L’insieme di interessi che solleva l’attività del Porto di Genova rappresenta un tale elemento di complessità sul piano economico, amministrativo, politico da far risultare difficile l’affidamento a una matrice precisa del tema esplosivo della “questione morale” così come questa è sorta negli ultimi mesi.

Le forze politiche dovrebbero essere capaci di riconoscere come ci si trovi di fronte a una ridefinizione complessiva dei confini tra finanziamento della politica e ruolo dell’amministrazione.

In sostanza si è ritenuta giusta da parte dei protagonisti politici l’assunzione di provvedimenti ad hoc in cambio di finanziamenti a campagne elettorali e all’ordinario funzionamento di gruppi politici. Una codificazione collocata come evoluzione (per semplificare )del concetto di esercizio e risultato di un lavoro di lobbing posto in stretto rapporto con le necessità di funzionamento dell’amministrazione.

Toccherà alla magistratura sciogliere questo nodo esercitando la consueta funzione di supplenza nella riforma dell’agire politico che appare come una costante nel sistema italiano.

In sostanza ci troviamo di fronte ad una questione molto precisa riguardante il finanziamento privato dell’agire amministrativo a fronte di un esercizio di progettualità concordata: finanziamento poi traslabile ai soggetti che concorrono alla formazione della decisionalità e della rappresentanza politica e che rappresentano ormai un tutt’uno con i soggetti che esercitano l’attività amministrativa.

Ci troviamo di fronte ad una faglia molto più sottile di quella classicamente rappresentata dalla dazione di tangenti che un tempo confluivano genericamente nello “scambio politico”: un filone del tutto interno al mutamento di indirizzo nella concezione di divisione del potere e di annullamento del confine “storico” tra il pubblico e privato.

L’annullamento della distinzione tra pubblico e privato sembra proprio rappresentare la cifra distintiva di una nuova destra tecnocratica affiancata alla destra populista in modo da formare un blocco storico di una nuova “egemonia degli interessi” come è del resto ben dimostrato dalla vicenda delle ultime ore con la scelta a favore di un incarico (pare ben retribuito) dalla parte dei principali indagati nella vicenda in luogo dell’incarico di componente della direzione di un partito: storia che un tempo non avrebbe avuto alcuna ragion d’essere.

Se c’è un punto sul quale è possibile in questo caso una distinzione netta fra destra e sinistra riguarda l’annullamento della distinzione tra pubblico e privato che sembra proprio rappresentare la cifra distintiva di una nuova destra tecnocratica affiancata alla destra populista in modo da formare un blocco storico di una nuova “egemonia degli interessi privati e corporativi”.

Alla sinistra spetterebbe trovare la capacità di ritrovare lo spazio del pubblico e riferire ad esso una diversa “egemonia dell’interesse collettivo”

Di Franco Astengo

Lunga militanza politico-giornalistica ha collaborato con il Manifesto, l'Unità, il Secolo XIX,. Ha lavorato per molti anni al Comune di Savona occupandosi di statistiche elettorali e successivamente ha collaborato con la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Genova tenendo lezioni nei corsi di "Partiti politici e gruppi di Pressione", "Sistema politico italiano", "Potere locale", "Politiche pubbliche dell'Unione Europea".

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