In risposta all’invasione, i governo russo ha istituito il ‟regime speciale antiterrorismo” nelle oblast’ di Bryansk, Kursk e Belgorod. Ieri notte si era diffusa la voce che lo avesse fatto anche la Bielorussia su tutto il confine con l’Ucraina, lasciando intravedere una unità di intenti che poteva lasciar presagire un allargamento del conflitto, ma oggi la situazione si è chiarita anche se non resta ottimale. Stamattina Lukashenko ha detto che durante la notte droni ucraini diretti in Russia hanno sorvolato il territorio bielorusso e sono stati in parte abbattuti, e in risposta a questa ‟provocazione” è stata intensificata la sorveglianza dei confini, portandovi unità di lanciamissili semoventi, di missili Iskander e ulteriori reparti militari dell’esercito e dei corpi speciali. La situazione si è fatta poi più tesa durante il resto della giornata. Di ‟provocazione” ha parlato anche il Ministro della Difesa Viktor Khrenin, e l’incaricato d’affari ucraino è stato convocato al Ministero degli Esteri dove gli è stato comunicato che la Bielorussia si aspetta che un incidente del genere non si ripeta, e che se lui non è in grado di influenzare le scelte del governo di Kiev a questo riguardo la sua presenza a Minsk è del tutto inutile – che è un modo carino di dire che il governo bielorusso sta valutando l’ipotesi di interrompere i rapporti diplomatici con l’Ucraina.
Per quanto riguarda la Russia, invece, ‟regime speciale antiterrorismo” significa appunto che la minaccia alle regioni russe non è quella di un’invasione militare – e questa è una buona notizia, perché significa che, almeno per ora, la Russia (che, ricordo, formalmente non è in guerra con l’Ucraina) non intende presentare questa violazione dei suoi confini come un atto di guerra nonostante sia stata effettuata dall’esercito regolare ucraino. Quindi niente dichiarazioni di guerra, richieste di aiuto militare agli alleati eccetera, e appunto questo è un bene. Dal punto di vista pratico la nuova sistemazione delle regioni libera le forze ‟antiterrorismo”, quindi anche l’esercito, di tutta una serie di impedimenti burocratici, monitora le conversazioni e la diffusione di materiale, consente alle unità militari di spostarsi dove vogliono, e insomma crea un comando unificato in cui autorità locali, centrali, civili e militari non devono più telefonarsi fino allo spasimo per capire cosa fare. Ora ci penseranno, appunto, i militari, pur non essendo sospese le garanzie costituzionali per i cittadini russi. Ci vorrebbe un giurista per stabilire se quindi per le autorità russe i soldati ucraini, pur facenti parte dell’esercito regolare, vanno trattati secondo le leggi di guerra o quelle delle operazioni antiterrorismo che offrono notoriamente meno garanzie, e se in caso di cattura verranno appunto considerati terroristi e processati come tali. Questi, ad ogni modo, sono dettagli. La cosa importante è che l’intero confine tra Russia e Ucraina, incluse ovviamente le linee del fronte, si trova in qualche forma di regime speciale. La cosa è stata salutata con soddisfazione da tutti quelli che da tempo esortavano il Cremlino a prendere atto della situazione di conflitto abbandonando le ‟illusioni” che non dovesse riguardare la Russia. Per quanto riguarda la stampa, mentre da noi sono partite le linee di conga (ma forse un giorno qualcuno spiegherà perché la nostra stampa si comporta in questo modo) altre testate restano più calme, pur considerando in linea generale positivo lo sviluppo – ad esempio Politico (link 1) e l’Atlantic Council (link 2). Per Politico, ‟l’offensiva di Kiev ha avuto la luce verdina (‟greenish”) dagli alleati”, quindi non proprio verde verde, ma siamo lì. Entrambe le pubblicazioni notano che, con tutta probabilità, più che mirabolanti conquiste di centrali nucleari l’offensiva mira