Il 30 maggio il Congresso dei deputati spagnolo ha approvato definitivamente la controversa Ley de Amnistía, con 177 voti a favore e 172 voti contrari. La legge, già approvata dal Congresso il 14 marzo, ha incontrato il veto del Senato, a maggioranza Popolare, il 14 maggio, pochi giorni dopo la celebrazione delle elezioni autonomiche catalane. Nei prossimi giorni la legge verrà ufficializzata entrando a far parte del Boletín de Estado, ed iniziare così ad essere applicata nei tribunali del Paese. Il provvedimento ha vissuto un cammino tortuoso a causa di un iniziale affossamento da parte del partito indipendentista catalano Junts a gennaio e dopo il veto imposto dal Senato in seguito alla prima approvazione della Camera. Esso permetterà l’amnistia per tutte quelle persone condannate per gli avvenimenti inerenti al referendum del primo ottobre 2017 (per l’indipendenza della Catalogna) e alla conseguente dichiarazione unilaterale d’indipendenza pronunciata da Carles Puigdemont. Rientrano, tra queste, anche le persone militanti condannate per aver preso parte alle manifestazioni pacifiche definite «Tsunami democratic» del 2019. Questa nuova legge mette così fine al processo finalizzato alla normalizzazione della convivenza in Catalogna, iniziato nel 2021 durante il secondo mandato di Pedro Sánchez attraverso l’approvazione di indulti alle figure condannate per malversazione e sedizione nell’organizzazione del referendum del 2017.

La seduta del Congresso ha visto alternarsi i vari deputati, che, con un tempo di sette minuti, hanno esposto le proprie mozioni dirette all’aula. Le rappresentazioni indipendentiste basche del Partido Nacionalista Vasco ed Euskal Herria Bildu hanno rivelato soddisfazione per l’approvazione della legge, mentre la deputata del partito indipendentista catalano Junts Míriam Nogueras ha mostrato profonda gratitudine, rivolgendosi direttamente ai suoi compagni di partito visibilmente commossi tra i banchi dell’aula. «Prossima fermata, referendum» così chiosa Gabriel Rufián, deputato del partito indipendentista catalano di sinistra Esquerra Republicana, indirizzandosi a tutte quelle persone che hanno vissuto le conseguenze delle condanne imposte dal Tribunale Supremo, incluso i rivali politici, tra tutti Carles Puigdemont.

Appellandosi ad una presunta distruzione del Paese, ha mosso le accuse alla legge e al governo Santiago Abascal, rappresentante del partito di estrema destra VOX, dando così inizio ad un momento di tensione nell’aula, che ha raggiunto il suo apice durante il discorso del socialista Artemi Rallo, che ha accusato VOX di essere un partito «neofascista e filonazi», menzionando l’incontro tra Santiago Abascal e Benjamin Netanyahu e l’alleanza tra VOX e Fratelli d’Italia. Non sono mancate, inoltre, allusioni a Giorgia Meloni, accusata di censurare i giornalisti RAI e vietare la registrazione dei figli delle coppie omosessuali all’anagrafe. Chiude così il momento degli interventi il leader del Partido Popular Alberto Núñez Feijóo, muovendo critiche verso il governo e Pedro Sánchez, assente in tribuna, di inabilità politica e appellandosi ad un’ultima, disperata riflessione. Durante il voto, nel momento in cui si sono pronunciati i ministri e le ministre del Governo, tra i quali Pedro Sánchez, non sono mancate accuse di tradimento urlate dalle tribune della destra.

Dopo l’approvazione, la legge verrà inserita nel Codice penale spagnolo, attraverso una revisione dell’Articolo 130, insieme alla modifica della Ley del Tribunal de Cuentas. I tribunali hanno così un tempo di due mesi per applicare l’amnistia, nonostante alcune rappresentazioni del governo temano l’ostruzione politica del Tribunale Supremo, legato al Consiglio Generale del Potere Giuridico (CGPJ), l’organo del governo che controlla l’indipendenza dei giudici e dei magistrati dai poteri dello stato. Il CGPJ, eletto dai rappresentanti del Governo e bloccato da cinque anni dai deputati del Partito Popolare, ha inviato, attraverso la Plataforma Cívica por la Independencia Judicial, una guida diretta ai giudici spagnoli per elevare la questione e passare l’applicazione concreta della legge al Tribunale Supremo e ai tribunali della Corte di Giustizia europea.

Sono passati sei anni dalle cariche della Guardía Civil e della Policia Nacional durante il referendum del 1° ottobre 2017 e dalla conseguente applicazione dell’Articolo 155 da parte dell’ex presidente spagnolo Mariano Rajoy, momenti che hanno segnato profondamente la società catalana e che sono stati la dimostrazione che il governo non seppe gestire adeguatamente una questione esclusivamente politica. La violenza fisica, giuridica e istituzionale imposta su un popolo, armato soltanto di matite e urne elettorali, ha visto la sua fine. Un «processo» che, iniziato come forma di protesta politica, si risolve definitivamente attraverso le regole della politica.

[di Armando Negro]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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