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La Siria, nonostante sia uscita dai riflettori, è ancora il teatro di un conflitto intenso: un attacco delle milizie islamiche dirette dall’Iran ha preso di mira, a Deir ez-Zour, le basi curde dell’SNF, sostenuti dagli Stati Uniti. Gli americani hanno dovuto impegnare in combattimento anche gli elicotteri per proteggere la loro occupazione illegale dell’area petrolifera. Damasco  accusa apertamente Washington di rubare il petrolio siriano.

Riesplode la Siria

La guerra ha recentemente vissuto una recrudescenza nel settore nord-orientale della Siria, un’area strategicamente importante per la sua ricchezza petrolifera.

Questa regione, in particolare la provincia di Deir ez-Zour, è stata teatro di intensi combattimenti tra diverse fazioni armate, con un ruolo cruciale svolto dagli Stati Uniti, che mantengono una presenza militare nell’area attraverso l’operazione “Inherent Resolve” (OIR), ufficialmente per combattere i resti dell’ISIS ma nella realtà per non permettere al Governo siriano di Baššar al-Assad di riacquistare il controllo dei pozzi petroliferi situati sulla sponda orientale dell’Eufrate, lasciandoli nelle mani delle milizie affiliate alle Syrian Democratic Forces (SDF), unione di vari gruppi alleati alle forze della coalizione, soprattutto legate all’etnia curdo-siriana, in modo da poter ottenere facilmente greggio.

Siria, attacco delle milizie islamiche e risposta americana

L’attacco più recente è stato sferrato dalle Forze Tribali Arabe, milizie sostenute dall’Iran, che hanno colpito le basi curde dell’SDF a Deir ez-Zour. Questo attacco ha messo sotto pressione le installazioni militari statunitensi situate vicino ai pozzi petroliferi di al-Omar e Conoco, due dei siti energetici più importanti della regione.

Gli Stati Uniti hanno risposto con l’uso di elicotteri e altre forze aeree per difendere le proprie posizioni.

La presenza militare degli Stati Uniti in Siriaha infiammato le tensioni con le tribù arabe locali e ha fornito a potenze come l’Iran l’opportunità di esercitare una maggiore influenza nella regione.

Interessi geopolitici di Russia e Stati Uniti

Parallelamente, la Russia, alleata di Assad, ha consolidato la propria presenza militare in Siria, gestendo basi strategiche come quella navale di Tartus e l’aeroporto militare di Hmeimim.

Queste installazioni sono cruciali per il controllo della regione e per il supporto alle operazioni militari del governo siriano. La competizione tra Stati Uniti e Russia in Siria rappresenta una delle principali fonti di tensione internazionale, con il rischio che errori di calcolo possano innescare un conflitto più ampio.

Il ruolo di Turchia e Iran

La Turchia di Erdogan ha giocato un ruolo sempre più complesso nel conflitto siriano, sfruttando la debolezza diplomatica degli Stati Uniti per espandere la propria influenza.

Erdogan ha stabilito una zona cuscinetto nel nord della Siria, dove le truppe turche controllano un’area significativa per prevenire l’espansione delle forze curde, viste da Ankara come una minaccia diretta alla sicurezza nazionale turca.

L’Iran, d’altra parte, ha sfruttato le tensioni tra le diverse fazioni per consolidare la propria influenza, coordinando gruppi armati sciiti attraverso le Brigate Al Quds, il braccio armato delle Guardie Rivoluzionarie iraniane. Questi gruppi sono stati fondamentali nel sostenere il regime di Assad e nell’opporsi alla presenza militare americana e alle forze curde.

Damasco accusa Washington: “Ci rubano il eptrolio”

Dopo l’invasione del 2014 lo Stato islamico sfruttò il greggio nelle aree sotto il proprio controllo vendendolo a basso costo. Una volta sconfitti e cacciati i combattenti dell’ISIS, sono subentrate le milizie curde appoggiate dagli USA con la missione “Inherent Resolve”.

Damasco da anni accusa ufficialmente Washington del furto del petrolio: una compagnia petrolifera statunitense, affermano le autorità siriane, ha firmato un accordo con l’autoproclamata autonomia curda nel 2022.

Il Pentagono ha sempre dichiarato che i proventi dell’estrazione del greggio vanno alle unità di combattimento (Sdf) curdo-arabe, alleate degli Stati uniti.

La Siria produceva 380.000 barili di petrolio al giorno prima che scoppiasse la guerra interna nel 2011.

Il ministero siriano del petrolio e delle risorse minerarie riferisce che gli Stati uniti hanno trasferito fuori dalla Siria una media di 66.000 barili di petrolio ogni giorno nella prima metà del 2022, ovvero oltre l’83% della produzione giornaliera del paese. Nello stesso periodo le raffinerie di petrolio nazionali hanno ricevuto solo 14.200 barili al giorno. Tra perdite dirette e indirette, Damasco calcola in 107 miliardi di dollari le risorse sottratte alla Siria dall’Isis e da Washington e i suoi alleati dal 2011.

Le tensioni in questa parte della Siria rischiano di innescare ulteriori conflitti, con conseguenze potenzialmente disastrose per la stabilità dell’intero Medio Oriente.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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