Ieri, la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato una bolla proposta dai repubblicani che prevede la applicazione di sanzioni e misure restrittive contro i giudici della Corte Penale Internazionale che sono “impegnati in qualsiasi tentativo di indagare, arrestare, detenere o perseguire qualsiasi” politico statunitense o “persona protetta” dal Paese che come gli USA non riconosca la CPI. La decisione arriva dopo la richiesta di elaborazione di mandati di arresto contro Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant avanzata dal procuratore dell’organo internazionale Karim Khan, a cui il testo modificato fa esplicito riferimento. Dopo le sanzioni ad personam rilasciate dagli USA nel 2020 (emesse dopo l’apertura di indagini sui crimini di guerra in Afghanistan), arriva così l’ennesima conferma della loro chiara volontà di porsi al di sopra della legge internazionale, insieme di norme da rispettare solo quando risulta comodo.
La bolla, dal nome “Illegitimate Court Counteraction Act“, è passata in Camera bassa con 247 voti a favore e 155 contrari. Tra i favorevoli sono apparsi anche 42 democratici che si sono staccati dal blocco di oppositori del proprio partito. Nello specifico, la legge punirebbe in via generale tutti coloro direttamente o indirettamente coinvolti in una azione della CPI contro un alleato, inclusi coloro che le hanno fornito supporto tecnologico, finanziario, o materiale, e coloro che hanno agito rispettando tali ordini. La pena prevista prevede un blocco dal circuito VISA e il congelamento dei beni, nonché il divieto di entrare negli Stati Uniti; il blocco VISA verrebbe esteso anche ai familiari diretti. Il prossimo passaggio previsto è il voto al Senato; se la legge dovesse passare anche in Camera alta arriverebbe allora al Presidente, e dopo la sua eventuale firma passerebbe alla ratifica finale.
La proposta di legge era stata precedentemente avanzata in data 7 maggio, ma dopo la sessione di ieri il testo è stato leggermente modificato: a esso è stato infatti aggiunto un intero paragrafo di “considerazioni” che chiama in causa per direttissima il caso della richiesta di emissione di mandati di arresto nei confronti degli alleati israeliani da parte del procuratore della CPI, che fungerebbe in tal senso da fondamento per la stessa legge. Non è inoltre la prima volta che negli Stati Uniti si parla di sanzioni contro esponenti della CPI: basti pensare infatti al caso scoppiato a settembre del 2020 quando due membri della Corte vennero inseriti nei registri delle persone sanzionate per avere aperto delle indagini sui possibili crimini di guerra e contro l’umanità commessi dagli USA in Afghanistan. Queste vennero poi rimosse qualche mese dopo, ad aprile, quando Biden riconobbe che “la minaccia o l’imposizione di sanzioni contro la Corte, il suo personale e quelli che la assistono non sono strategie efficaci e opportune per risolvere la questione tra Stati Uniti e CPI”. Se la norma dovesse venire approvata, tuttavia, queste stesse parole troverebbero una sonorissima smentita: con l’eventuale passaggio della bolla, infatti, gli USA isolerebbero di fatto tutti gli esponenti della CPI che oserebbero mettersi contro di loro o contro i loro alleati, visto che essa colpisce anche coloro che sostengono le decisioni dei giudici.
Considerato tutto ciò, il passaggio della legge in prima lettura conferma la tendenza di porsi al di sopra della legge internazionale che gli USA hanno spesso assunto con lo scopo di portare avanti i propri interessi. Basti a tal proposito pensare al caso della emissione di mandati contro Putin. In occasione della passata decisione della CPI, infatti, il Segretario di Stato Blinken aveva caldamente invitato tutti gli Stati firmatari dello Statuto di Roma (tra cui USA, Russia, e Israele non figurano) a mettere in atto gli ordini dell’istituzione se si fosse verificata la possibilità di farlo. Oggi, invece, viene approvata in prima lettura una bolla che li punirebbe se facessero la stessa cosa con Netanyahu. La discussione dell’Illegitimate Court Counteraction Act risulta in tal senso l’ennesimo fallimento dell’uso politico della legge internazionale, che ancora una volta verrebbe piegata dagli interessi personali delle superpotenze, sempre pronte a chiamarla in causa quando appare utile, e a ignorarla – se non addirittura violarla – quando risulta un ostacolo.
[di Dario Lucisano]