Il 6 maggio 2024, Mahamat Idriss Déby ha vinto le elezioni presidenziali in Ciad, consolidando il potere della sua famiglia. Le elezioni sono state segnate da tensioni, violenze, accuse di brogli e proteste dell’opposizione, mentre gli osservatori internazionali attendono di capire quali scelte verranno fatte in materia di politica estera.
Il 6 maggio 2024, lo Stato saheliano del Ciad ha tenuto elezioni presidenziali critiche, con il fine di tentare di porre fine alla crisi degli ultimi anni, iniziata con la morte del presidente Idriss Déby Itno nel 2021. In seguito alla morte del capo di Stato, le cui dinamiche non sono mai state completamente chiarite, suo figlio Mahamat Idriss Déby Itno ha preso il comando di un governo militare di transizione, indicendo anche un referendum costituzionale tenutosi il 17 dicembre 2023. Mahamat Déby ha inoltre deciso di candidarsi alla presidenza come esponente del Movimento Patriottico di Salvezza (Mouvement patriotique du salut, MPS), divenendo a quel punto il favorito d’obbligo per tutti gli analisti. Il presidente ad interim ha infatti ottenuto il 61,03% delle preferenze, prolungando di fatto il dominio della famiglia Déby, che dura ininterrotto da 34 anni.
Per comprendere il significato e le dinamiche delle elezioni presidenziali ciadiane, è appunto importante tenere in considerazione il contesto nel quale si sono svolte. Dopo la morte di Idriss Déby, ucciso in combattimento contro i ribelli nel nord del Paese, suo figlio Mahamat Déby ha assunto il potere attraverso un Consiglio Militare di Transizione, promettendo elezioni democratiche entro 18 mesi. Tuttavia, in ottobre 2022, Mahamat Déby ha esteso il periodo di transizione di altri due anni, dichiarandosi successivamente idoneo a candidarsi per un mandato completo. Questo annuncio ha innescato proteste violente, durante le quali le forze di sicurezza hanno ucciso almeno 128 manifestanti e arrestato centinaia di persone. Per queste ragioni, gli analisti hanno ritenuto positivo il fatto che Déby, accusato dagli oppositori di aver operato una svolta autoritaria, abbia finalmente concesso lo svolgimento delle elezioni il 6 maggio.
Tuttavia, la decisione del presidente provvisorio di convocare le elezioni non ha placato gli animi dell’opposizione. Le tensioni, infatti, sono addirittura aumentate ulteriormente quando, il 28 febbraio 2024, è stata annunciata la data delle elezioni. Gli scontri sono esplosi nella capitale N’Djamena dopo che il governo ha accusato i sostenitori del Partito Socialista senza Frontiere (Parti Socialiste Sans Frontières, PSF) di aver attaccato la sede dell’Agenzia Nazionale di Sicurezza dello Stato (ANSE) e di aver tentato di assassinare il capo della Corte Suprema, Samir Adam Annour. La risposta del governo è stata molto dura, con l’assedio alla sede del PSF che ha portato alla morte di diversi membri, tra cui il leader del PSF, considerato come il principale rivale di Déby in vista delle presidenziali, Yaya Dillo Djérou, in uno scontro a fuoco.
Gli attacchi sono stati condannati dall’Unione Africana, mentre il Ministro francese per l’Europa e gli Affari Esteri, Jean-Yves Le Drian, ha richiesto un’indagine imparziale sull’incidente. Questi eventi hanno sollevato preoccupazioni internazionali sulla trasparenza e sull’equità del processo elettorale in Ciad, che nel frattempo si trova anche al centro di importanti questioni geopolitiche, visto che la maggioranza dei Paesi del Sahel si sta oramai ribellando al neocolonialismo occidentale che dura da decenni. Inizialmente considerato come l’ultima roccaforte della Françafrique nel Sahel, il Ciad sembra progressivamente avvicinarsi alla posizione di altri Paesi, quali Mali, Burkina Faso e Niger, che uno dopo l’altro hanno annunciato la cacciata delle truppe francesi e statunitensi di stanza sul proprio territorio.
Alla vigilia delle elezioni, Consiglio Costituzionale del Ciad ha approvato dieci candidati per le elezioni, escludendo però due importanti oppositori del governo militare, e suscitando dunque nuove polemiche tra le file dell’opposizione. In particolare, Nassour Ibrahim Neguy Koursami e Rakhis Ahmat Saleh sono stati esclusi per “irregolarità” nelle loro candidature, suscitando ulteriori accuse di manipolazione elettorale da parte del governo militare di Déby.
Tra i candidati approvati, oltre a Mahamat Déby, figurava invece Succès Masra, ex leader dell’opposizione e attuale primo ministro, che ha accettato di partecipare dopo un accordo di riconciliazione. La sua partecipazione ha suscitato critiche da parte di altre forze di opposizione, che lo hanno accusato di collaborare con il governo militare. Nonostante una campagna elettorale incentrata sulle forti critiche all’operato di Déby, molti hanno continuato a ritenere la candidatura di Masra come un’operazione di facciata volta a dare l’illusione di una concorrenza, mentre in realta il presidente ed il primo ministro in carica sarebbero stati d’accordo sin dagli inizi. Anche per queste ragioni, la piattaforma di opposizione Wakit Tamma ha chiamato al boicottaggio delle elezioni, definendole una “pagliacciata” volta a perpetuare una “dittatura dinastica”.
Alla fine, come anticipato, Mahamat Déby ha ottenuto la vittoria con oltre il 61% delle preferenze, mentre il primo ministro Masra si è classificato secondo in rappresentanza della lista panafricanista Les Transformateurs, raggiungendo il 18,53% dei consensi. Dopo la pubblicazione dei risultati, Masra ha denunciato brogli elettorali da parte del partito del presidente, aprendo forse una spaccatura definitiva tra i due leader politici. Tra gli altri candidati, invece, va sottolineato il risultato ottenuto dall’ex primo ministro Albert Pahimi Padacké, che ha conquistato il 16,91% delle preferenze come leader del partito RNDT (Rassemblement National des Démocrates Tchadiens – le Reveil).
La vittoria di Mahamat Déby sembra dunque consolidare ulteriormente il potere della dinastia Déby in Ciad. Sebbene la costituzione riformata preveda cambiamenti come la creazione di consigli locali per decentralizzare il potere e la riduzione del limite di età presidenziale, queste riforme non sembrano sufficienti a mitigare le preoccupazioni sulla concentrazione del potere.
Il contesto economico del Ciad, già gravemente compromesso, non offre prospettive migliori. Il Paese, uno dei più poveri al mondo, continua a dipendere fortemente dalle entrate petrolifere, che oltretutto sono in declino. Con una governance percepita come corrotta e una classe dirigente che beneficia di un sistema politico clientelare, il futuro economico del Ciad appare incerto.
Infine, per quanto riguarda le questioni di politica estera, Déby sarà ora chiamato ad operare una scelta definitiva tra la continuazione del rapporto privilegiato con la Francia, ex potenza coloniale, e gli Stati Uniti, proseguendo dunque sulla rotta tracciata da suo padre per un trentennio, o se invece operare la scelta coraggiosa di seguire il vento di cambiamento che sta soffiando in tutta la regione saheliana, dove il necolonialismo occidentale continua a perdere terreno, aprendo la strada ad una vera indipendenza dei Paesi africani, che ora vedono Russia e Cina come partner sempre più credibili e affidabili.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog