Enrico Grazzini

Le elezioni europee annunciano l’inizio della fine dell’Unione Europea. La diarchia franco-tedesca è a pezzi, la UE svolta a destra e Bruxelles si subordina alla Nato. La sinistra dovrebbe opporsi a questa Unione e proporre invece una Confederazione Europea di Stati sovrani. Occorre innanzitutto bloccare l’escalation bellica e nucleare in Ucraina e in Europa.

L’Unione Europea è a pezzi. Alle elezioni per il Parlamento europeo hanno partecipato meno della metà degli aventi diritto. Il problema è che i cittadini dell’Europa sanno bene che il loro voto conta molto poco e che l’Unione Europea è sostanzialmente impermeabile alla volontà popolare. La destra tuttavia è avanzata e condizionerà pesantemente il nuovo Parlamento della UE. Apparentemente poco o nulla cambia al vertice. Ursula von der Leyen è stata appena rinominata Presidente della Commissione UE sostenuta dalle stesse forze della precedente coalizione, popolari, socialisti, liberali e verdi, e il suo programma è di sostanziale conservazione e non prevede alcuna vera riforma. La UE continuerà sulla strada dell’austerità e del liberismo, cioè del suicidio economico per asfissia. La disintegrazione nazionalistica diventa dunque sempre più probabile. L’unica vera grande novità è il riarmo europeo (e soprattutto tedesco). Mentre crescono le pulsioni xenofobe e di destra estrema in Francia, Germania, Italia, Austria, Olanda, Belgio e in altri paesi, la UE si avvia allo scontro con la Russia sotto l’ombrello della NATO a guida americana. Non si vede nessun leader europeo in grado di imporre svolte progressiste alla UE. Per l’Unione, intesa come istituzione politica e non solo come integrazione doganale, è molto probabilmente l’inizio della fine. La UE sembra irreversibilmente avviata verso l’impotenza e la disgregazione. La sinistra socialista e comunista è quasi scomparsa in Europa proprio per avere promosso e sostenuto questa UE liberista dei paradisi fiscali, della libertà dei capitali e dello strozzamento dell’intervento pubblico nell’economia. Se vuole fermare la destra, la sinistra progressista dovrebbe finalmente cominciare a opporsi all’Europa fallimentare di Maastricht e a bloccare l’escalation bellicista in Europa. Diventa sempre più urgente realizzare una Europa fondata su basi radicalmente diverse: una Confederazione di Stati democratici e sovrani che hanno una moneta comune (non unica) e cooperano liberamente per obiettivi condivisi, innanzitutto la transizione energetica e la lotta ai cambiamenti climatici. 

L’Unione Europea sta fallendo

Raramente un esperimento economico, politico e sociale così importante e vasto come l’Unione Europea ha finito per tradire tutte le aspettative iniziali. La UE doveva portare la pace tra i popoli, ha portato invece la divisione tra Stati debitori e creditori, e non è riuscita a evitare il conflitto con l’altra metà dell’Europa, la Russia; doveva portare sviluppo, benessere e eguaglianza, ha prodotto crisi economiche profonde, e sottosviluppo rispetto a USA, Cina e i paesi emergenti, e diseguaglianze crescenti tra gli stessi paesi europei; doveva portare partecipazione e democrazia, ha provocato resistenze e proteste e la nascita e la crescita di movimenti e di partiti di estrema destra che si richiamano in una maniera o nell’altra al fascismo. Tra la ingannevole retorica europeista e i fatti si è aperto un abisso.

L’invasione russa dell’Ucraina, l’avanzata delle destre nelle recenti elezioni europee – soprattutto in Francia e in Germania -, l’incerta situazione politica francese e la crisi strategica della Germania segnano una svolta epocale di 180 gradi per l’Unione Europea, ovvero segnano con ogni probabilità l’inizio di un processo di disintegrazione nazionalistica.

