La Commissione Europea, sempre più avvitata su se stessa, tratta per sopravvivere e confermare le stesse dinamiche che la stanno distruggendo, aprendo voragini per i partiti di estrema destra, fioriti con nuove sigle e riposizionamenti, che appaiono agli occhi di un elettorato privato di qualsiasi peso democratico nelle sue scelte, paradossalmente come forze di cambiamento.

L’UE coltiva le forze di estrema destra

Le trattative per la formazione della nuova Commissione Europea vanno avanti. L’Italia chiede una delle tre vicepresidenze di peso. Von der Leyen sarebbe anche disposta a cedere (ha un ottimo rapporto con Giorgia Meloni e Biden è d’accordo). Ma Francia e Germania si oppongono.

Va tenuto conto che i leader europeisti di questi due paesi hanno sonoramente perso le recenti elezioni. Il capitale politico che possono investire è dunque scarso. Soprattutto Macron, senza un partito in grado di sopravvivergli e nella prospettiva di uscire di scena dopo il secondo mandato, si trova sul viale del tramonto: perché von der Leyen dovrebbe scommettere su di lui?

Vedremo. Mi pare che l’UE si stia avvitando su se stessa più di quanto non abbia fatto in passato. L’idea stessa che per l’ennesima volta la Commissione sia appannaggio degli stessi partiti dopo tanti anni di rivolgimenti e dopo lo spostamento del baricentro politico mostra in tutta la sua evidenza la chiusura di questa istituzione alle istanze dei cittadini europei.

Il rischio è che dunque Meloni, per la tigna di Macron e Scholz, subisca una sconfitta tattica. Sul medio periodo tutto questo però può mutare in vittoria strategica delle estreme destre, le quali, se escluse, potranno tornare a cavalcare l’antieuropeismo e fare carne da porco delle sue istituzioni quando il loro consenso sarà ulteriormente aumentato, magari con una vittoria dell’AfD in Germania.

In tutto questo il socialismo europeo gioca un ruolo marginale, quasi di comparsa. E come potrebbe essere diversamente? Che idea di cambiamento propone? Anche solo su un piano istituzionale i partiti del socialismo europeo non hanno mai tentato una vera democratizzazione dell’UE.

Come mosche cocchiere si autorappresentano come un elemento cruciale dell’europeismo, di cui in realtà hanno subito l’egemonia nella sua interpretazione fanatica neoliberale.

Eppure solo il socialismo può creare unione tra i popoli, non certo la libertà di mercato e l’ideologia della competizione, cioè i dogmi dell’attuale UE.

Resta il fatto che nessuno oggi è disposto a scommettere un centesimo sul socialismo europeo come forza del cambiamento. Molti elettori in Europa sono invece pronti a rinnovare la propria fiducia alle estreme destre. Che, del resto, essendo effettivamente fuori dalla stanza dei bottoni, possono presentarsi come una reale forza d’opposizione e persino di cambiamento, seppure in un senso deteriore, in grado di riscattare anni e anni di imposizioni neoliberiste decise senza il vaglio democratico.

* Grazie a Paolo Desogus

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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