La Striscia di Gaza, una delle aree più dense e martoriate del mondo, è ormai diventata il luogo più pericoloso per i giornalisti. Nonostante il diritto umanitario internazionale preveda la protezione dei civili, compresi i giornalisti, a Gaza la realtà è ben diversa.

Gaza, trappola per giornalisti. Il caso Al Jazeera

Secondo i dati del Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ), negli ultimi dieci mesi sono stati uccisi 165 giornalisti a Gaza. Questo dato evidenzia una tendenza spaventosa: la maggior parte dei giornalisti uccisi nel 2023 ha perso la vita proprio in questo territorio.

La situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che molti di questi giornalisti sono palestinesi locali, poiché ai media stranieri è spesso impedito l’accesso a Gaza, se non accompagnati dalle forze israeliane.

Tra le vittime più recenti di questa violenza ci sono due giornalisti di Al JazeeraIsmail Al-Ghoul e Rami Al-Reefi. Questi due professionisti, un reporter e un cameraman, sono stati uccisi mentre si trovavano a bordo della loro auto, parcheggiata vicino al campo profughi di Al-Shati.

La loro auto, chiaramente contrassegnata con la scritta “press”, non ha rappresentato una protezione sufficiente. Nei video circolati online si vedono i loro corpi martoriati, una scena che rappresenta la brutale realtà di chi cerca di documentare il conflitto.

L’attacco contro Al-Ghoul e Al-Reefi è avvenuto mentre stavano effettuando un collegamento in diretta per Al Jazeera, nei pressi della casa di Ismail Haniyeh, leader di Hamas.

Droni dell’IDF sorvolavano la zona e, secondo testimonianze, un razzo è stato lanciato vicino alla loro posizione, costringendoli a cercare rifugio. Purtroppo, la loro decisione di ripararsi nella loro auto si è rivelata fatale: un missile guidato da un drone israeliano ha colpito il veicolo, uccidendo entrambi.

Un grido di protesta e determinazione

In seguito a questo attacco, i colleghi dei giornalisti uccisi hanno espresso il loro dolore e la loro indignazione. Considerano questi attacchi dei veri e propri crimini di guerra e hanno promesso di continuare a raccontare la verità su ciò che accade a Gaza. “Continueremo a raccontare quello che avviene a Gaza“, ha dichiarato il reporter Wadie Al Saud, “fino a quando l’ultimo giornalista qui avrà fiato per respirare”.

Il prezzo della verità

Il lavoro dei giornalisti a Gaza è essenziale per mantenere accesi i riflettori sulla situazione critica nella Striscia. Ogni volta che un giornalista viene ucciso, un’importante voce si spegne, e il mondo perde un testimone oculare degli orrori del conflitto. Senza questi testimoni, i crimini di guerra possono avvenire lontano dagli occhi del mondo, permettendo alle atrocità di continuare senza ostacoli.

La situazione dei giornalisti a Gaza rappresenta una sfida urgente per la comunità internazionale. È fondamentale garantire la loro sicurezza e il loro diritto di documentare liberamente, senza temere per la propria vita.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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