Che non si può andare avanti come prima è certificato anche dai più autorevoli europeisti: il presidente francese Emmanuel Macron ha recentemente affermato con cognizione di causa che “l’Europa può morire”; e l’ex capo della Banca Centrale Europea e ex primo ministro italiano Mario Draghi si è già espresso molto chiaramente: ““Le strategie che in passato avevano assicurato la nostra prosperità e sicurezza – affidarsi agli Stati Uniti per la sicurezza, alla Cina per le esportazioni e alla Russia per l’energia – oggi sono diventate insufficienti, incerte o inaccettabili. Questo è un momento critico per l’Europa. Il modello di sviluppo europeo si è dissolto: occorre reinventarsi un modo diverso di crescere differente dal passato, occorre diventare Stato. O l’Europa agisce insieme e diventa un’unione più profonda, un’unione capace di esprimere una politica estera e una politica di difesa, oltre che tutti i tipi di politica economica …oppure temo che l’Unione Europea non sopravvivrà se non come mercato unico”. Ma appare impossibile che i 27 paesi europei, o anche solo i 20 paesi dell’eurozona, diventino come per miracolo una forma di entità statale efficiente e funzionante. Il successo elettorale della destra europea dimostra che è assai più facile che accada il contrario, cioè che nella UE prevalgano divisione, rottura e biechi nazionalismi di destra.

Finora la UE è stata guidata dalla diarchia franco-tedesca: ma oggi questa guida non funziona più. Senza guida e in un mare in tempesta la nave europea è in pericolo e probabilmente si infrangerà sugli scogli delle guerre in Ucraina, in Medio Oriente e nel mondo. A meno che non diventi semplicemente la pallida copia della NATO. Che però finora ha fallito disastrosamente su tutti i fronti: in Iraq, in Afghanistan, in Libia e altrove.

La diarchia franco-tedesca non c’è più

Per analizzare la crisi europea occorre comprendere che essa è innanzitutto una crisi interna e che il nucleo duro dell’Unione Europea si sta sciogliendo. La Francia è un pilastro essenziale della UE e le ultime elezioni parlamentari hanno dimostrato la prevalenza dei movimenti di destra e di sinistra rispetto alla formazione politica del presidente Emmanuel Macron, fervente europeista (ancorché nazionalista). Entrambe le forze francesi, sia la sinistra che la destra, anche se con visioni culturali e politiche diametralmente opposte, sono fortemente critiche verso le politiche e le istituzioni dell’Unione Europea e i vincoli e le storture che queste pongono all’economia e alla politica nazionale. Inoltre, magari per ragioni opposte, sono critiche nei confronti delle politiche europee verso l’Ucraina e verso la NATO. Ma se i nuovi governi d’oltralpe entreranno – come è probabile – in contrasto con i mercati e le istituzioni e le politiche europee, e se l’amministrazione francese non sarà più in grado di pilotare l’Unione Europea insieme alla Germania, anch’essa in declino strategico, allora è prevedibile che anche il sistema europeo prima o poi collassi. L’economia tedesca è ferma; inoltre l’AFD, partito antiUE e antieuro e in parte antiNato, con tendenze apertamente filonaziste, è il secondo partito della Germania davanti a tutti gli attuali partiti di governo. Difficilmente in questa condizioni la Germania continuerà a esercitare la sua leadership in Europa e nella UE.

Per motivi geopolitici e per seguire le politiche espansive della NATO, la UE ha deciso di allargarsi a est, di inglobare l’Ucraina e i paesi balcanici (Albania, Serbia, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Moldavia, Kossovo) e addirittura la Georgia (ex provincia asiatica dell’impero russo che però assurdamente è stata geograficamente “promossa” in Europa). L’eventuale ingresso nella UE dei nuovi paesi è destinato però a ampliare contrasti e a suscitare nuove contraddizioni, anche per la spartizione delle già scarse risorse economiche disponibili nella UE. Le contrapposizioni tra i paesi europei sono destinate a aumentare e i meccanismi decisionali intergovernativi della UE prevedibilmente si incepperanno.

