Foto da stranieriinitalia.it

Ma io un ragazzino di 11 o 12 anni che è a scuola con i nostri figli e i nostri nipoti come lo devo chiamare, immigrato che è nato qui? Come lo chiamo, straniero?’, Pier Luigi Bersani

Ogni anno nascono nel nostro Paese circa 50.000 bambini che non hanno la cittadinanza italiana. Dal 2006 ad oggi sono circa 1,2 milioni.

E sono più di 870 mila gli studenti e studentesse ‘stranieri/e’ che lo scorso anno hanno frequentato le nostre scuole. Bambine e bambini, ragazze e ragazzi che di fatto sono italiani, ma che per la legge non lo sono.

Questi ‘italiani’ possono acquisire la cittadinanza solo con la cosiddetta ‘naturalizzazione’ o come ha detto con ironia il sindaco di Ravenna, Michele De Pasquale, con lo ‘Ius soli differito’. Essi possono richiederla solo al compimento della maggiore età a condizione che abbiano dieci anni di residenza regolare ininterrotta. L’iter è complesso, costoso e richiede molto tempo. Non tutti riescono a completarlo.

Sono vent’anni che si tenta di riformare questa legge.

Le ipotesi sono quattro.

Lo Ius soli prevede l’acquisizione automatica della cittadinanza per il solo fatto di essere nati sul territorio italiano. È il cosiddetto ‘diritto di suolo’ in vigore in tanti Paesi, ma non nel nostro, dove vige il principio del ‘ius sanguinis’ o ‘diritto di sangue’. Secondo questa normativa acquisiscono automaticamente la cittadinanza i figli ovunque essi siano nati che hanno almeno un genitore italiano.

Lo Ius soli temperato consente l’ottenimento della cittadinanza ai minori nati in Italia da genitori stranieri a condizione che almeno uno dei due abbia il permesso di soggiorno e risieda nel nostro Paese da un certo numero di anni.

Lo Ius scholae consente di acquisire la cittadinanza ai minori nati o arrivati nel nostro Paese prima del compimento dei 12 anni di età e che abbiamo frequentato, a seconda della diversa formulazione della legge, almeno 5 anni di scuola o 10 anni o il ciclo completo dell’obbligo.

Lo Ius Culturae è simile allo Ius scholae e lega la cittadinanza all’acquisizione dei riferimenti culturali attraverso la scuola e la partecipazione alla vita sociale. Occorre, cioè, ‘aver frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali conclusi con la promozione’.

La proposta fatta nelle scorse settimane da Forza Italia non è nuova e richiede per i nati in Italia la conclusione dell’intero ciclo di istruzione obbligatoria, cioè dieci anni.

Il disegno di legge sarà presentato a settembre o ad ottobre, ma non è chiaro chi potrà riguardare e come potrà essere riconosciuta la cittadinanza.

Vedremo se sarà una proposta seria o se è solo polemica politica tra i partiti della maggioranza di Governo.

L’obiettivo è quello di racimolare qualche voto o, meglio, quello di non perdere qualche voto, quello di chi da sempre vede gli stranieri, soprattutto se sono di colore, con preoccupazione ed intolleranza.

Di Giovanni Pulvino (REDNEWS)

Insegno Scienze giuridiche ed economiche dal 1993. Dopo tanti anni di supplenze sono passato di ruolo nel novembre del 2015. In quel periodo il portale web di Tiscali dava agli utenti la possibilità di esprimersi tramite le ‘Socialnews’. Ed è cosi che nel luglio del 2012 ho iniziato a scrivere articoli raccontando le vicende dei precari storici della scuola. Per un anno ho collaborato anche con ComUnità del portale Unità.it. Successivamente, per integrare e proseguire quell’esperienza durata oltre 3 anni, ho creato REDNEWS (28 giugno 2015), un ‘blog di cronaca, informazioni e opinioni dal profondo Sud’. Il mio scopo era ed è quello di dare voce a chi è escluso dalla società, in particolare i disoccupati, i precari, i pensionati al minimo. Nello stesso tempo intendo esprimere il punto di vista di chi vive nel Meridione, terra che è regolarmente esclusa oltreché dal benessere economico anche dai circuiti d’informazione nazionali. La linea editoriale del blog può essere riassunta con le parole scritte nel IV secolo a.C. dal poeta e drammaturgo greco Sofocle: ‘L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo’.

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