Giusto ieri chiudevo una riflessione sulla mobilitazione in Ucraina ipotizzando che la qualità delle truppe che verranno formate non potrà essere troppo alta, sia perché i requisiti fisici (e psichici) sono stati abbassati, sia soprattutto perché i tempi dell’addestramento base sono stati ridotti. Oggi il Washington Post (https://www.washingtonpost.com/world/2024/06/02/ukraine-training-soldiers-mobilization-war/) conferma la mia ipotesi in un articolo intitolato, appunto, “L’addestramento base in Ucraina copre a malapena le basi, dicono i comandanti”. Nell’articolo sono riportate le interviste ad alcuni ufficiali ucraini che esprimono la loro preoccupazione. L’addestramento, dice uno di loro, “è del tutto senza senso”; alcuni soldati, anche dopo il corso di addestramento, non sanno smontare e rimontare la loro arma, e i centri d’addestramento hanno a disposizione così poche munizioni che le esercitazioni sono pochissime; e per tappare i buchi, le unità di prima linea iniziano a ricevere soldati finora impiegati solo a fare la guardia a infrastrutture nelle retrovie.
Ovviamente lo scopo di articoli del genere non è quello di farci provare pena per i coscritti ucraini (“se c’è uno sfondamento a Časiv Jar e ci mandano nuova fanteria che non conosce le basi, li avranno mandati soltanto a morire”, dice uno degli ufficiali), ma convincere l’opinione pubblica che l’unica strada per la vittoria (l’altro ieri Kaja Kallas, intervistata dalla BBC, ha ripetuto che non c’è nessun piano B: https://www.bbc.com/news/articles/c722zxj0kyro) è continuare a mandare armi e autorizzare attacchi sul territorio russo. Intanto, a Singapore Zelensky dice che non basta attaccare solo nelle retrovie del fronte di Kharkiv e se la prende con la Cina, che secondo lui, oltre a non volere incontrare i rappresentati ucraini, lavora a convincere gli altri paesi a non partecipare al vertice di pace in Svizzera – il vertice dove, a quanto pare, si detteranno alla Russia le condizioni per porre fine al conflitto. Io trovo la cosa surreale, poi non so.

Francesco Dall’Aglio

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