Domenica 19 maggio Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo (RDC), si è svegliata sotto il suono delle armi da fuoco, in quello che si è subito capito essere un tentativo, seppur bizzarro, di colpo di Stato. Secondo quanto riportato dalle autorità, una cinquantina di golpisti arrivati dal fiume Congo, che bagna la capitale, si sono diretti nel distretto di Gombe, dove si trovano le principali sedi diplomatiche e i palazzi governativi, per assaltare la residenza del ministro dell’Economia, Vital Khamere. Gli scontri presso la residenza di Khamere hanno causato la morte di almeno due poliziotti che gli erano di scorta, lasciando illesi il ministro e i suoi famigliari. Il portavoce dell’esercito della RDC, il generale Sylvain Ekenge, ha inoltre aggiunto che obiettivo dei golpisti erano anche il nuovo primo ministro Judith Suminwa e il ministro della Difesa Jean-Pierre Bemba, le cui residenze si trovano anch’esse nel distretto di Gombe. Incapaci di localizzarle, il gruppo di uomini armati si sarebbe poi diretto verso il vicino Palazzo Presidenziale per issare una bandiera dello Zaire – il nome della Repubblica Democratica del Congo sotto il dittatore Mobutu Sese Seko, rovesciato nel 1997 – , prima di venire fermati e arrestati dalla Guardia Repubblicana. 

Alla testa del tentato golpe c’era Christian Malanga, un cittadino congolese naturalizzato statunitense che è stato “definitivamente neutralizzato” dalle forze di sicurezza, secondo le testuali parole del generale Ekenge, pronunciate nel corso di una trasmissione domenica sera. Malanga era a capo del Partito Congolese per l’Unità (UCP) ed era in esilio a Bruxelles. Il suo obiettivo, stando a quanto dichiarato da lui stesso, era rovesciare il governo del presidente Félix Tshisekedi per la creazione di un «nuovo Zaire». Una quarantina di golpisti, tra i quali vi erano alcuni cittadini americani e britannici, sono stati arrestati dalle forze di sicurezza congolesi, mentre altri quattro, incluso Malanga stesso e un cittadino britannico, sono stati uccisi. Fonti di stampa congolesi hanno riferito che uno dei cittadini americani arrestati a seguito dell’attacco è stato identificato: si tratterebbe di Benjamin Zalman-Polun, imprenditore originario del Maryland in affari con Malanga per lo sfruttamento delle risorse minerarie della RDC. Il coinvolgimento di cittadini statunitensi nel tentato colpo di Stato ha destato le preoccupazioni del governo congolese e spinto l’ambasciatrice americana a Kinshasa, Lucy Tamlin, a pubblicare subito un tweet in cui si diceva preoccupata dell’accaduto, offrendo piena collaborazione alle autorità della RDC. 

In foto: il passaporto di Benjamin Zalman-Polun

Che la Repubblica Democratica del Congo e le sue ingenti risorse minerarie siano nell’interesse delle potenze globali non è un segreto: stagno, tungsteno, tantalio, oro e cobalto sono minerali strategici, che fanno gola alle grosse multinazionali. E che il ruolo dell’Occidente nel Paese sia in declino lo dimostrano diversi fattori, come le proteste anti-occidentali dello scorso febbraio, quando centinaia di persone hanno assaltato le ambasciate di Francia, Stati Uniti e Regno Unito. Più recentemente è stato lo stesso presidente Tshisekedi a dichiarare, durante un’intervista con una emittente francese rilasciata nel corso della sua visita diplomatica in Francia, che per la RDC collaborare con Cina e Russia è molto più facile rispetto che con l’Occidente, che ancora mantiene una certa “arroganza” coloniale. 

Il tentato colpo di Stato di domenica lascia comunque diversi interrogativi aperti. Difficile pensare che Malanga e una manciata di golpisti potessero veramente sperare di portare a termine con un successo un rovesciamento del governo. Nel distretto di Gombe, a Kinshasa, si trovano le principali ambasciate estere, così come diversi edifici governativi, e vi è una significativa presenza di forze di sicurezza. I cittadini della capitale, inoltre, non sono certo insorti contro il loro presidente, recentemente rieletto: al contrario, in diversi video pubblicati sui social media si vedono mentre costruiscono barricate per le strade pronti ad offrire resistenza contro i golpisti. A meno di un gesto “folle” da parte di Malanga, ipotesi che non si può del tutto escludere, è verosmile pensare che sia mancato un appoggio militare preventivamente promesso da parte di attori esterni o interni alla RDC stessa. La Repubblica Democratica del Congo è uno dei Paesi più poveri al mondo, nonostante sia uno dei più ricchi se si considerano le risorse di cui dispone: nonostante ciò, le regioni dell’est come l’Ituri, il nord e il sud Kivu si trovano ad affrontate una guerra che vede nei loro territori centinaia di gruppi armati intenti a depredarne le ricchezze a scapito della popolazione civile, che negli anni ha dovuto pagarne il conto con milioni di morti e sfollati.

 [di Enrico Phelipon]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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