11. Fottere la Russia è la lunga e orgogliosa tradizione della politica estera americana
A un anno e mezzo dal suo inizio, la guerra in Ucraina ha fatto, secondo le stime più prudenti, circa duecentomila morti. Senza l’intervento dell’Occidente, probabilmente si sarebbe conclusa dopo poche settimane. È pure probabile che l’Ucraina sarebbe rientrata sotto l’influenza russa, ma senza il tributo di sangue e distruzione pagato fino ad ora. Si dirà che quelle persone sarebbero vive anche se non ci fosse stata l’invasione dei russi, ed è ovvio, ma è altrettanto ovvio, se non si vuole condividere la responsabilità di quei morti coi russi, che sarebbero state vive anche dopo la loro invasione senza l’intervento dell’Occidente.
Siccome l’Ucraina non era legata ai paesi occidentali da alcuna alleanza, il primo quesito da porsi è cosa abbia spinto questi paesi a impegnarsi al suo fianco in maniera così massiccia e incondizionata.
È vero che non bisogna necessariamente essere le vittime di un’invasione per intervenire. Si può anche prendere posizione o schierarsi al fianco di un popolo oppresso. Anzi, dal punto di vista di sinistra, sarebbe pure doveroso. Valga per tutti l’esempio dei volontari che affluirono da ogni dove per difendere la Repubblica spagnola durante la guerra civile.
Nella fattispecie, gli argomenti a favore dell’intervento portati dall’UE, condivisi dai singoli stati, dai partiti e, con pochissime eccezioni, dall’intera stampa europea, sono stati per l’appunto: l’ingiustizia derivante dalla violazione del diritto internazionale e la difesa della democrazia ucraina e dei valori occidentali, nonché le ragioni umanitarie.
Tuttavia, alcune cose non tornano.
Innanzi tutto, di violazioni del diritto internazionale negli ultimi decenni ne abbiamo viste parecchie. A cominciare da Israele, che, come ricordato prima, ha bellamente ignorato decine e decine di risoluzioni ONU, e proseguendo con la Cina, che da oltre mezzo secolo occupa il Tibet, con la Turchia, che opprime e colpisce i curdi anche fuori dal suo territorio, con l’Arabia Saudita, che ha bombardato per anni lo Yemen, causando migliaia di vittime civili, ecc. Gli Stati Uniti non li menzioniamo nemmeno, visto che il diritto internazionale vale solo per gli altri.
Può dunque essere utile alla stampa, per diffondere la narrazione buoni/cattivi a beneficio del grande pubblico, dire che mandiamo armi all’Ucraina perché c’è un aggressore e c’è un aggredito, ma non si capisce il motivo per cui non le mandiamo pure ai tanti altri aggrediti che ci sono nel mondo,[1] e anzi a volte le mandiamo agli aggressori.
Non regge nemmeno la tesi che l’impegno in Ucraina sia a difesa della democrazia, che infinite volte abbiamo letto in questi mesi a titoli cubitali sui giornali. Non serve infatti un Pulitzer per scoprire che l’Ucraina era più democratica con la leadership filorussa prima del 2014 rispetto a quella filoeuropea e cosiddetta “democratica” arrivata dopo[2], tanto da essere considerata oggi non una democrazia ma un regime ibrido. Né c’è da difendere un modello di società vicino al nostro. La società ucraina ha più somiglianze con quella russa che con quella europea, come si può dedurre dal report della Corte dei Conti europea.[3]
Quanto alla difesa dei valori occidentali, il concetto risulta piuttosto vago. Bisognerebbe capire meglio cosa si intende. Perché se sono gli stessi valori che lasciano affogare 600 persone in mare dopo 24 ore che sono state avvistate, perché non si sa chi deve intervenire, o che pagano un regime per lasciar morire i migranti nel deserto, e di fronte alla foto di una madre con la figlia di sette anni morte di sete[4] non ha un moto di sdegno collettivo che metta immediatamente fine a questo stillicidio di sofferenze, allora forse il gioco non vale la candela, non è il caso di spendere soldi e sacrificare altre vite per diffondere ulteriormente questi “valori”.
