La liberazione della leader nazionalista Khaleda Zia e la nomina di Muhammad Yunus come capo del governo ad interim hanno segnato le ultime ore dello sconvolgimento politico in corso Bangladesh, dopo la fuga dell’ormai ex Primo Ministro Sheikh Hasina.
In una serie di eventi senza precedenti, il Bangladesh è stato scosso in questi giorni da un colpo di Stato che ha portato alle dimissioni e alla fuga del Primo Ministro Sheikh Hasina in India. Nelle ore successive, i militari guidati dal generale Waker-Uz-Zaman hanno provveduto alla liberazione della leader dell’opposizione di destra Khaleda Zia e alla nomina del Nobel per la Pace Muhammad Yunus come capo del governo ad interim.
Come abbiamo avuto modo di sottolineare nei nostri precedenti articoli, il Bangladesh è stato teatro di intense proteste studentesche che, iniziate come una contestazione contro le quote di lavoro nel governo, si sono rapidamente trasformate in un movimento nazionale per chiedere le dimissioni della Primo Ministro Sheikh Hasina. Le manifestazioni, che hanno coinvolto centinaia di migliaia di persone, sono culminate in violenti scontri con le forze dell’ordine, causando la morte di oltre 300 persone e l’arresto di più di 2.000 manifestanti.
La notte del colpo di Stato è stata particolarmente sanguinosa, con circa 100 vittime in un solo giorno. La situazione è precipitata quando l’esercito, guidato dal generale Waker-Uz-Zaman, ha dichiarato l’intenzione di formare un governo ad interim e di indagare sui decessi durante le proteste. Sheikh Hasina, accusata di governare in modo autocratico, ha lasciato il Paese, rifugiandosi in India.
Poche ore dopo la fuga di Hasina, il Presidente Mohammed Shahabuddin ha ordinato lo scioglimento del parlamento di Dacca e la liberazione di Khaleda Zia, ex Primo Ministro e leader del Partito Nazionalista del Bangladesh (Bangladesh Jatiotabadi Dôl, BJD), considerata come la principale forza di opposizione extraparlamentare, che si attesta su posizioni liberiste e nazionaliste. Zia, che aveva scontato diversi anni di carcere con l’accusa di corruzione, è stata per anni una delle principali avversarie politiche di Hasina, avendo guidato il governo bangladese per due mandati (1991-1996 e 2001-2006).
In un comunicato ufficiale, il Presidente Shahabuddin ha dichiarato: “Abbiamo deciso all’unanimità di liberare immediatamente la presidente del BJP, Begum Khaleda Zia“. La decisione include anche il rilascio di tutti i detenuti arrestati durante le proteste studentesche, interpretato come un segnale di apertura e riconciliazione verso le richieste della popolazione. Mentre alcuni hanno sottolineato come la liberazione di Khaleda Zia potrebbe rappresentare anche un segnale della connivenza esistente tra i militari guidati dal generale Waker-Uz-Zaman e la destra, altri continuano ad affermare che l’esercito resta fortemente legato alla Lega Awami (Lega Popolare Bangladese), il partito di Hasina.
Contestualmente, è stata annunciata la nomina di Muhammad Yunus, premio Nobel per la Pace e pioniere del microcredito, come capo del governo ad interim. Yunus, noto per aver fondato la Grameen Bank e per il suo impegno nella lotta alla povertà, è stato scelto per la sua reputazione internazionale e la sua credibilità. La sua nomina viene dunque incontro alle richieste di una parte della popolazione, che chiedeva a gran voce l’instaurazione di un nuovo governo guidato dal noto economista, probabilmente il cittadino bangladese più noto al mondo.
Secondo la versione ufficiale, Yunus, che negli anni ha spesso criticato l’amministrazione di Hasina, è considerato una figura capace di guidare il Paese verso elezioni libere e trasparenti. In una dichiarazione, Yunus ha espresso il suo impegno a ristabilire la pace e la democrazia nel Paese: “Faccio appello a tutti affinché mantengano la calma e si astengano dalla violenza. Dobbiamo lavorare insieme per costruire un Bangladesh migliore per le future generazioni“. Altri, invece, temono che il suo nome venga utilizzato per legittimare l’instaurazione di un nuovo regime militare, come già accaduto in passato nel Paese.
L’eventuale governo di Yunus, che ancora non ha ufficialmente visto la luce, si troverà a dover gestire una difficile situazione economica, nonostante i recenti miglioramenti degli indicatori macroeconomici. Irene Khan, relatrice speciale delle Nazioni Unite, ha sottolineato la difficoltà del compito che attende il vincitore del Nobel: “Speriamo tutti che la transizione sia pacifica e che ci sia responsabilità per tutte le violazioni dei diritti umani avvenute“, ha affermato la funzionaria. Anche il capo dell’esercito, il generale Waker-Uz-Zaman, ha riconosciuto la complessità della situazione, promettendo giustizia per le vittime delle proteste e chiedendo fiducia nell’esercito.
Come detto, il nuovo governo ad interim dovrà affrontare una serie di sfide economiche e sociali. Il Bangladesh, noto per la sua fiorente industria tessile e per gli investimenti internazionali con annesse violazioni dei diritti umani da parte delle multinazionali straniere, ha subito pesanti perdite economiche a causa delle proteste, che hanno paralizzato alcuni settori. Le principali associazioni industriali hanno stimato danni per miliardi di dollari, con molte fabbriche costrette a chiudere temporaneamente.
Oltre alla leadership di Yunus, anche l’esercito avrà un ruolo cruciale in questa fase di transizione. Il generale Waker-Uz-Zaman ha già annunciato la fine del coprifuoco e la riapertura di scuole, uffici e fabbriche, cercando di riportare una parvenza di normalità nel Paese. Inoltre, ha promesso indagini imparziali sui decessi avvenuti durante le proteste.
Ad oggi, il futuro del Bangladesh resta assai incerto, tra la possibilità che il governo ad interim traghetti il Paese verso nuove elezioni e quella che l’esercito decida di prendere in mano le redini della politica nazionale per un periodo più lungo, utilizzando l’immagine di Yunus come uno specchietto per le allodole. Nel frattempo, la comunità internazionale continua a guardare con attenzione agli sviluppi in Bangladesh. Muhammad Yunus, con la sua reputazione globale, potrebbe facilitare il ristabilimento di relazioni positive con i Paesi vicini e con le potenze mondiali. Tuttavia, la strada verso la stabilità resta lunga e complessa.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog