Marquez

L’entusiasmo dei media italiani per Kamala Harris, attuale vicepresidente degli Stati Uniti, è palpabile: titoli come “Tutti pazzi per Harris” (Repubblica), “Kamala sprint” (La Stampa) e “Una candidata per ridare energia” (Il Manifesto) celebrano il suo ruolo e il suo potenziale impatto politico.

Tuttavia, dietro la facciata progressista si cela una figura controversa. Harris è spesso acclamata come la paladina di donne e minoranze, ma il suo passato solleva più di un dubbio al riguardo.

L’ascesa di Kamala Harris

Kamala Harris ha costruito la sua carriera come procuratrice distrettuale di San Francisco e successivamente come procuratore generale della California. Durante questi anni, ha sviluppato una reputazione come “procuratore progressista”, ma le sue azioni non sempre hanno corrisposto a questa ‘fama’.

Ad esempio, è stata criticata per il suo rifiuto di indagare adeguatamente su casi di brutalità della polizia e per la mancata azione contro le banche durante la crisi dei mutui subprime, quando si è dimostrata riluttante a perseguire le pratiche scorrette di OneWest Bank, guidata dall’ex Segretario del Tesoro di Trump, Steven Mnuchin​​.

La Harris ha spesso utilizzato il suo ruolo per posizionarsi come paladina della giustizia sociale, ma anche qui i fatti raccontano altro. Durante la sua carriera ha sostenuto leggi come la “Three Strikes Law” in California, che imponeva l’ergastolo per reati non violenti al terzo reato. Questo approccio severo è stato criticato per la sua ingiustizia nei confronti delle minoranze​, soggette in maniera esponenziale alle recidive per reati minori​.

Inoltre, è stata accusata di esseri opposta alla revisione delle indagini riguardanti le sparatorie in cui è convolta la polizia, lasciando che i casi venissero gestiti da procuratori distrettuali con una storia di protezione degli agenti.

Un altro aspetto di Harris riguarda il suo rapporto con il settore tecnologico.

La vicepresidente Usa ha le sue radici nella Bay Area della California, il cuore dell’industria tecnologica. E vanta legami molto stretti con alcune figure di spicco della Silicon Valley, tanto che molti dei super-donatori democratici si sono subito schierati esprimendo sostegno alla sua candidatura.

Hoffman (Linkedin e altri 11 consigli di amministrazione in cui siede) ha scritto su X un post  carico di entusiasmo per la candidata. Zuckerberg e i miliardari delle Big Tech americane puntano forte su Kamala. In virtù di vecchi e consolidati rapporti ma soprattutto per quello che la candidata Dem potrebbe garantire con una sua elezione. Anche perché in vista ci sono due rogne: l’Antitrust e la bolla AI.

Le sue relazioni amichevoli con queste figure sollevano dubbi sulla sua volontà di affrontare questioni di concentrazione di potere economico e di privacy​. (E qui stiamo utilizzando un eufemismo…)

Il supporto incondizionato a Israele

Un altro aspetto controverso della carriera di Kamala Harris è il suo forte sostegno alla politica israeliana. Ha espresso un supporto incondizionato all’AIPAC (l’American Israel Public Affairs Committee, il gruppo di pressione statunitense noto per il forte sostegno allo Stato di Israele) e ha co-sponsorizzato risoluzioni a favore di Tel Aviv, anche quando questo significava opporsi a decisioni delle Nazioni Unite che condannavano gli insediamenti israeliani come violazioni del diritto internazionale​.

Anche in questi mesi è schiarata senza mediazioni con Israele nella mattanza in corso a Gaza, nonostante le critiche anche interne agli stessi Dem.

L’entusiasmo dei media: Kamala è ‘brat’

I media italiani, sempre pronti a trovare nuovi paladini su cui caricare i propri interessi spacciandoli per “entusiasmo spontaneo” presentano Kamala Harris come una figura di cambiamento e progresso, un’alternativa vivace e moderna, ‘brat‘,  come hanno titolato diversi magazine, agli attempati Biden e Trump.

Perché è ‘brat’? Ce lo spiega Vanity Fair: “una ragazza [a 59 anni] che è un po’ un casino, le piace divertirsi e forse a volte dice cose stupide, molto onesta, diretta, un po’ volatile, questo è brat”.

Capito? Il fatto che il suo approccio alle politiche sociali ed economiche sia vicino alle elite economiche, che sia una sostenitrice dei conflitti in corso, è secondario in questa narrazione. Kamala è progressista a prescindere.

Una versione americana di Sanna Marin, altro idolo dei liberal nostrani, nonostante i disastri combinati dall’ex premier finnica. Farà la stessa fine?

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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