Il dato di partenza – diciamolo chiaramente – è che nello schierarsi a fianco dell’Ucraina non c’entrano niente la difesa della democrazia, i valori occidentali, gli ideali di giustizia, solidarietà, difesa dei più deboli e via dicendo. Non si è mai visto nessuno spendere 140 miliardi di dollari (solo nel primo anno di guerra)[5] per queste belle cose. Senza contare che ci sarebbe un’altra guerra ben più sanguinosa, che miete circa diecimila vittime al giorno,[6] tutti civili e bambini, per vincere la quale, secondo la FAO, basterebbero 265 miliardi, ma che non viene combattuta con la stessa determinazione.[7]
A spingere l’UE a intervenire in maniera così massiccia, investendo risorse che avrebbero potuto essere destinate a ben più nobili scopi, e contribuendo ad accrescere morti e distruzione, sono soltanto ed esclusivamente interessi economici e geopolitici.
Ma interessi economici e geopolitici di chi? No, perché in Europa, a parte le grandi aziende dell’energia, che, tanto per cambiare, hanno registrato lauti guadagni, chi ne ha pagato il conto, a dispetto delle previsioni del nostro combattivo premier dell’epoca, sono stati i ceti meno abbienti[8] e a reddito fisso,[9] e non solo per aver dovuto rinunciare al condizionatore. A ciò si aggiunge l’andamento generale dell’economia, in calo in l’Europa e in crescita negli Stati Uniti.[10]
Quest’ultimo dato ci permette già di farci un’idea su chi in questa guerra ci rimette e su chi invece ne trarrà i maggiori benefici sia economici che strategici. L’Eisenhower Media Network, non un sito complottista o putiniano, ma un’associazione americana di ex funzionari della Difesa, ex agenti dell’intelligence ed ex alti ufficiali dell’esercito, riporta una dettagliata cronologia degli eventi[11] che hanno portato allo scoppio della guerra. Dall’impegno degli Stati Uniti a non espandersi verso Est[12] alla lettera indirizzata al presidente Clinton, firmata da 50 personalità americane (McNamara, Susan Eisenhower, Paul Nitze, Edward Luttwak, ecc.), con la quale si definiva l’allargamento della NATO «un errore di proporzioni storiche»[13] e si chiedeva di sospenderlo a favore di un programma di pace e di collaborazione con la Russia.
Ma più della politica, poterono gli affari. Come riporta lo stesso EMN, nella pagina citata prima, tra il 1996 e il 1998, la lobby degli armamenti spese 51 milioni di dollari (equivalenti a 94 attuali) per favorire l’ingresso nella NATO dei paesi dell’Est. Del resto, se non ti crei un nemico, la guerra con chi la fai? E se non fai guerre, delle armi che produci che te ne fai?
