Lo scopo della visita di Putin in Mongolia, ovviamente, è dare nuovo impulso alle relazioni economiche tra i due paesi, tra centrali nucleari e negoziati per il secondo braccio del gasdotto “Forza della Siberia” che proprio per la Mongolia dovrebbe passare, e sul quale persiste ancora qualche disaccordo tra russi e cinesi. Formalmente, però, Putin è andato a Ulan Bator per le celebrazioni dell’85° anniversario della battaglia di Khalkhin Gol, ovvero del fiume Khalkhin, una serie di scontri tra l’esercito imperiale giapponese e l’Armata Rossa che ebbero luogo tra maggio e settembre 1939, soprattutto dal 15 agosto in poi. La Mongolia, all’epoca satellite sovietico sotto il nome di Repubblica Popolare Mongola, era uno degli obiettivi del cosiddetto Hokushin-ron, la “teoria dell’avanzata a nord”, secondo la quale il Giappone, muovendo dalla Manciuria occupata, doveva espandersi in direzione della Siberia centrale (il Giappone, non ce lo dimentichiamo, aveva partecipato con grande entusiasmo alla coalizione internazionale a sostegno dei controrivoluzionari durante la guerra civile, sperando non tanto di far fuori i bolscevichi ma di occupare buona parte della Siberia). A Khalkin Gol, però, si fermarono, subendo una sonora sconfitta ad opera dei reparti blindati sovietici, ottimamente assistiti dall’aviazione, comandati da un giovane generale che farà una discreta carriera, Georgij Konstantinovič Žukov, il cui monumento Putin e il presidente della Mongolia Ukhnaagiin Khürelsükh hanno omaggiato insieme (foto).
Le conseguenze di Khalkhin Gol furono estremamente serie per il Giappone, che non solo abbandonò definitivamente l’Hokushin-ron sostituendolo con il Nanshin-ron, la “teoria dell’avanzata a sud” nel sud-est asiatico e nel Pacifico, ma decise di non intervenire più un un conflitto militare contro l’URSS, restando neutrale anche dopo l’invasione nazista del paese. Khalkhin Gol è una battaglia estremamente importante nella storia militare, che però in Occidente resta quasi del tutto sconosciuta: probabilmente perché contrasta con il mito secondo il quale l’unica tattica che l’Armata Rossa abbia mai adoperato era l’assalto frontale. Mito che, come sappiamo bene, non solo perdura ma è stato trasferito all’esercito russo.

Francesco Dall’Aglio

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