di Baran Qamişlo

Nuovi attacchi turchi (respinti) sui confini del Kurdistan irakeno, in un territorio rivendicato sin dal 1920. Silenzio della complice leadership del clan Barzani, preoccupazioni a parole del governo centrale irakeno


Dal 15 giugno la Turchia ha iniziato una nuova invasione nella Regione del Kurdistan in Iraq (KRI). L’operazione era in preparazione da tempo, lo stesso presidente turco Recep Tayyip Erdoğan si era recato in visita a Baghdad ed Erbil nell’aprile del 2024 per assicurare alle truppe turche il supporto attivo del Partito Democratico del Kurdistan (KDP) e il consueto tacito assenso del governo centrale iracheno, in cambio di accordi sull’approvvigionamento idrico, per cui l’Iraq dipende dalla Turchia, e di nuovi accordi economici. Tra questi il più importante è senza dubbio il Development Road Project, un progetto infrastrutturale da 17 miliardi di dollari alternativo al progetto a guida statunitense Imec (Indian Middle East Economic Corridor), da cui la Turchia era stata esclusa.

Dopo due settimane di scontri tra esercito turco e le unità di guerriglia curde HPG e YJA-Star, la Turchia ha iniziato ad inviare ingenti rinforzi nelle aree contese e ha intensificato i bombardamenti in modo da sfollare i numerosi villaggi della regione di Amedi e accerchiare così le aree in cui la guerriglia è fortemente attiva.

La ONG Community Peacemaker Teams (CPT) ha rivelato in un rapporto che il 4 luglio l’esercito turco si è insediato con circa 45 veicoli blindati nel villaggio di Sargale ed ha allestito posti di blocco sulle strade circostanti. L’occupazione dei villaggi e i bombardamenti nelle aree abitate volti a costringere la popolazione alla fuga sono una prassi ormai consolidata nelle operazioni militari turche in Iraq.

«A seguito dei bombardamenti turchi, sono bruciati più di 20.000 dunam di terreni agricoli, principalmente nei villaggi di Guharze, Balave, Barche, Sargale, Kane e Ashke Dere nella regione di Amedi. Nel villaggio di Sargale circa il 55% dei terreni agricoli è stato bruciato dagli attacchi turchi. Le operazioni turche nel Kurdistan iracheno mettono a rischio di sfollamento almeno 602 villaggi e almeno 162 sono già sfollati», afferma il rapporto del CPT.

Nel corso delle precedenti operazioni la Turchia ha costruito almeno 87 basi militari a profondità comprese tra i cinque e gli 80 chilometri nella Regione del Kurdistan in Iraq, nonostante il governo turco continui ad affermare che l’unico scopo delle operazioni è la distruzione del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), la costruzione di basi sempre più in profondità nel territorio iracheno e l’occupazione sistematica dei villaggi sono evidenti segnali della volontà turca di insediarsi stabilmente nell’area. A questo Proposito il Congresso Nazionale del Kurdistan (KNK) ha messo in guardia la comunità internazionale e i governi di Iraq e Siria sui piani a lungo termine dello governo turco. Secondo il KNK la Turchia punta a raggiungere i confini del Misak-ı Milli (noto anche come Ahd-ı Milli), un gruppo di risoluzioni adottate dal Parlamento ottomano 104 anni fa che rivendicava l’intero Kurdistan, compreso il Nord Iraq  e la Siria del Nord, come parte dei confini di uno Stato turco».
«A Metîna, lo Stato turco si sta insediando nelle aree vuote. Ci sono stati ripetuti scontri e i nostri compagni stanno operando efficacemente. Il 16 aprile l’esercito aveva già lanciato un nuovo attacco di invasione. I nostri compagni hanno immediatamente compreso la strategia e le tattiche del nemico a Metîna e hanno reagito. A Metîna la resistenza sarà duratura e il nemico non riuscirà a ottenere i risultati che vuole. Si stanno prendendo in giro da soli. Osserviamo anche le immagini pubblicate dallo Stato turco. Hanno piazzato degli obici nella valle di Rûbar e a Çukurca. Stanno sparando da obici con una gittata di 50 chilometri. Non è un successo; stanno ingannando la loro stessa opinione pubblica» – ha dichiarato il portavoce del Centro di collegamento con la stampa dell’HPG, Serdar Yektaş, sul canale televisivo curdo SterkTV.

«Nonostante le centinaia di migliaia di soldati, mezzi , traditori, venduti e mercenari dello Stato turco, la guerriglia ha il controllodella regione. Chi non conosce l’arte della guerra fraintende il dominio. Il dominio non è la presenza di un gran numero di soldati in un’area. Il dominio è la capacità di colpire il nemico quando e dove si vuole».

E aggiunge: «Ora abbiamo il controllo dell’area. Stiamo difendendo noi stessi, i nostri tunnel. Non subiamo quasi nessuna perdita. E quando ci sono, le chiariamo e le condividiamo con l’opinione pubblica. D’altra parte, abbiamo colpito il nemico migliaia di volte. Hanno subito centinaia di perdite negli ultimi mesi. Ma ne hanno annunciate solo alcune. Le stanno nascondendo tutte«, ha concluso Yektaş.

Mentre il KDP sembra irremovibile nel sostegno alle manovre turche, secondo una dichiarazione del portavoce militare del governo centrale iracheno, il generale Yahya Rasul, il primo ministro iracheno Mohammed Shia al-Sudani ha presieduto mercoledì un consiglio di sicurezza nazionale per discutere gli ultimi sviluppi. Secondo Rasul il tema dell’incontro è stato  «l’intervento e le violazioni delle forze turche nell’area di confine comune». Rasul ha anche espresso «il rifiuto dell’aggressione militare turca e di qualsiasi aggressione contro il territorio iracheno». Resta da vedere se a queste dichiarazioni seguiranno azioni o se si tratta di retorica indirizzata esclusivamente all’opinione pubblica interna.

Immagine di copertina: credits Wikicommons

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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