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L’azzardo di Emmanuel Macron, che ha deciso di nominare Michel Barnier come primo ministro senza tenere conto dei risultati elettorali, rappresenta un caso emblematico di disprezzo per il processo democratico e apre una crisi politica di ampie proporzioni in Francia.

Macron ha preso questa decisione dopo aver rifiutato di affidare il governo al Nuovo Fronte Popolare di sinistra, nonostante fosse il vincitore delle elezioni e abbia eletto quasi 200 parlamentari. Al contrario, ha scelto di puntare su Barnier, un esponente di destra il cui gruppo politico conta solo 39 parlamentari, un segnale chiaro del distacco dalla volontà popolare espressa nelle urne.

Macron e la nomina di Barnier

Michel Barnier, vecchio esponente della tecnocrazia europea, è noto per la sua lunga carriera politica legata alle politiche di austerità della UE e per il suo passato come consigliere dell’ex presidente Nicolas Sarkozy.

Il suo ritorno sulla scena politica francese come premier, voluto da Macron, è stato percepito come una mossa non solo sorprendente, ma anche profondamente controversa. Invece di dare voce al desiderio di cambiamento che emergeva dalle elezioni, Macron ha scelto una figura vicina al conservatorismo più tecnocratico e impopolare.

Questa decisione inevitabilmente ha riacceso le tensioni politiche nel paese e già si annunciano manifestazioni e proteste popolari.

La Francia ha visto in questa nomina una rottura del patto democratico. L’elezione dei parlamentari di Macron era stata possibile grazie alla desistenza della sinistra, che si era unita per contrastare l’ascesa del neofascismo rappresentato da Marine Le Pen.

Tuttavia, subito dopo le elezioni, Macron ha voltato le spalle a questo patto non scritto, cercando invece l’appoggio della destra conservatrice.

La mossa di nominare Barnier è stata letta come un tentativo di assicurarsi il sostegno di forze politiche più vicine al conservatorismo e al reazionarismo, una scelta che ha alimentato ulteriormente il malcontento popolare nei confronti del presidente.

Il ruolo di Barnier e il “golpe bianco”

Il presidente Macron ha cercato in Barnier un alleato per formare un governo che, nonostante non abbia una maggioranza parlamentare, potrebbe restare in carica per almeno un anno grazie alla costituzione francese, che vieta elezioni politiche fino alla prossima estate.

Questo ha portato molti osservatori a parlare di un “golpe bianco”, un tentativo di mantenere il controllo del potere senza rispettare il volere degli elettori.

Mélenchon, leader della sinistra radicale, ha paragonato la situazione ai veti imposti dal re Luigi XVI nel 1790, un’epoca in cui la monarchia cercava di resistere alla crescente influenza del parlamento francese.

La nomina di Barnier segna, per molti, un momento di svolta verso una politica più autoritaria e tecnocratica in Francia. Le proteste programmate per il 7 settembre annunciano una stagione di forti tensioni sociali, con la popolazione che scenderà in piazza per manifestare contro un presidente percepito come distante e insensibile alle richieste di cambiamento.

Liberalismo, destra e convergenze pericolose

La mossa di Macron non ha solo conseguenze interne, ma riflette anche un più ampio spostamento politico in Europa. Il liberalismo europeo, di cui il presidente francese è uno dei principali rappresentanti, sembra sempre più vicino a posizioni autoritarie e conservatrici.

La crisi politica in Francia si inserisce in un contesto internazionale caratterizzato dalla guerra in Ucraina, dalle tensioni sull’immigrazione e dal sostegno a Israele nel conflitto con Gaza.

In questo quadro, la distinzione tra liberalismo e neofascismo sembra farsi sempre più sottile. In Europa, la guerra contro la Russia ha creato una nuova dicotomia: chi si oppone alla Russia è visto come un difensore della democrazia, indipendentemente dalle sue posizioni interne, mentre chi non si allinea a questa linea è etichettato come una minaccia.

Questo fenomeno ha portato a un avvicinamento tra forze politiche liberali, conservatrici e persino neofasciste in diversi paesi europei, con un comune denominatore: il sostegno a politiche di austerità economica, respingimento dei migranti e interventismo militare

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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