Con la presa di Karlivka, confermata poche ore fa, le truppe russe hanno preso il controllo dell’intera autostrada E50 da Donetsk a Selidovo, migliorando di molto la logistica del fianco meridionale del saliente in direzione di Pokrovsk e mettendo in sicurezza Memrik, che fino a stamattina era un’appendice esposta da ogni lato a eventuali contrattacchi.
L’avanzata russa in Donbas procede a ritmo serrato e pare addirittura accelerare ogni giorno che passa. Non è un’avanzata travolgente, certo (da Novoselivka Perša, al centro del saliente, a Memrik sono 12 chilometri), ma considerando la difficoltà del teatro operativo e il ritmo solito di avanzata russa, l’accelerazione è evidente. Allo stesso tempo pare che, più che un’avanzata russa, siamo in presenza di una ritirata ucraina, perché molte delle località che negli ultimi giorni sono cadute in mano russa lo hanno fatto quasi senza resistenza, tanto che molti villaggi e cittadine sono sostanzialmente integri, privi dei segni di quella resistenza disperata e feroce che ha portato alla sostanziale distruzione di tanti di quegli insediamenti che abbiamo nominato nei mesi e negli anni precedenti. E questa novità (la ritirata ucraina, più che l’avanzata russa) non può non essere oggetto di riflessioni, anche perché nega il punto principale della propaganda ucraina, ovvero che le ritirate avvengono solo dopo che si sono inflitte perdite colossali agli attaccanti, cosa che ora di certo non sta accadendo (nemmeno prima, ma questo è un altro discorso). Il motivo di questa improvvisa cedevolezza non è chiaro, e in parecchi, tra voenkor e analisti, si stanno facendo la stessa domanda: come mai le truppe ucraine, che fino a poco fa resistevano oltre i limiti del necessario per difendere ogni metro di terra e ogni pezzo di muro, si stanno ritirando praticamente senza combattere da una serie di posizioni di importanza strategica a volte notevole? È verosimile che siano messi così tanto male da non essere in grado di imbastire una difesa, neanche minima? Non sarà che c’è qualcosa sotto, che la cosa fa parte di un piano preordinato, e che le truppe russe si stanno allungando troppo e che il comando ucraino sta per lanciare la fase due della sua operazione (la fase uno, ovviamente, era Kursk)?
I motivi di questa serie di ritirate potrebbero effettivamente essere vari, principalmente tre. Uno: le truppe ucraine nel Donbas sono al collasso (cosa ribadita più volte da parecchie fonti ucraine, sia militari che civili) e a Kiev le autorità politiche e militari sono alla guerra per bande con volontari e ripetuti sabotaggi agli ordini e tentativi di colpire i propri nemici, per cui le storie della mancanza di munizioni e uomini, della scarsa volontà di combattere di alcuni reparti e dell’imperizia, per non dir peggio, di certi comandanti sono vere e sono la causa di queste ritirate senza resistenza. Due: è stata preparata una linea difensiva più a ovest, le truppe si stanno ritirando in quella direzione per accorciare le linee e difendere meglio. Tre: la ritirata è una mossa tattica per fare allungare le linee russe, consentire loro di creare un saliente e poi tagliarlo da nord e da sud (le due frecce blu che ho disegnato al centro del saliente) prima che abbiano il tempo di consolidarlo, intrappolando i reparti russi di punta e facendo collassare l’avanzata. Tutte e tre hanno senso, volendo, e se avessimo accesso a informazioni privilegiate, cosa che non abbiamo, potremmo indicare con chiarezza l’opzione reale mentre dobbiamo invece accontentarci di supposizioni, che sono le seguenti.
Per il punto uno, sì, le truppe ucraine in Donbas non se la passano bene. Quel fronte chiaramente non è prioritario per il comando ucraino, forse la regione è già data per persa e quindi non ha senso perdere anche uomini e mezzi per ritardare l’inevitabile, senza contare che quella zona presenta molte meno strutture difensive della linea Niu-Iork-Avdiivka. Se ci sono anche sabotaggi reciproci tra unità e comandanti ovviamente non ci è dato sapere. Se il punto uno fosse vero potrebbe esserlo anche il punto due: se si decide di ritirarsi lo si fa chiaramente per resistere altrove, solo che non sappiamo in primo luogo quale sia questo ‟altrove”, in secondo luogo se queste linee di difesa arretrate sono pronte o in via di approntamento – certo non saranno Avdiivka né Ugledar, ma anche i russi è poco probabile che decidano di lanciarsi a correre nella steppa fino a Dnipro e Poltava (che tra l’altro non rientrano nei territori ucraini che la Russia considera parte della Federazione), quindi anche una linea di difesa non troppo strutturata potrebbe funzionare da efficace dissuasore. Veniamo al punto tre, che è quello che maggiormente preoccupa i russi, per ovvi motivi. Certo è un’ipotesi possibile: farli allungare verso ovest in direzione di Pokrovsk, con l’intera logistica affidata soltanto a due strade (Avdiivka-Očeretino-Hrodivka e appunto la E50) non molto lontane dal fronte e quindi raggiungibili abbastanza facilmente, tagliare il saliente o minacciare di farlo e obbligare i russi o alla ritirata precipitosa o all’accerchiamento.
Le truppe per provare questa operazione tecnicamente ci sono, anche se non c’è evidenza di grossi concentramenti a nord o a sud del saliente, ma ci sono anche dei problemi che le FFAA ucraine non hanno avuto per l’operazione di Kursk. In primo luogo abbiamo visto che il comando russo dà priorità al Donbas, sia come materiali che come uomini, e in caso di operazioni ucraine che minacciassero quel settore i rinforzi arriverebbero di sicuro. La struttura del territorio è molto diversa, con una gran quantità di villaggi in cui, a differenza di quelli dell’oblast’ di Kursk, ci sono molte costruzioni in cemento armato ed edifici a più piani facilmente trasformabili in capisaldi, e riprenderli uno per uno sarebbe costoso, soprattutto se, come al solito, non hai praticamente aviazione e la tua artiglieria è una frazione di quella russa (certo ci sono i droni, ma i droni non vincono da soli le battaglie, specie quelle urbane). In ultimo, ma come si sul dire non per ultimo, alle spalle del saliente ci sono Donetsk e Horlivka, non Sumy, con tutte le conseguenze positive (per i russi) che la cosa comporta.
Nonostante questo, però, l’operazione è, almeno dal punto di vista teorico, fattibile (e meno mirabolante dell’invasione di Kursk): o almeno, è possibile iniziarla e vedere cosa succede, e se si riesce a ottenere qualche successo, qualche sbandamento, qualche infiltrazione su cui costruire un’avanzata seria. Come al solito sarà il tempo a dirci se queste sono ipotesi praticabili, ma non è detto che a storia del saliente di Pokrovsk sia già scritta.

Francesco Dall’Aglio

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