La UE liberista è incapace di trasformarsi in un’economia di guerra

L’obiettivo principale della von der Leyen non è più il Green New Deal, la lotta al cambiamento climatico grazie all’introduzione accelerata delle energie rinnovabili. L’Unione Europea per sopravvivere al suo fallimento vuole riarmarsi, e per questo ha già iniziato a enfatizzare la minaccia, per fortuna ancora del tutto improbabile, di un attacco militare di Vladimir Putin alla NATO e all’Europa. Ma anche questa nuova strategia europea è destinata al fallimento. Questa UE è completamente inadatta a attrezzarsi per la guerra. Il trattato di Maastricht è nato in un contesto di globalizzazione e di Pax Americana che oggi semplicemente non esiste più; la UE ultraliberista è quindi completamente spiazzata nel contesto attuale di competizione multipolare che richiede forme forti di direzione e programmazione statale nell’economia. L’economia di guerra è infatti l’esatto opposto di una economia di mercato. Solo per fare un esempio: nelle economie di guerra le banche centrali sono sottomesse al potere politico e stampano moneta per finanziare la guerra, senza curarsi troppo dell’inflazione. La Banca Centrale Europea è invece completamente indipendente e si muove in senso deflazionistico. Non a caso l’economia europea è ferma e, se va bene, cresce dell’1% all’anno. Il problema è che i debiti crescono più dell’1%.

Nella UE in crisi comanda solo la big finance

La crisi della UE è innanzitutto una crisi politica e strategica. La UE è nata con la velleità di unire i popoli europei attraverso l’unificazione dei mercati; non per caso la moneta unica è nata senza una base fiscale comune europea che la sostenga. Ma si sta dimostrando completamente illusorio avere voluto costruire l’Europa unita senza una decisa volontà politica di garantire risorse condivise per tutti i paesi europei. In realtà l’economia europea è stata costruita su misura degli interessi della big finance. La UE garantisce la più completa libertà di movimento dei capitali. Con Maastricht non sono più gli Stati a regolamentare e controllare la finanza ma è la grande finanza che controlla gli Stati. La grande finanza prospera sui debiti crescenti degli Stati Europei. Le democrazie europee sono ormai quasi totalmente esautorate: le politiche economiche sono programmate dai mercati finanziari, da colossi come Blackrock (fondi gestiti per circa 10 trilioni di dollari) e, in loro vece, da Bruxelles e da Francoforte. Nell’eurozona vige la dittatura dello spread. Questo è il risultato di avere ceduto la sovranità monetaria a una istituzione completamente indipendente dalla politica ( e quindi dalla democrazia) come la BCE! Ma i mercati finanziari non possono garantire lo sviluppo economico perché sono instabili e parassitari. L’economia europea è ferma: e già ora è evidente che il nuovo Fiscal Compact appena deliberato dalla UE è inattuabile. Il Fiscal Compact impone il rientro graduale dai debiti grazie a nuovi programmi di tagli alla spesa pubblica e all’aumento della pressione fiscale, ma è difficilissimo che possa essere attuato. La resistenza dei paesi, a partire dalla Francia e dall’Italia, sarà enorme. E comunque con l’austerità l’economia europea non ripartirà mai.

In un contesto di forte instabilità politica e sociale è prevedibile che i mercati finanziari entreranno in turbolenza, tenderanno a deprimere i titoli dei paesi più indebitati (Francia e Italia compresi), a alzare il costo del debito e in generale a fuggire dall’euro. Diventa allora molto probabile che gli Stati più indebitati, come l’Italia e la stessa Francia, avranno crescenti difficoltà a servire i loro debiti. In questa situazione l’Unione Europea, almeno in questa forma, non potrà andare avanti per molto. Come evolveranno gli avvenimenti e quali saranno i possibili sbocchi è impossibile prevedere: ma è verosimile che questa UE entri in una fase irreversibile di crisi economica e di crisi delle democrazie.

La UE diventa una filiale della Nato?

