Fausto Anderlini

Abbiamo taciuto sino ad ora ma le vicende agostane di Renzi, nel periodo migliore per godersi i feuilleton giornalistici, le abbiamo seguite, eccome. E qui, ora, è giunto il momento di fare il punto. Ovvero come dare a Renzi quel che è di Renzi.

La parabola di Renzi: u Turn

– Fausto Anderlini e Marcella Mauthe

Con mossa fulminea da par suo Matteo Renzi è rientrato nel ‘campo largo‘, scavalcando a sinistra il povero Calenda e mettendo in seria apprensione larga parte della masnada di Italia Viva. Renzi ‘ratto s’apprende’, come un razzo che curva come un boomerang, avendo capito, dopo il flop delle europee e delle comunali fiorentine, che l’epoca della depolarizzazione, con l’effimero esperimento di un ‘terzo polo‘ neo-centrista autonomo, è finita e che il sistema, dopo gli scossoni nel periodo 2013-2022, ha ripreso una dinamica bipolare.

Nel mentre la riaffermata maggioranza Ursula in Europa, in attesa della riscossa dei Democrat americani, ha messo a mal partito la destra, sbloccando visibili tendenze divaricanti. Sicchè, come abbiamo, già detto, la Meloni ha i mesi contati, avendo esaurito il bonus concessole dall’establishment durante il passaggio di consegne del governo Draghi.

Go Home

Renzi torna dunque a casa. E chi ti ritrova? Un Pd divenuto di nuovo pivot di una alleanza a vasto spettro e garante dello schieramento ‘liberal-democratico’ in formato euro-atlantico.

Il ‘campo largo’ (per ironia del destino prefigurato idealmente da Bersani, ultimo esponente in circolazione della ‘sinistra storica’) è qualcosa di diverso rispetto al centro-sinistra classico.

Questo, perdurato almeno sino al 2008, si imperniava sulla convergenza di una prevalente sinistra di ispirazione socialista post-comunista (il Pds, Ds) e una forza moderata di centro a orientamento democratico (la costola di sinistra della Dc). Mentre il ‘campo largo’ che va prefigurandosi è una alleanza liberal-democratica di tipo nuovo.

Un Pd italico e più vivo che mai.

Il Pd riverginato dall’operazione Schlein è pluralista al suo interno, coalizionale anzichè maggioritario, ma fermamente liberal-democratico e ‘occidentale’. Davvero americano. Come nelle intenzioni veltroniane delle origini, ma con i piedi per terra, senza svolazzi.

Cioè senza l’ecumenismo valoriale arruffone di Veltroni e senza la volontà di onnipotenza del maggioritarismo e del leader carismatico. In questa evoluzione Renzi ha svolto un ruolo decisivo.

È stato il medium che ha fatto precipitare la composizione chimica dei vecchi equilibri e il manovratore che ha fissato i passaggi della road map giunta sino ad oggi, prima come leader del Pd, poi come fuoriuscito incline alla pirateria.

Fatti, non pugnette

Il Pd attuale è assai più la conseguenza dell’hegeliana razionalità cui Renzi ha fatto da detonatore e motore che il risultato di un’azione lineare dell’attuale coalizione dirigente. Da segretario Renzi non ha solo rottamato la sinistra post-comunista ma anche l’escrescenza post-democristiana, col suo mix di bigottismo e modernismo.

Col job act e con gli ottanta euro ha portato alle estreme quella ‘terza via’ blairiana che oi post-comunisti si limitavano a balbettare, mandando alle ortiche lo Jus del lavoro, il ventennio socialdemocratico e neocorporativo basato sulla concertazione sindacale, ma anche il rigorismo autolesionistico pan-europeo di Padoa Schioppa e dei suoi emuli (come l’abatino Letta).

Con la Cirinnà ha liquidato i bigotti della Margherita e ha realizzato l’unica legge di rilievo degli ultimi trentanni in materia di legislazione civile. Ha superato d’un colpo le remore di quelli che non volevano morire socialisti, come la Bindi, ma anche le timorose titubanze dei post-comunisti nell’adesione alla famiglia sopcialista europea.

Ha promosso homines novi neo-nativi del Pd e altri millennial fra i quali anche la Schlein, cui spianò la strada per il seggio europeo a danno della nomenclatura post-comunista emiliana. Cosiccome con Scalfarotto ha tolto i gay in politica (e i brutti rospi sputacchianti in generale, fra i quali lui stesso) da ogni senso di inferiorità.

Fra le donne ha portato in auge la sfrontata ars seduttiva delle bellezze provinciali, come la Boschi, e la romantica cattiveria nell’attaccamento al potere delle vecchie zie tratte dal cafonato, come zi Teresa Bellanova.

Il suo cerchio magico era una banda spavalda tratta dal suburbio e dal contado post-moderno con la quale ha conquistato l’intera zona rossa rompendo un equilibrio compromissorio di lunga data fra apparati post-comunisti e timide consorterie democristiane ad essi subalterne.

