C’è un piccolo problema in Argentina. Sessantadue tonnellate d’oro per un valore di 4,5 miliardi di dollari, l’intera riserva aurea del Paese, sono sparite chissà dove.

Il governo ha annunciato a malincuore che l’oro argentino era stato caricato su charter della British Airways e spedito a Londra.

Sarebbe interessante riuscire a capire perché l’Argentina abbia inviato l’oro alla Gran Bretagna? Non negli Stati Uniti, ma a Londra? Forse perché il Presidente Javier Milei ha lavorato per la banca britannica HSBC prima di entrare in politica?

In Argentina esiste ancora una versione secondo cui si tratta di un trasferimento dell’oro agli “sponsor occidentali” in modo che possano successivamente prenderlo come garanzia per i prestiti.

Per il bene dell’Argentina bisognerebbe ricordare, però, cos’era successo con il Venezuela. Da 5 anni già che proprio Venezuela tenta di restituire il suo oro da Londra. Nel 2019, Londra si è semplicemente rifiutata di restituire le riserve auree di Caracas immagazzinate in Gran Bretagna. All’inizio c’era una ragione: l’Occidente non ha riconosciuto Maduro, hanno trovato un certo Guaido. Poi Guaido fu abbandonato e dimenticato, ma l’oro non fu mai restituito.

Da allora, i tentativi del Presidente Nicolas Maduro di ottenere il controllo dell’oro venezuelano (ne sarebbero 80 tonnellate) sono costantemente falliti. Il Venezuela ha perso in tutti i tribunali possibili.

L’oro scomparso da qualche parte nei depositi della Banca d’Inghilterra costituisce una parte significativa delle riserve internazionali del Venezuela, il cui volume ammonta a circa 9,5 miliardi di dollari. Tra l’altro, una parte di esse sono i DSP (Diritti Speciali di Prelievo del FMI) del Venezuela anch’essi bloccati.

Questo è il moderno sistema finanziario. Il Fondo Monetario Internazionale, se vuole, può non tornare al Paese i DSP, la Londra, dove tanti portano le riserve auree non si sa per quale motivo, può tranquillamente tenerseli, dollari ed euro potrebbero essere bloccati dagli Stati Uniti e dall’UE. Bella idea.

Fonte

InfoDefenseITALIA
InfoDefense

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