Il governo Meloni, con un emendamento al Ddl Sicurezza, ha proposto il divieto della produzione e del commercio della cosiddetta cannabis light. La proposta di modifica, all’esame delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera, stabilisce infatti il ritorno all’equiparazione della cannabis light, ovvero quella con quantità di Thc inferiore allo 0,2% (che attualmente può essere venduta nei negozi commerciali), alla cannabis ‘normale’, che figura nella lista delle sostanze stupefacenti citate nel Testo Unico sulle Sostanze Stupefacenti. Il blitz dell’esecutivo ha provocato dure reazioni da parte dell’opposizione, che ha criticato il provvedimento per le conseguenze che produrrebbe sui lavoratori di tale filiera e accusato di aver voluto accelerare il dibattito sul disegno di legge per motivi elettorali in vista delle imminenti elezioni europee.
La proposta di modifica avanzata dall’esecutivo aggiunge il Capo II bis al disegno di legge sulla sicurezza dei ministri dell’Interno, della Giustizia e della Difesa, intervenendo sul testo della legge del 2016 sulle disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa. Nello specifico, nell’emendamento presentato dal governo si legge che “è vietata l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa (Cannabis sativa L.) coltivata, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata”, ma anche “di prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati”. A chi viola le disposizioni “si applicano le sanzioni previste” dal Testo Unico sulle sostanze stupefacenti. Da martedì partirà la discussione sugli emendamenti e il provvedimento è atteso in Aula per la prossima settimana, mentre il voto finale dovrebbe avere luogo dopo il 9 giugno.
Il segretario di +Europa Riccardo Magi ha parlato di una «spinta repressiva e punitiva immotivata» da parte dell’esecutivo, che a suo dire avrebbe invece dovuto procedere in senso opposto, rendendo possibile la produzione e il commercio «anche delle infiorescenze della canapa,» che «non hanno effetto drogante». «L’ultima geniale idea del Governo Meloni? Parificare la cannabis light, che non ha nessun effetto drogante, a quella non light – ha scritto su X Marco Furfaro, responsabile Welfare e contrasto alle disuguaglianze nella segreteria Pd – Sapete che significa? Che per provare a raccattare 4 voti alle Europee, chiuderanno 3.000 imprese e 15mila lavoratori verranno licenziati. Lavoratori, tra l’altro, per la gran parte giovanissimi».
I piani del governo Meloni contro la vendita delle droghe leggere partono da lontano, ma negli scorsi mesi era stata la giustizia amministrativa a porre loro un freno. Nei primi giorni dello scorso ottobre, il TAR del Lazio aveva infatti bocciato un decreto dell’esecutivo che, a fine agosto 2023, aveva equiparato i prodotti per uso orale a base di cannabidiolo a sostanze stupefacenti, vietandone il commercio. I giudici avevano infatti accolto un ricorso presentato dall’associazione Imprenditori Canapa Italia (Ici), disponendo la sospensione del decreto e rendendo nuovamente consentito il commercio dei prodotti. In sede di camera di consiglio, fissata per la valutazione collegiale, alcune settimane dopo il tribunale amministrativo aveva confermato la sospensione del decreto del Ministero della Salute con cui si era inserito il cannabidiolo (Cbd) “da ingerire” tra le sostanze stupefacenti.
[di Stefano Baudino]