«Nuove alleanze significano nuovi clienti».[14] Quei 51 milioni, infatti, non sono stati soldi buttati. L’investimento, al contrario, si è rivelato quanto mai redditizio. 125 miliardi di dollari è quanto hanno speso in 15 anni i sei ex paesi dell’Est entrati nella NATO. Non solo un errore, dunque, ma anche un guadagno di proporzioni storiche.[15] Per inciso, a proposito delle già ricordate porte girevoli, il presidente del Comitato per l’espansione della NATO, Bruce L. Jackson, era anche direttore strategico della Lockheed, la più grande azienda produttrice di armamenti.[16] La sua linea in sintesi: «Fottere la Russia è la lunga e orgogliosa tradizione della politica estera americana».[17]
Il copione si è sostanzialmente ripetuto con l’Ucraina. L’originalità non è il tratto distintivo degli americani. Dopo le prime collaborazioni con la NATO, durante l’amministrazione Clinton, e la richiesta di entrare a farne parte durante quella di Bush, avanzata dal discusso (nonché Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine al merito della Repubblica italiana) presidente Kučma,[18] l’amministrazione Obama si adoperò per il passaggio dell’Ucraina nella sfera d’influenza occidentale. Nel 2014, a Kiev, il senatore McCain sostenne apertamente i dimostranti di Maidan e auspicò pubblicamente la rimozione del presidente democraticamente eletto.[19] Alla vigilia dell’invasione russa, il CSIS (Center for Strategic and International Studies), un influente think tank creato dalle tre principali aziende americane produttrici di armamenti, sollecitava il governo americano a un atteggiamento più aggressivo,[20] mentre un anno dopo, l’intensificarsi del conflitto veniva presentato dalle stesse aziende agli investitori come un’ottima possibilità di profitto.[21]
Di tutti questi antefatti non è arrivata eco sulla stampa e sui notiziari nostrani, sui quali abbiamo assistito al mero rilancio della propaganda ucraina, spesso ben oltre i limiti del grottesco. Abbiamo letto e ascoltato notizie secondo cui i russi si bombardavano da soli e facevano saltare le loro infrastrutture e i ponti nei territori da loro occupati. Per il resto, una sola e circostanziata analisi: c’è un aggressore e c’è un aggredito. Amen.
In questa sorta di ubriacatura bellicista collettiva, il PD si è prontamente e ottusamente collocato in prima linea, regalandoci, a distanza di un secolo dal re soldato, il segretario con l’elmetto.
Non era mai successo prima che il PD e i suoi predecessori assumessero le parti degli oppressi con la veemenza mostrata nel caso dell’Ucraina. Anzi, a dire il vero, negli ultimi tempi avevano frequentato di più gli oppressori. Era un capo di governo di sinistra quello che per timore di ripercussioni economiche non concesse asilo politico al capo del PKK, venendo peraltro meno a un principio sancito dalla Costituzione; era un governo del PD con un ministro della Difesa del PD quello che ha autorizzato le forniture di armi all’Arabia Saudita; ecc.
Si capisce quindi, date tali premesse, quanto la credibilità del PD che difende un popolo oppresso contro l’oppressore possa discostarsi dallo zero, e quanto invece vada ritenuto complice di questa spirale di cinismo e di morte.
Non sarà inopportuno rispolverare a questo punto, giusto per sapere da dove viene la sinistra vera, quelle che un tempo furono le sue idee in merito alla guerra, che oggi appariranno certamente, per così dire, un po’ naif. Jaurès, per esempio, nella Seconda Internazionale affermava che la guerra la decidono i ricchi e la pagano i poveri. Stesso concetto che Brecht esprimeva in una sua poesia: «la disfatta la paga il proletario, la vittoria la paga il proletario».[22] Concetto che si può pure riassumere nelle parole che Andrea Costa pronunciò a proposito delle guerre coloniali in Africa: «né un uomo né un soldo».
Così è. La guerra la fanno i poveri per gli interessi dei ricchi e le ambizioni dei potenti. Ma se a muovere i ricchi è l’interesse e a muovere i potenti è l’ambizione, che cosa spinge i poveri a uccidere e farsi uccidere?
La risposta è semplice: una droga potente, nonché la più idonea a far breccia nei cuori semplici e «più facilmente adoperabile a scopi reazionari: il sentimento patriottico».[23] Oggi, come abbiamo visto, per rendere presentabili quegli interessi e quelle ambizioni tornano utili anche altri “ideali”, come la difesa della democrazia e dei valori occidentali.
Sapientemente somministrati dai centri di potere e dall’informazione, si danno in pasto al povero, che in tal modo può andare a morire contento, anzi ha pure fretta, e si mette in fila per arruolarsi volontario, e se si farà ammazzare a regola d’arte, verrà pure premiato post-mortem con una medaglia al valore, che rimarrà al figlio come la cosa più preziosa di cui andare più fiero per tutta la sua scalcagnata vita.