a due obiettivi principali: convincere gli alleati statunitensi ed europei ad allentare i vincoli sull’impiego delle armi su territorio russo, obiettivo che pare ormai raggiunto, e soprattutto convincerli a continuare a mandare soldi e materiale militare mettendo sul tavolo qualche specie di successo. Più che ‟negoziare da posizione di vantaggio”, quindi (vantaggio che ancora non si vede) l’obiettivo è l’opposto, continuare il conflitto con meno vincoli pratici e con la certezza di ricevere nuove sovvenzioni. E sempre in direzione di queste ulteriori richieste all’Occidente vanno, credo, interpretate le parole di Andriy Zagorodniuk, ex Ministro della Difesa ucraino, che ieri ha dichiarato al Financial Times (link 3) che il successo è stato ottenuto grazie alle ‟nuove tattiche delle operazioni combinate” che gli ucraini hanno imparato dagli istruttori occidentali – e se vi ricordate, una delle critiche principali che certa parte dell’establishment occidentale mosse contro l’Ucraina all’indomani del fallimento della controffensiva dell’estate scorsa era proprio che le FFAA ucraine non erano state in grado di apprendere queste tattiche superiori, ed è per questo che non erano riuscite a ricacciare i russi. Ora, dice appunto Zagorodniuk, queste tattiche sono state apprese. Questa, ovviamente, è una ulteriore captatio benevolentiae (anche detta ‟marchetta”) verso la NATO, perché al limite le tattiche usate sono quelle della Wagner a Popasna e a Soledar, e dei loro figliocci a Očeretyne: si trova un buco, ci si infila e si fa ‟sbocciare il fiore”, ossia ci si muove in ogni direzione fino a trovare un altro buco da trasformare in un altro ‟fiore”, e così via. Solo che dietro Popasna, Očeretyne e Soledar c’erano linee difensive, unità in riserva e tutta la logistica ucraina, qui solo villaggi e villaggetti. Infatti, una volta giunte le riserve, i fiori si sono chiusi, ma la situazione resta sempre complicata.
Zagorodniuk però deve fare il suo lavoro, e lo fa; così come lo fanno i tecnici della propaganda ucraina che anche oggi, col nuovo fronte in contrazione (ma non troppo) continuano a diffondere materiale o vecchio fatto passare per nuovo, o dei primi due giorni dell’invasione fatto passare per attuale, o decisamente falso, con risultati variabili. Allego una di queste foto (e non voglio impegnarmi a discutere simbolo e nome dell’unità in questione, che originariamente si chiamava non Nightingale ma Nachtigall, potete controllare sull’internet di che roba si trattava): un soldato in posa davanti a un cartello stradale che segnala Kursk a 10 chilometri. Stupefacente, se non fosse però che Kursk in russo si scrive Курск, e che Курськ invece è la forma ucraina. E infatti quel cartello si trova in Ucraina e i chilometri non sono 10 ma 108, ma tutto questo il NAFO non lo sa, come cantava De Gregori. E non sapendolo è contento, e a quello serve quella foto che in Ucraina, ovviamente, non è stata minimamente considerata. Altre operazioni di propaganda sono il filmato girato da alcuni membri della Legione Georgiana a Poroz, villaggio sostanzialmente disabitato nell’oblast’ di Belgorod, che ha fatto gridare allo ‟sfondamento” anche in quella direzione; ma dopo il filmato i cinque, giustamente, sono andati via. Ad ogni modo, lo spazio mediatico è ormai occupato interamente, e questo è uno degli obiettivi: l’Ucraina vince e Putin è alla frutta, mandiamo altri soldi.

Link 1: https://www.politico.eu/article/berlin-allies-support-ukraines-surprise-offensive-at-least-so-far-kursk-zelenskyy-putin/
Link 2: https://www.atlanticcouncil.org/content-series/fastthinking/how-ukraines-incursion-into-russia-could-change-the-war/
Link 3: https://www.ft.com/content/31413c5f-e364-4f63-b87e-0d552e8cb789

Francesco Dall’Aglio

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