Sono state archiviate negli scorsi giorni le denunce nei confronti di oltre settanta attivisti del movimento ambientalista Extinction Rebellion che lo scorso 23 ottobre avevano occupato l’ingresso del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per protestare contro gli effetti sul clima di progetti e investimenti in grandi opere, come la Diga di Genova e il Ponte sullo Stretto. La decisione è stata presa dal Giudice per le indagini preliminari di Roma, che l’ha motivata sancendo che “gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole formulazione di condanna”. Nonostante la forte spinta repressiva del governo nei confronti degli eco-attivisti – sfociata in specifiche norme mirate a colpire anche le proteste non violente di chi manifesta contro la mancata azione politica contro la crisi climatica -, questo è solo l’ultimo degli innumerevoli provvedimenti giudiziari che, in varie aree dello stivale, hanno scagionato i membri dei movimenti per il clima o pesantemente ammorbidito le loro responsabilità. Facendo fallire, almeno nelle aule di giustizia, la criminalizzazione della disobbedienza pacifica.
In seguito all’azione dimostrativa dello scorso ottobre nella Capitale, nella cui cornice un centinaio di attivisti di Extinction Rebellion si erano travestiti da Pinocchio, srotolando un grande striscione con la scritta “crisi climatica: benvenuti nel governo dei Balocchi”, la Polizia aveva identificato gli attivisti e trattenuto circa una quarantina di loro in stato di fermo. Per cinque attivisti era addirittura stato spiccato un foglio di via da Roma fino a 3 anni. Dopo circa sei mesi di indagini, però, il giudice ha archiviato tutte le denunce. Pochi giorni fa sono inoltre uscite le motivazioni della sentenza con cui, lo scorso febbraio, altri 8 giovani attivisti di Extinction Rebellion sono stati assolti dopo essere stati mandati a processo per fatti avvenuti a Milano il 30 settembre 2021, quando avevano imbrattato con scritte tracciate con lo spray la sommità del Gate 2 del padiglione MiCo, dove era in corso l’incontro internazionale della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Pre Cop 26. Per la manifestazione non autorizzata, il tribunale ha assolto i ragazzi “per particolare tenuità del fatto”, mentre per le scritte con lo spray l’assoluzione è arrivata con la formula “perché il fatto non sussiste”. Motivando il verdetto, il giudice ha evidenziato il “numero ridotto di manifestanti riuniti senza autorizzazione”, il fatto che il blocco stradale che ne è conseguito abbia avuto una durata temporale assai “contenuta nel tempo” e che “la protesta si è manifestata come azione non violenta”. Secondo il tribunale, “devono essere valorizzate le ragioni” della protesta e “l’urgenza di agire per indurre i governi a cambiare politica climatica”. Ad aprile, a Padova, il gip ha archiviato le accuse di associazione a delinquere per 5 membri di Ultima Generazione che, tra la primavera e l’estate del 2022, effettuarono blocchi stradali e imbrattamenti. Essi andranno comunque a processo per blocco stradale, manifestazione non autorizzata e mancato rispetto del foglio di via. Nella richiesta di archiviazione, il pm ha evidenziato “la mancanza di organizzazione volta alla commissione di reati”.
Lo scorso gennaio, il gip di Torino ha accolto la richiesta del pubblico ministero di archiviare le accuse di manifestazione non autorizzata, non ottemperanza con un ordine dell’autorità, invasione e violenza privata nei confronti di nove attivisti di Extinction Rebellion e Fridays For Future che il 29 novembre 2023, nel corso dell’Aerospace and Defence Meeting svoltosi nel capoluogo piemontese, si erano calati dal tetto dell’Oval Lingotto con delle imbracature per appendere uno striscione con la scritta “Qui si finanzia la guerra e la crisi climatica”. Il pm, chiedendo l’archiviazione, aveva dichiarato che «le condotte statiche e ostruzionistiche degli indagati non integrano nessuna forma di violenza nemmeno impropria». Nel marzo 2023, La Procura del capoluogo piemontese aveva chiesto l’archiviazione per la “particolare tenuità” del fatto per una ventina di attivisti di Extinction Rebellion che, la mattina del 7 dicembre 2022, erano stati fermati dalla polizia nell’area del grattacielo di Intesa Sanpaolo, dove prevedevano di attuare un’azione dimostrativa non violenta per protestare contro gli investimenti in petrolio, gas e carbone da parte della banca. Nello specifico, erano state notificate sette denunce per possesso d’arma per tre estintori pieni di colore rosso e 13 denunce per manifestazione non autorizzata. Nel novembre 2023, tre militanti di Ultima Generazione sono invece stati prosciolti a Firenze “perché il fatto non sussiste” dopo aver effettuato un blitz agli Uffizi. Erano accusati, a vario titolo, di manifestazione senza preavviso, interruzione di pubblico servizio e resistenza a pubblico ufficiale. L’unica condanna finora pervenuta per interruzione di pubblico servizio e violenza privata è quella che ha colpito, in abbreviato, tre attivisti di Ultima Generazione che lo scorso novembre vennero arrestati a Bologna per aver bloccato la Tangenziale per circa un’ora. Sono stati loro comminati 6 mesi con pena sospesa e non menzione, ma sono stati assolti dalle accuse di danneggiamento, manifestazione non autorizzata e inottemperanza al foglio di via. Ai tre sono state comunque concesse sia le attenuanti generiche che le attenuanti per aver agito per particolari motivi di ordine morale e sociale.
Dall’insediamento del governo Meloni, sono stati adottati diversi provvedimenti che sembrano avere l’obiettivo di reprimere attivismo ambientale e proteste sul campo. Inizialmente, col “decreto legge Rave party”, si sono irrigidite le regole sui raduni. Prima ancora c’erano stati i decreti sicurezza di Salvini, che avevano aggravato il reato di danneggiamento e reintrodotto quello di blocco stradale. Successivamente, con la legge n.6/2024, si sono aggiunte alle pene già previste dal codice penale altre sanzioni amministrative che vanno a colpire gli attivisti che scelgono i beni culturali o paesaggistici come obiettivo dei propri atti di protesta pacifica. Mentre il nostro Paese rimane uno degli ultimi in Europa a non aver ancora dotato di misure di identificazione le forze di polizia impegnate in operazioni di ordine pubblico, sempre più spesso le autorità hanno utilizzato la misura sanzionatoria dei “fogli di via” contro attivisti per la giustizia climatica, sindacalisti, lavoratori e semplici cittadini che hanno espresso il proprio dissenso in maniera non violenta. Recentemente l’Onu, con il nuovo rapporto “Repressione delle proteste ambientaliste e disobbedienza civile” firmato da Michel Forst – inviato speciale per i difensori dell’Ambiente e dei Diritti umani -, ha evidenziato il diffuso stato di violazione del diritto di protesta in Europa. Nel rapporto l’Italia viene citata più volte, con i riferimenti alla cosiddetta legge “eco-vandali” approvata a gennaio 2024 al fatto che le autorità stanno usando sempre più spesso alcune misure del “Codice Antimafia” per emettere ordini restrittivi nei confronti di manifestanti pacifici. Nel rapporto si denuncia come, nel nostro Paese, “l’attivismo ambientale è stato etichettato come una potenziale minaccia terroristica” e la legislazione “viene sempre più utilizzata per reprimere la protesta ambientale attraverso l’introduzione di nuovi reati, sentenze più severe e divieti su particolari forme di protesta”.
[di Stefano Baudino]