Le possibilità di escalation della guerra in Ucraina continuano ad aumentare e questa volta a suggerirlo è la NATO stessa. Nella giornata di ieri, il Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha infatti rilasciato una intervista in cui dichiara senza mezzi termini che secondo lui «è arrivato il momento perché le forze alleate [della NATO, ndr] considerino l’eventualità di sollevare alcune delle restrizioni che hanno posto sulle armi donate all’Ucraina» e nello specifico, che rivalutino la posizione con la quale negano a Kiev «la possibilità di utilizzare quelle armi contro bersagli militari legittimi su suolo russo». La Russia, dal canto suo, ha sempre sostenuto che l’Ucraina starebbe già usando armi alleate per colpire bersagli sul proprio territorio, anche se all’interno di dichiarazioni e notizie prive di carattere di ufficialità. L’annuncio arriva nel mezzo di una situazione difficile per Kiev, che sta soffrendo particolarmente l’avanzata russa sul fronte di Kharkiv, e si colloca sulla scia delle sempre più presenti voci nazionali e internazionali che spingono perché venga alzato il ritmo della guerra.
L’intervista al norvegese vertice della NATO è apparsa ieri sul giornale statunitense The Economist. Nell’appello alle «forze alleate», Stoltenberg sottolinea che sollevare le restrizioni all’Ucraina nell’uso delle armi inviate sarebbe un «diritto» del Paese e rispetterebbe la legge internazionale. Considerata la attuale situazione a Kharkiv e vista la strettissima vicinanza della regione con il confine ucraino, dove «il fronte e il confine sono più o meno la stessa cosa», impedire all’Ucraina «il diritto di colpire bersagli militari su territorio russo, le renderebbe difficile l’applicazione del diritto all’autodifesa». Perché secondo Stoltenberg di autodifesa si tratterebbe: essa è un diritto «legale» e «garantito dallo Statuto delle Nazioni Unite» e per questo Kiev dovrebbe potere attaccare in maniera diretta la Russia anche con le armi fornitele dall’esterno.
Nell’intervista, Stoltenberg parla in generale di tutti gli «alleati», ma pare riferirsi in maniera più diretta agli Stati Uniti e in particolare al Presidente Joe Biden, che si è sempre espresso nettamente contro la possibilità per l’Ucraina di utilizzare le armi statunitensi per attaccare obiettivi militari russi su suolo della Federazione. Proprio negli USA, tra l’altro, questo tema è oggetto di una dibattutissima discussione: è un po’ di giorni infatti che a sollevare i problemi sul vincolo delle armi sembrano essere gli stessi collaboratori più stretti del Presidente, Antony Blinken compreso. Alla conferenza stampa del 15 maggio, il Segretario di Stato aveva infatti lasciato aperta la questione rispondendo in maniera piuttosto evasiva a una domanda sul tema, sostenendo che la questione di come utilizzare le armi, nonostante le rimostranze di Biden, spettasse «in ultima istanza all’Ucraina». Anche il New York Times suggerisce che ormai Blinken abbia mutato la propria posizione con istanze più guerrigliere. In generale negli USA la tematica dell’invio di armi in Ucraina è particolarmente delicata, soprattutto se si considerano le sempre più imminenti elezioni presidenziali, che trasformano il problema anche in una questione di politica interna.
Le dichiarazioni di Stoltenberg sembrano in linea con analoghe dichiarazioni e politiche di sicurezza portate avanti da numerosi Paesi europei. Noto è a tal riguardo il caso di Macron, che è tornato più volte sull’argomento, rompendo il tabù dell’invio delle truppe – su cui Stoltenberg si è espresso contrario – e iniziando a cercare di fatto alleati per una possibile escalation. L’intervista di Stoltenberg sarebbe inoltre coerente con le politiche del suo stesso Paese, cui esecutivo è guidato dal partito di cui egli è stato leader fino a dieci anni fa. Il passato venerdì 5 aprile, infatti, il Governo della Norvegia ha lanciato un piano di investimento nel settore della difesa della durata di 12 anni per 600 miliardi di corone (circa 51 miliardi di euro). Qualche mese prima, inoltre, erano state avviate le trattative per siglare un patto di difesa bilaterale con Kiev, annunciate dallo stesso Zelensky. In generale la presenza della NATO si sta facendo sempre più incombente nei Paesi scandinavi, tanto che Finlandia e Svezia sono state annesse abbastanza recentemente all’Alleanza Atlantica. In Italia, invece, ci si è sempre espressi contro una possibile escalation, e a conferma di ciò arriverebbe anche la risposta di Tajani alle dichiarazioni di Stoltenberg, che avrebbe ribadito che «gli strumenti militari mandati dall’Italia vengono usati all’interno dell’Ucraina, lavoriamo per la pace».
Il Ministro degli Esteri russo Lavrov ha spesso denunciato l’utilizzo di «armi Occidentali» su suolo russo da parte dell’Ucraina, ma tali accuse non sono mai state confermate da notizie ufficiali. La questione che innalza il rischio escalation, però, non è solo quella dell’utilizzo delle armi in senso stretto, ma piuttosto quella del genere di armi che potrebbero venire utilizzate e, di conseguenza, inviate. Si è infatti spesso dibattuto sulla possibilità di inviare armi a lunga gittata all’Ucraina (in cima alla discussione sarebbero i missili Taurus tedeschi), negandole tuttavia in ogni occasione artiglieria di portata troppo ampia, in quanto implicherebbe la possibilità di attacchi diretti su suolo russo e quindi di un coinvolgimento più stretto dei Paesi alleati nel conflitto.
[di Dario Lucisano]