Per tentare di evitare la disgregazione, l’Unione Europea nata per la pace si sta rapidamente trasformando in una Unione per la guerra sotto il comando NATO. Del resto la storia dimostra che tutti i governanti tendono a giustificare i loro fallimenti chiamando il popolo a seguirli e a allinearsi come soldatini per combattere “la guerra giusta”. E’ giusto difendere l’Ucraina dall’illegittima invasione russa, ma era ancora più giusto evitare di estendere la Nato a est, cioè di mettere in discussione la sicurezza russa. Dopo la caduta del muro di Berlino, l’espansione a est della NATO diretto dagli americani ha trovato una troppo debole opposizione da parte di Francia, Germania e Italia: in realtà l’espansione della Nato non ha portato più sicurezza in Europa ma più insicurezza. Molti autorevoli politici e analisti di spicco, europei e americani, avevano avvertito che l’allargamento avrebbe provocato un conflitto difficilmente gestibile con la Russia. Era poi inevitabile che l’annunciata espansione della Nato in particolare in Ucraina, ai confini diretti con la Russia, avrebbe provocato la reazione russa.

L’invasione di Vladimir Putin è chiaramente illegale e dettata dall’ipernazionalismo del tiranno russo. Ma anche l’occidente ha provocato questa guerra che si poteva evitare. La UE della von der Leyen si è sempre allineata senza alcuna distinzione alla NATO di Biden sull’Ucraina (anche se paradossalmente è possibile che tra qualche mese Trump ribalterà completamente la politica della NATO su Kiev). La UE non ha mai proposto iniziative diplomatiche e di pace sull’Ucraina, anzi ha addirittura incitato gli ucraini a combattere per una impossibile vittoria totale. La “guerra giusta” è sempre una buona causa per mascherare i fallimenti politici.

Il risultato è la distruzione dell’Ucraina e migliaia di morti che potevano essere evitate. Il risultato è l’escalation in tutta Europa: la NATO ha deciso di schierare dei missili a medio raggio in Germania a partire dal 2026. Si tratta di una mossa decisiva verso l’inasprimento dei conflitti, anche perché i missili possono arrivare in pochi minuti in Russia e possono portare testate atomiche. Naturalmente la Russia ha reagito affermando che è pronta a schierare missili altrettanto potenti contro le capitali europee. Povera Europa! Vaso di coccio tra America e Russia!

L’egemonia americana sull’Europa è quali totale

A causa dell’invasione russa dell’Ucraina, l’egemonia americana sull’Europa sta diventando completa sotto ogni profilo: finanziario, militare, tecnologico, energetico, industriale. Per l’Europa però la cessazione dei buoni rapporti anche con Pechino significherebbe la fine di ogni prospettiva di sviluppo. L’Europa dovrebbe invece puntare a politiche di “coesistenza pacifica” e di buon vicinato con la Cina, con i paesi emergenti e, in prospettiva, anche con la Russia. Allinearsi completamente alle strategie americane – come sta attualmente accadendo, comporterebbe approfondire irreversibilmente il declino europeo.

Stretta tra due imperialismi molto aggressivi, quello tirannico e fascistoide di Vladimir Putin e quello “democratico” americano, l’Europa è in decadenza conclamata. L’Europa sta perdendo la sfida competitiva: è indietro nelle nuove tecnologie, è molto indietro nella digitalizzazione e nella ricerca di frontiera, si sta deindustrializzando, la sua produttività è bassa in rapporto ai competitor e l’energia in Europa costa molto di più che in USA e in Asia. Appare ormai evidente che, a meno di una svolta, è iniziata la fase conclusiva di questa Unione Europea che, con le sue politiche liberiste e di austerità, di compressione forzata della domanda, ha portato il vecchio continente al declino economico.

La sinistra si è suicidata promuovendo la UE liberista 

La stessa l’Italia è diventata un protettorato della UE sul piano economico e della NATO sul piano militare. La democrazia è andata a farsi fottere. Anche l’opposizione in questo contesto non ha nessun margine di manovra per introdurre politiche alternative, a meno di non opporsi chiaramente a Maastricht, a questa Unione dell’austerità e dei paradisi fiscali e, naturalmente, alle politiche belliciste della UE.

