Non solo in Sardegna, le grandi opere della cosiddetta “energia green” sono arrivate in tutta Italia, a partire dal sud per arrivare fino al centro. È il caso della Toscana, dove ormai da un anno cittadini e cittadine, comitati e gruppi ambientalisti stanno combattendo per preservare il già a rischio territorio del Mugello. Il progetto per la Regione Toscana è sempre lo stesso: piantare torri alte 170 metri, «quanto due campanili di Giotto uno sopra l’altro», in aree naturali a ridosso della montagna, vicine a riserve protette, con basamenti in cemento armato grandi quanto mezzo campo da calcio. Consumo di suolo, grave impatto sull’ambiente, dissesto idrogeologico, questi alcuni dei rischi che corre il Mugello, denunciati da un insieme di gruppi in una lettera aperta contro la speculazione eolica. Tra queste, il Comitato per la tutela dei crinali mugellani, una delle associazioni attive in difesa del territorio, che ha spiegato a L’Indipendente la situazione.
I lavori per realizzare le sette pale eoliche previste dall’impianto industriale del Mugello sono iniziati a giugno 2023. L’area interessata, nello specifico, è quella del crinale di Monte Giogo di Villore-Corella, contiguo a Zone Speciali di Conservazione e di fronte al Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Qui, la Regione Toscana ha concesso l’autorizzazione a procedere con progetti ed espropri, nonostante i pareri contrari della Sovrintendenza, del Parco Nazionale Foreste Casentinesi e di alcuni Comuni, primo fra tutti quello di San Godenzo, dove avrà parzialmente sede la costruzione dell’impianto industriale. Dall’anno scorso a oggi, i lavori hanno presentato non pochi problemi di gestione, che hanno coinvolto principalmente il torrente del Solstretto sul Monte Giogo di Villore, il deposito materiali di scavo sul Monte Giogo di Corella, e i Sentieri del Cai – tra cui l’importante Sentiero 00 Italia -, colpiti da un «degrado progressivo». Questo giugno i lavori sono ripresi in modo dirompente, ed è iniziato un disbosco che ha aperto ampie piste nelle faggete circostanti, riempiendole di grandi pietre. Le pratiche di esproprio hanno invece interessato gli antichi marroneti della zona, anch’essi abbattuti per fare spazio alle ingombranti infrastrutture necessarie a fare passare i grandi mezzi di trasporto delle pale. Lo stesso Comune di San Godenzo si è mosso contro i progetti dell’impianto industriale eolico presentando ricorso al Tar, che tuttavia è stato respinto; il Comune ha dunque portato il caso davanti al Consiglio di Stato, che deve ancora esprimersi.
Come ci spiega il Comitato i danni a cui va incontro il territorio sono giganteschi, e vanno dal «consumo di suolo agricolo e forestale», ai «rischi di dissesto idrogeologico», per arrivare fino ai «disastrosi effetti sul turismo e sull’economia locali». A soffrirne, in primissimo luogo, sarebbe il territorio, nonché l’equilibrio tutt’ora fragile della flora e della fauna locali: la realizzazione di un impianto industriale eolico nella zona, infatti, comprometterebbe irrevocabilmente gli ecosistemi e gli habitat di piante e di specie protette con gravi ricadute negative anche per il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, posto a meno di tre chilometri di distanza. Oltre ai danni su flora e fauna, l’installazione dei pali aumenterebbe il «rischio di alluvioni nella Regione», come effetto diretto dell’impoverimento e della frammentazione delle foreste. Ultimo, ma non meno importante, l’effetto sul paesaggio, che non solo verrebbe irrimediabilmente compromesso, ma anche completamente snaturato, finendo per perdere tanto di diversità quanto di attrattiva. Il tutto per realizzare enormi pale in una zona dell’Appennino centrosetterentionale decisamente «poco ventosa», come dimostrerebbe una cartina pubblicata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
Quello del Mugello in Toscana, parrebbe avere tutte le carte in regola per configurarsi come l’ennesimo caso di speculazione eolica per accaparrarsi i fondi del PNRR che da tempo colpisce l’Italia. Nello Stivale, le proteste contro le «lobby green» vanno avanti da tempo, ed è particolarmente noto il caso della Sardegna. Qui è mesi che la popolazione lotta contro la speculazione delle multinazionali dell’eolico: una decina di giorni fa presso il porto di Oristano è iniziato circa un presidio permanente, già oggetto di sgombero da parte delle forze dell’ordine. Precedentemente, nell’entroterra cagliaritano, alcuni cittadini hanno dato il via alla Rivolta degli Ulivi, una sollevazione popolare spontanea che risponde agli espropri coattivi dei terreni dei contadini (dove dovranno sorgere i parchi eolici) piantando ulivi e altre specie vegetali. Nel frattempo, è ufficialmente partita la raccolta firme per fermare i progetti di parchi eolici e fotovoltaici nell’isola in assenza di un adeguato piano energetico regionale.
[di Dario Lucisano]