Questa provincia scafata, giovane e arrembante, ‘vitalistica’ è stata la cifra antropologica del renzismo. Bonnie & Claid e vecchi merletti. Unico episodio nel quale la sinistra ha saputo tracimare dalla ztl. Un capolavoro nella circolazione delle èlites. Cosi pure si deve all’abilità del rignanese l’elevazione al soglio di Mattarella, dopo l’esecuzione pubblica di Prodi e Marini, e la sua successiva conferma come monarca, per il giubilo del Pd.

È  ancora lui che ha vinto la reticenza e la dabbenaggine di Zingaretti nel convolare al Conte due. Da considerare anche il capolavoro corsaro della detronizzazione di Conte (e in seguito dell’improvvido Zingaretti) aprendo la strada al disegno mattarelliano della draghizzazione di sistema.

Ultima provvidenziale sentenza: la turlupinazione del tacchino dei Parioli e la demolizione, per quanto inintenzionale (ma poi neanche tanto) dello stesso terzo polo. Nel momento in cui la sua parabola è giunta al termine si è fatto fuori da solo obbedendo alla superiore razionalità della storia. Essendo divenuto inutile. Cioè avendo compiuto per intiero il suo cammino.

Abbandonando se stesso in un cinematismo vorticoso e mai domo quel famelico e distruttivo egocentrismo che gli ha permesso di sgominare avversari e concorrenti in serie [del resto già in opera all’epoca delle riforme istituzionali, dove non valsero i saggi consigli sedativi del buon Napolitano, la sua spalla più altolocata].

Code di paglia

Insomma in tanti gli devono riconoscenza e il Pd in primis dovrebbe dargli atto che è a lui se adesso è diventato, sotto l’egida della Schein, quel che è. Perno dell’alleanza liberal-democratica in salsa atlantico-europea.

Partito veltro-renziano puro, però emendato di ogni tratto neo-carismatico e avventuroso, cioè renziano, e ricondotto al savio equilibrio oligarchico e mediatorio di matrice democristiana. Se dentro il Pd in diversi storcono il naso è perchè sono in imbarazzo ad ammettere la verità.

Per gli stessi renziani rimasti in gran numero al suo interno (i Guerini, le Quartapelle, le Picierno…tutti assai peggiori dei fuoriusciti) Renzi è in fondo una eredità ingombrante. Giacchè da rivoluzionari son diventati ‘riformisti’… Ma anche per la ‘sinistra’ del Pd, bersaniani compresi, Renzi deve essere tenuto a distanza nel timore di perdere la foglia di fico dell’antirenzismo (vero malleus maleficarum) che ne definisce l’effimera identità e la pseudo-utilità .

Si agisse secondo giustizia il posto di Renzi, come ha indicato Parisi, non dovrebbe essere quello di un alleato esterno, ma nel Pd dove, non costituendo più un pericolo politico, dovrebbe godere della cittadinanza onoraria. In una sorta di postuma pacificazione con tutti i nemici sgominati a suo tempo, Bersani, Letta, Prodi, persino D’Alema….Un palco d’onore, con tanto di appannaggio, a patto che non rompa più i coglioni ai manovratori.

L’oscillazione della golden share

Del resto che ci sta a fare fuori? Malgrado si vanti del suo 2 % da far valere come ago della bilancia Renzi non ha nessuna freccia in faretra. Da fenomeno politico a tutto azimut egli è diventato un epifenomeno, un cascame inutile di sè stesso.

Il solo valore che detiene appartiene alla sfera del simbolico: una moneta che può avere corso solo nel Pd. Anche per questo non capisco l’ostinazione ostativa di Conte e di tutti i miei più cari compagni. Neanche avessero la tessera del Pd in tasca. Che gl’importa di Renzi. Scurdammece ‘o passato.

Renzi è un gattino di carta, e in tal senso la vendetta riparatrice si è già consumata. La golden share nel campo largo c’è la Conte, a meno non scenda sotto la doppia cifra. Nessuna vittoria di questo mein Kampf del piffero è possibile senza i 5 S. Onde il prezzo della coalizione può essere tirato, e molto. A meno chè non si materializzi l’altra golden share: quella di Forza Italia.

Qualora si stacchi dalla destra e galoppi, essa sì, al centro, dando così vita, col Pd, a un’alleanza Ursula euro-atlantica perfettamente consona. Una golden che vale doppio. In grado di scartare di nuovo il fatuo ritorno del bipolarismo, disponendo alle estreme la destra sovranista e la sinistra critica ‘reale’. Giacché già adesso, almeno in potenza, Pd e Fi sono, insieme, il vero centro del sistema.

Il vero ostacolo sulla strada di Conte non è certo Renzi, ma piuttosto il taianone. Ma poi, vero ostacolo o non piuttosto una liberazione da un mesto ricatto coalizionale ?

Una vera sinistra sociale se non egemone almeno autonoma dalla subordinazione al dispotismo della liberal-democrazia in formato bellico.

Staremo a vedere, se ci sarà il tempo prima che ci arrivi in coppa una bomba atomica, per la gioia dei Mieli, dei Mauro e di tutti i corifei e i sicofanti ‘democratici’ al seguito. I veri ideologi King Kong Stranamore (come dice Duccio Campagnoli) che trainano il nuovo Pd coalizza-tutti liberal-democratico

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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