L’approvazione pressoché incondizionata delle forze socialiste e socialdemocratiche europee a questa Unione liberista è stata la causa di gran lunga principale del loro crollo in Europa dopo la caduta del muro di Berlino e dell’avanzata della destra estrema in Europa. La sinistra europea dopo Tony Blair, Gerhard Schröder, e poi Matteo Renzi e Enrico Letta, è quasi scomparsa in Europa soprattutto a causa del suo cieco europeismo, cioè della sua adesione alle politiche di deregolamentazione del mercato del lavoro, di riduzione del costo del lavoro, di compressione del welfare e di privatizzazione dei servizi pubblici (sanità, istruzione, ricerca, ecc) che la hanno allontanata dalla sua base popolare.

Dopo la caduta del comunismo sovietico, con il trionfo del pensiero unico liberista, le sinistre europee tradizionali, socialiste e comuniste, per rientrare nel gioco politico hanno promosso una politica di aperta collusione con l’establishment di Bruxelles e con la grande finanza: per questo motivo hanno costantemente perso consenso politico in tutta Europa e sono diventate quasi marginali. Al contrario le destre populiste hanno saputo raccogliere e sfruttare le proteste popolari contro l’austerità e le politiche antinazionali di Bruxelles ottenendo ampi e crescenti consensi elettorali.

La sinistra liberale e europeista si è ritirata dal terreno delle battaglie economiche e si è battuta piuttosto per le “libertà civili borghesi”, cioè per i diritti delle minoranze. Il problema è che per difendere i sacrosanti diritti civili delle minoranze la sinistra ha sacrificato i diritti sociali e economici delle maggioranze, dei lavoratori e del ceto medio. Le forze progressiste europee dovrebbero cambiare completamente rotta per riconquistare la fiducia popolare e riuscire a contrastare l’onda crescente della destra.

Abbandonare Maastricht e costruire una Confederazione Europea di Stati sovrani con una moneta comune e non unica

Per contrastare la crisi della democrazia bisognerebbe innanzitutto gettare alle ortiche il trattato di Maastricht e puntare invece alla realizzazione di una Unione Confederale tra Stati democratici pienamente sovrani in grado di cooperare liberamente per obiettivi condivisi. La sinistra dovrebbe finalmente riconoscere che il modello federale americano è improponibile in Europa e che il sogno centralista degli Stati Uniti d’Europa si è dimostrato velleitario, illusorio, irrealizzabile e anche sbagliato. Occorre recuperare le sovranità nazionali (cioè la democrazia) per introdurre nuove forme di partecipazione dal basso, per rivitalizzare la vita democratica e per contrastare efficacemente il nazionalismo xenofobo e fascistoide della destra. L’unità europea può procedere solo all’interno di forme confederali di libera cooperazione tra democrazie nazionali.

Sul piano economico occorre innanzitutto contrastare e limitare fortemente la libertà di movimento dei capitali che drenano immense risorse dai debiti pubblici. Bisognerebbe introdurre una moneta comune europea in sostituzione della moneta unica; abolire i paradisi fiscali europei (Lussemburgo, Olanda, Irlanda, Malta, Cipro) e cominciare a introdurre sistemi di tassazione omogenei e progressivi nei paesi della UE, così da sviluppare fondi comuni per realizzare beni comuni europei; occorre che la BCE finanzi direttamente il Green New Deal e la transizione energetica.

La UE prima di tutto deve negoziare la fine dell’escalation bellicista

La prima fondamentale battaglia per trasformare radicalmente questa Europa dovrebbe essere indirizzata a realizzare una pace di compromesso in Ucraina in modo da garantirne l’indipendenza politica e la neutralità militare: occorre anche lavorare per un accordo sulle basi militari e sulle atomiche in Europa tra gli Stati europei, gli USA e la Russia. I governi europei dovrebbero rafforzare la loro autonomia nella NATO esigendo che questa rimanga un’organizzazione difensiva e regionale, così come è stata originariamente concepita. Gli europei devono respingere il tentativo di trasformare la NATO in un’organizzazione militare offensiva e globale, come vorrebbe l’amministrazione americana in vista dello scontro con la Cina su Taiwan. Il pericolo è che altrimenti l’Europa, resa cieca dalla sua debolezza, venga completamente risucchiata nel conflitto ucraino con il rischio concreto di coinvolgimento diretto in una catastrofica guerra atomica

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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