Mentre l’escalation stragista di Israele aumenta sempre più in estensione e ferocia, con il nord di Gaza sottoposto a ogni possibile devastazione per procedere alla colonizzazione, Netanyahu prosegue la sua personale battaglia politica manipolatoria per mantenere il potere.
Benjamin Netanyahu, doppiogiochismo e manipolazione
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è un personaggio che si distingue per la sua capacità di mutare posizioni politiche a seconda delle circostanze, adattandosi a ciò che ritiene più vantaggioso per il suo potere. Un esempio emblematico di questo comportamento è la questione del “Corridoio di Filadelfia“, una striscia di terra lungo il confine tra il sud della Striscia di Gaza e l’Egitto, che Netanyahu ha recentemente elevato a “priorità strategica” per la sicurezza nazionale di Israele.
Il corridoio di Filadelfia, priorità improvvisa?
Nel settembre scorso, Netanyahu ha mostrato su una mappa la posizione del Corridoio di Filadelfia, sottolineando l’importanza di mantenere il controllo su quest’area. Tuttavia, solo pochi mesi prima, questo tratto di confine non era considerato prioritario dal suo governo, e l’esercito israeliano lo aveva occupato solo a maggio 2023, sei mesi dopo l’inizio delle operazioni militari nella Striscia di Gaza.
Nonostante le sue dichiarazioni pubbliche che descrivono il controllo del corridoio come un “imperativo strategico”, i negoziatori israeliani impegnati nelle trattative per un cessate il fuoco hanno affermato che Israele sarebbe disposto a ritirarsi dal confine in una fase avanzata del piano di pace. Questo contrasta direttamente con le parole di Netanyahu, evidenziando una dissonanza tra le sue dichiarazioni pubbliche e le reali intenzioni del suo governo.
Questo non è un caso isolato. Negli ultimi mesi, Netanyahu ha più volte cambiato posizione su diverse questioni, alimentando confusione sia all’interno del suo governo sia tra i mediatori internazionali impegnati nei colloqui di pace.
Spesso, ciò che afferma pubblicamente risulta essere in contraddizione con quanto comunicato in privato. Secondo Dahlia Scheindlin, consulente per le campagne elettorali, Netanyahu ha fatto largo uso di tattiche simili per bloccare i progressi verso una soluzione del conflitto israelo-palestinese. Tuttavia, la situazione attuale rappresenta un “esempio estremo” di questa strategia ambigua e contraddittoria.
Un governo che si nutre di caos
Una possibile spiegazione di questa apparente incoerenza è la dipendenza politica di Netanyahu dagli estremisti ultranazionalisti. Il suo governo è sostenuto da partiti come quelli guidati da Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, che hanno minacciato di ritirare il loro appoggio se Netanyahu accettasse un cessate il fuoco, anche in cambio del rilascio graduale degli ostaggi israeliani. Senza il sostegno di questi partiti, Netanyahu perderebbe la maggioranza in parlamento, e quindi il potere.
Questo equilibrio precario è ulteriormente complicato dalle accuse di corruzione che pendono sul capo di Netanyahu. Incarcerarlo significherebbe metter fine alla sua carriera politica, e prolungare il conflitto potrebbe garantirgli il tempo necessario per ritardare o bloccare il processo in corso. La scorsa estate, il primo ministro ha cercato di rinviare la sua testimonianza in tribunale, ma la richiesta è stata respinta. L’opposizione, guidata da Yair Lapid, accusa Netanyahu di prolungare volutamente il conflitto per salvare se stesso dal carcere.
Nonostante le dichiarazioni di Netanyahu sull’importanza strategica del Corridoio di Filadelfia, in passato le sue posizioni su questo tema erano molto diverse. Tra il 2004 e il 2005, quando era ministro delle Finanze nel governo di Ariel Sharon, votò due volte per cedere il controllo del corridoio.
Solo in seguito dichiarò di aver cambiato idea. Durante i suoi numerosi anni alla guida del paese, la questione del corridoio non era mai stata una priorità per Netanyahu, fino a quando non è diventata uno strumento utile per mantenere l’appoggio degli estremisti del suo governo.
Gli stessi comandanti militari israeliani, come riportato da varie fonti, non considerano il controllo del corridoio così cruciale dal punto di vista della sicurezza. La maggior parte di loro ritiene che, in caso di necessità, l’esercito israeliano potrebbe facilmente rioccuparlo. Ciò evidenzia ulteriormente come l’importanza attribuita al corridoio sia più legata a giochi politici che a reali esigenze strategiche.