La morte del presidente iraniano Ebrahim Raisi in un incidente in elicottero solleva interrogativi sul futuro della politica iraniana, mettendo in luce le problematiche legate alle sanzioni internazionali e l’impatto sulla stabilità politica ed economica del Paese.

La tragica morte del presidente iraniano Ebrahim Raisi in un incidente in elicottero ha scosso profondamente l’Iran e ha suscitato molte domande sul futuro della politica iraniana. Raisi, insieme al ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian e ad altre sei persone, è deceduto quando il loro elicottero Bell 212 si è schiantato nella provincia dell’Azerbaigian Orientale, in Iran, a causa di una fitta nebbia e di un possibile guasto tecnico. Tra le vittime, oltre all’equipaggio, figurano anche Malik Rahmati, presidente della provincia dell’Azerbaigian Orientale, e l’Ayatollah Mohammad Ali Al-Hashem, rappresentante del Supremo Leader Ali Khamenei nella stessa provincia.

Ebrahim Raisi era nato il 14 dicembre 1960 a Mashhad, una delle città più sacre dell’Iran. La sua carriera è stata profondamente radicata nel sistema giudiziario iraniano, dove ha ricoperto vari ruoli di rilievo, incluso quello di capo della magistratura dal 2019 al 2021. La sua ascesa politica è stata segnata da un forte legame con il Supremo Leader, l’Ayatollah Ali Khamenei, il quale ha sempre visto in Raisi un fedele custode dei valori della Repubblica Islamica. Sotto la sua presidenza, Raisi ha cercato di rafforzare i legami con paesi come la Cina e la Russia, nel tentativo di contrastare l’isolamento imposto dall’Occidente, con il quale i rapporti sono rimasti tesi, soprattutto nei confronti degli Stati Uniti.

Sebbene non ci siano dubbi sulla natura accidentale dell’accaduto, escludendo dunque qualsiasi pista terroristica, secondo alcuni analisti questo incidente avrebbe messo in luce le problematiche del settore dell’aviazione iraniana, pesantemente influenzato dalle sanzioni internazionali. L’elicottero Bell 212 su cui viaggiava Raisi era un modello statunitense a due pale, ormai obsoleto, e la sua età avanzata ha sollevato preoccupazioni sulle condizioni della flotta aerea iraniana. Le sanzioni internazionali, imposte dagli Stati Uniti a partire dalla rivoluzione del 1979 e successivamente ampliate nel tentatico di contrastare il programma nucleare iraniano, hanno impedito all’Iran di acquistare nuovi aeromobili o parti di ricambio per quelli esistenti. Questo ha portato a una serie di incidenti aerei mortali nel corso dei decenni, poiché le compagnie aeree iraniane hanno dovuto fare affidamento su una flotta invecchiata e di difficile manutenzione.

Gli analisti hanno sottolineato come le sanzioni abbiano avuto un impatto devastante sull’aviazione iraniana, impedendo l’importazione di aerei e parti di ricambio costruiti con più del 10% di componenti statunitensi. Questo ha escluso la possibilità per l’Iran di acquistare nuovi aerei occidentali e ha reso difficile reperire le parti necessarie per la manutenzione delle flotte esistenti. Nel 2019, 23 compagnie aeree iraniane hanno utilizzato solo 156 veicoli su un totale di 300 a disposizione, fatto che lascia pensare che quasi la metà degli aerei iraniani fosse a terra in attesa di pezzi di ricambio. La necessità frequente di riparazioni ha aumentato i prezzi dei biglietti aerei e ha posto un forte stress economico sulle compagnie aeree più piccole.

Il JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action, ovvero il cosiddetto accordo sul nucleare iraniano) del 2015 aveva offerto una breve finestra di opportunità per l’aviazione iraniana. In cambio della limitazione del programma nucleare iraniano, le sanzioni sull’aviazione erano state allentate, permettendo all’Iran di ordinare più di 200 aerei da produttori occidentali come Airbus e Boeing. Tuttavia, solo tre Airbus e 13 ATR sono stati consegnati prima che l’ex presidente statunitense Donald Trump ritirasse gli Stati Uniti dall’accordo nel 2018, reimponendo le sanzioni e vanificando i progressi fatti.

Tornando alla cronaca, la morte del presidente Raisi potrebbe avere conseguenze significative per la politica interna e internazionale dell’Iran. Secondo la Costituzione iraniana, un nuovo presidente deve essere eletto entro 50 giorni. L’elezione è prevista per il 28 giugno, con la registrazione dei candidati che resterà aperta dal 30 maggio al 3 giugno. Nel frattempo, Mohammad Mokhber, attuale vicepresidente, è stato nominato presidente ad interim, mentre Ali Bagheri Kani è stato nominato ministro degli Esteri ad interim per sostituire Amirabdollahian. Entrambi sono figure di spicco nell’amministrazione Raisi e hanno stretti legami con il Supremo Leader Ali Khamenei, garantendo dunque una forma di continuità nella politica del governo.

La questione della successione sarà cruciale per la stabilità interna dell’Iran. Raisi era visto come un potenziale successore di Khamenei nel ruolo di Guida Suprema, ma la sua morte apre la strada a nuovi candidati. Mohammad Mokhber, che ha forti legami con l’IRGC (le Guardie della Rivoluzione Islamica) e il Supremo Leader, potrà sfruttare questo periodo di transizione per farsi un nome agli occhi degli elettori, e per questo è un candidato naturale per mantenere la linea politica conservatrice. Tuttavia, l’elezione di un nuovo presidente potrebbe rivelarsi tesa, data la storia recente che ha visto la sistematica esclusione dei candidati riformisti e moderati.

La politica estera dell’Iran è caratterizzata da una visione unificata tra le principali istituzioni, e la morte di Raisi non porterà probabilmente a cambiamenti significativi da questo punto di vista. In quanto suo possibile successore dopo il periodo di transizione, Mokhber ha dimostrato una forte capacità di gestione degli affari interni e ha accompagnato Raisi in numerosi viaggi all’estero, consolidando i legami con paesi come Russia e Cina. Ali Bagheri Kani, ora ministro degli Esteri ad interim, ha guidato i negoziati nucleari con le potenze globali, ed anche la sua nomina garantisce una continuità nella politica estera. Questo è vero soprattutto nel bel mezzo del genocidio operato da Israele nella Striscia di Gaza, con l’Iran che continuerà a mantenere il suo solido sostegno nei confronti del popolo palestinese.

Uno dei principali compiti del nuovo presidente sarà affrontare la crisi economica e le innegabili tensioni sociali, seppur sistematicamente ingigantite dalla propaganda occidentale. Le sanzioni continuano a colpire duramente l’economia iraniana, fortemente colpita anche dalla pandemia di Covid-19. Mokhber, durante il suo mandato come vicepresidente, ha gestito importanti progetti di sviluppo e ha promosso l’industria locale, ma il nuovo presidente dovrà affrontare la sfida di migliorare le condizioni economiche e di fare pressioni sulla comunità internazionale per ottenere un allentamento delle sanzioni.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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