potere di veto. Quest’ultimo è stato utilizzato ripetutamente dagli USA negli ultimi mesi, per bloccare le richieste di cessate il fuoco a Gaza elaborate dal Consiglio. È significativo, dunque, che una una dichiarazione simile, che chiede conto delle responsabilità israeliane nel massacro, sia stata fatta a nome di tutti i membri del Consiglio di Sicurezza, Stati Uniti compresi. Nonostante sia passato meno di un mese da quando il Congresso americano ha sbloccato un pacchetto di aiuti da 26 miliardi per Israele, la settimana scorsa funzionari governativi hanno confermato lo stop alla consegna di migliaia di bombe per il rischio di conseguenze sui civili nella Striscia. Qualche giorno dopo, Biden ha ammesso che le armi inviate a Tel Aviv sono state impiegate nel massacro dei civili e minacciato di sospendere del tutto la fornitura in caso di un’invasione di Rafah – che sta già avvenendo, con i bombardamenti quotidiani dell’IDF sulle abitazioni civili. La politica americana nei confronti di Israele continua dunque ad essere schizofrenica, ma il cambiamento nelle posizioni delle ultime settimane (poco sorprendente, se si considera l’avvicinarsi delle presidenziali) ha un suo peso, quantomeno sul piano politico.

Le morti accertate tra i civili palestinesi a partire dallo scorso 7 ottobre hanno ormai quasi toccato le 35 mila unità, una media di poco meno di 6 mila morti al mese. A questo dato si sommano le 1,7 milioni di persone sfollate e il milione e più che si troverà presto in condizioni di affrontare «livelli catastrofici di insicurezza alimentare». In un contesto del genere, il ritrovamento di fosse comuni con centinaia di corpi all’interno – la cui esistenza è stata confermata dalle stesse Nazioni Unite – costituisce solamente un tassello tra i tanti che compongono l’orrore del conflitto in Palestina. Forse per questo nessun giornale italiano ha dato particolare rilievo alla notizia. Eppure, quando la stessa scoperta fu fatta nel contesto della guerra in Ucraina, le notizie dei ritrovamenti di fosse comuni (anche quando la loro esistenza doveva essere verificata o era del tutto inventata) occuparono le prime pagine della totalità dei quotidiani mainstream per giorni.

Nel frattempo, le forze israeliane stanno continuando a emettere ordini di evacuazione da Rafah, l’ultimo dei quali è stato indirizzato al personale dell’ospedale Kuwuaiti. La notizia arriva mentre il ministero della Sanità di Gaza ha riferito che la mancanza di carburante negli ospedali potrebbe portare al collasso dell’intero sistema sanitario della Striscia «in poche ore». Al momento, sono 360 mila i palestinesi che hanno abbandonato Rafah. Intanto, nel nord dell’enclave, dopo una notte di raid aerei, le forze israeliane stanno conducendo un nuovo assalto di terra nella zona di Jabalia, dove sono in corso intensi scontri. Proprio a Jabalia l’IDF ha ordinato stamattina l’evacuazione di sei scuole dell’UNRWA che facevano da rifugio a un centinaio di famiglie: dai video diffusi dai giornalisti presenti sul posto si vedono donne e bambini scappare, mentre sullo sfondo si sentono rumori di spari e bombardamenti.

[di Valeria Casolaro]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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