Forse il parallelo più efficace che rende meglio la natura del fenomeno e che possiamo vedere in tempo di pace è il tifo calcistico. Le due industrie, quella della guerra e quella del calcio, funzionano un po’ allo stesso modo. Ci sono i potenti (i proprietari dei club) e i ricchi (staff e calciatori) che ci guadagnano sempre e ci sono i tifosi che soffrono e si azzuffano per la gloria. Spesso, non a caso, curve calcistiche e frange estremistiche e nazionaliste formano un tutt’uno. Così, sui social tifiamo per l’Ucraina o per la Russia, per Israele o per la Palestina. Prima ancora di capire. Evitando di capire. Solo che nelle partite di calcio, a differenza della guerra, non muore nessuno.
[1] https://www.italiachecambia.org/2022/04/guerre-nel-mondo/#:~:text=Le%20guerre%20nel%20mondo%20in,conflitto%20%C3%A8%20la%20tragica%20normalit%C3%A0. (consultato l’ultima volta il 23-7-2023).
[2] https://en.wikipedia.org/wiki/The_Economist_Democracy_Index (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[3] https://op.europa.eu/webpub/eca/special-reports/ukraine-23-2021/it/index.html (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[4] https://www.avvenire.it/attualita/pagine/la-foto-choc-dal-deserto (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[5] https://www.ifw-kiel.de/fileadmin/Dateiverwaltung/IfW-Publications/fis-import/87bb7b0f-ed26-4240-8979-5e6601aea9e8-KWP_2218_Trebesch_et_al_Ukraine_Support_Tracker.pdf (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[6] https://www.savethechildren.it/press/malnutrizione-le-organizzazioni-umanitarie-stimano-che-muoia-circa-una-persona-ogni-4-secondi (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[7] https://www.fao.org/news/story/it/item/1159058/icode/#:~:text=Stime%20FAO%20indicano%20che%20saranno,globale%20previsto%20per%20il%20periodo. (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[8] Secondo The Economist l’aumento dei costi energetici, anche in inverno mite come quello del 2022-2023 avrebbe causato almeno 32.000 morti in eccesso in Europa.
https://www.economiaepolitica.it/industria-e-mercati/i-costi-e-le-prospettive-della-guerra-di-logoramento-in-ucraina/ (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[9] https://www.ilpost.it/2023/02/25/un-anno-guerra-economia/ (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[10] https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/09/19/gli-effetti-della-guerra-economica-alla-russia-stanno-creando-una-crisi-piu-europea-che-globale/7291676/ (consultato l’ultima volta il 2/12/2023).
[11] “The U.S. Should Be a Force for Peace in the World”.
https://eisenhowermedianetwork.org/russia-ukraine-war-peace/ (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[12] https://nsarchive.gwu.edu/document/16116-document-05-memorandum-conversation-between (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[13] https://www.armscontrol.org/act/1997-06/arms-control-today/opposition-nato-expansion (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[14] https://truthout.org/articles/arms-industry-sees-ukraine-conflict-as-an-opportunity-not-a-crisis/ (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[15] https://www.msn.com/en-ph/news/opinion/how-the-us-defense-industrys-greed-led-to-the-ukraine-war/ar-AA1cNHEA?li=BBr8Mkn (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[16] https://www.nytimes.com/1997/06/29/world/arms-makers-see-bonanza-in-selling-nato-expansion.html (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[17] Riportato in The Spoils of War: Power, Profit and the American War Machine di Andrew Cockburn.
[18] https://it.wikipedia.org/wiki/Leonid_Ku%C4%8Dma
[19] https://www.theguardian.com/world/2013/dec/15/john-mccain-ukraine-protests-support-just-cause (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[20] https://www.csis.org/analysis/russias-possible-invasion-ukraine (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[21] https://inthesetimes.com/article/ukraine-russia-raytheon-lockheed-martin-general-dynamics-weapons-industry (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).
[22] B. Brecht, Canzone contro la guerra.
[23] https://www.istitutospinelli.it/il-manifesto-di-ventotene-in-tutte-le-lingue-dellue/ (consultato l’ultima volta il 23-10-2023).