Nel ricordo del 25 luglio, giorno del colpo di stato monarchico che abbattè Mussolini e aprì la strada al momento più drammatico della storia d’Italia, è’ il caso di rammentare non semplicemente cosa è stato il fascismo ma di sottolineare quanto persiste: veri e propri rigurgiti fascisti si avvertono anche a livello di schemi culturali, di comportamenti a livello di massa, di opzioni politiche concrete portate avanti da soggetti che appaiono incontrare fortune elettorali e di consenso da parte dell’opinione pubblica, senza ricevere quel contrasto che meriterebbero.
Ricordando che il fascismo salì al potere pur rappresentando un’esigua minoranza parlamentare sulla base proprio di una mancata opposizione e di un accompagnamento “furbesco” attuato da chi pensava di addomesticarlo anestetizzandolo nella gabbia del potere.
L’attuale situazione, nella quale si stanno riproducendo soprattutto i temi più deteriori del razzismo deve essere affrontata attraverso l’espressione costante della negatività dei principi che il fascismo ha rappresentato realizzandone la costante comparazione con ciò che sta concretamente accadendo.
Il fascismo tese a presentarsi come squisitamente “italiano” e “romano”: torna qui il tema ricorrente del nazionalismo – bellicista.
L’alleanza con la Germania hitleriana e l’intervento nella seconda guerra mondiale, accentuarono i caratteri ideologici propri del fascismo degli esordi, come il bellicismo e, di converso, fecero emergere tratti ideologici propri di quella successiva fase rimasti in ombra quali il razzismo e l’antisemitismo.
Alcuni di questi caratteri, ma soprattutto il rifiuto della democrazia consentì di identificare un ruolo internazionale del fascismo, attivo in Europa, e felicemente definito da Palmiro Togliatti come “regime reazionario di massa”.
Una definizione che ha consentito, anche dopo la caduta del regime, di leggere il fenomeno del fascismo in senso transpolitico, come una sorta di cesarismo tipico del XX secolo basato su di un capo carismatico.
Un capo carismatico che portava avanti la ricerca del consenso delle masse attraverso una strumentazione di tipo propagandistico attraverso l’adozione di slogan rivoluzionari (intesi per lo più in una direzione aggressivamente nazionalistica) con la democrazia come nemico esclusivo, nella logica schmttiana.
Il fascismo impose un modello autoritario sulla base di un rapporto gerarchico di sfruttamento tendendo a tradursi in un atteggiamento orientato verso il potere e di dipendenza portandolo a un attaccamento disperato a tutto ciò che appare “forte” (il gruppo, il partito, la legge, lo stato, la razza ecc.).
Quali contro-misure posso essere adottate per uscire dell’atteggiamento del pregiudizio? Un tema di grande attualità se osserviamo attentamente ciò che accade.
Il nazionalismo che rimane la matrice diretta del fascismo di allora e di oggi, rimane prodotto dell’organizzazione totale della società, che può essere mutato soltanto trasformando la società.
Il maieutico della democrazia e delle riforme sociali rimane quello dell’aumento nella capacità culturale complessiva.
Una capacità di espressione culturale fondata soprattutto sulla memoria e rivolta alla complessiva articolazione sociale.
E’ necessario contrastare prima di tutto sul piano della conoscenza, attraverso la ripresa di una funzione pedagogica dell’organizzazione politica prima ancora della semplice concorrenza elettorale l’idea oggi, purtroppo ricorrente, che il fascismo ritorni come “autobiografia della nazione”, ineludibile destino di appagamento degli egoismi più retrivi.
Un’operazione culturale da condurre nel segno di un ritorno al concetto gramsciano di egemonia