Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan il 7 settembre scorso ha dichiarato che i Paesi islamici dovrebbero unirsi in un’alleanza contro quella che ha definito «la crescente minaccia dell’espansionismo» da parte di Israele: «L’unico passo che fermerà l’arroganza israeliana, il banditismo israeliano e il terrorismo di Stato israeliano è l’alleanza dei paesi islamici», ha affermato Erdogan durante un evento dell’associazione delle scuole islamiche nei pressi di Istanbul. Le sue dichiarazioni arrivano in seguito all’uccisione di una donna turco-americana di 26 anni che stava partecipando a una manifestazione pacifica venerdì scorso contro l’espansione degli insediamenti nella Cisgiordania occupata da Israele. Secondo funzionari turchi e palestinesi, la ragazza sarebbe stata uccisa dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF). Proprio per formare una coalizione di Paesi islamici in funzione antisraeliana, il presidente turco ha deciso di riallacciare i rapporti con nazioni come Egitto e Siria, con le quali Ankara aveva da tempo congelato le relazioni diplomatiche. Non è un caso, dunque, che Erdogan la scorsa settimana abbia accolto nella capitale turca il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, in quella che è stata la prima visita di un capo egiziano da 12 anni a questa parte. Allo stesso modo, il numero uno di Ankara ha reso noto che avrebbe invitato il presidente siriano Bashar al-Assad «in qualsiasi momento» per intavolare colloqui volti a ripristinare le relazioni tra i due Stati confinanti, interrotti nel 2011 dopo lo scoppio della guerra civile siriana. Erdogan ha affermato che questi passi orientati a ripristinare i rapporti con Siria ed Egitto mirano a «formare una linea di solidarietà contro la crescente minaccia dell’espansionismo», che, a suo dire, minaccia anche Libano e Siria.

Le dichiarazioni di Erdogan hanno suscitato la reazione seccata del ministro degli Esteri israeliano Israel Katz che ha definito in una nota «una pericolosa menzogna e un’istigazione» le affermazioni sull’espansionismo di Israele, aggiungendo che il presidente turco collaborerebbe da anni con l’Iran per indebolire i regimi arabi moderati della regione. L’ufficio del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, invece, non ha rilasciato commenti sull’uccisione dell’attivista turco-americana, Aysenur Ezgi Eygi. Da parte sua, l’esercito israeliano ha affermando che stava esaminando i resoconti dell’incidente secondo cui una cittadina straniera “è stata uccisa a seguito di colpi di arma da fuoco sparati nella zona. I dettagli dell’incidente e le circostanze in cui è stata colpita sono in fase di revisione”. L’uccisione della ventiseienne turco-americana avviene in un momento in cui l’esercito israeliano, nel silenzio generale dei media internazionali, sta aumentando le violenze e gli attacchi in Cisgiordania che sembra intenzionato a trasformare nella prossima Gaza. Negli ultimi dieci giorni, l’esercito dello Stato ebraico ha assediato la città di Jenin, dove le infrastrutture cittadine sono state rase al suolo e gli abitanti sono stati lasciati senza cibo né acqua. Nel mentre, l’esercito israeliano ha esteso la propria campagna di assedio totale anche in altre località del territorio palestinese. L’incursione a Jenin sarebbe terminata venerdì scorso secondo fonti palestinesi, provocando almeno 21 morti e oltre 130 feriti, come riferito dall’agenzia di stampa dell’Autorità Palestinese Wafa.

Oltre alla recente esternazione sull’espansionismo di Israele e la necessità di un’alleanza degli Stati islamici, il presidente turco si era già distinto negli scorsi mesi per le prese di posizione contro lo Stato ebraico e la difesa del popolo palestinese: il 2 maggio scorso aveva sospeso le relazioni commerciali con Tel Aviv e il ministro degli Esteri israeliano lo aveva accusato di avere violato gli accordi tra Israele e Turchia. Il commercio turco-israeliano rappresenta un volume di affare di circa 9,5 miliardi di dollari. “La Turchia applicherà queste misure in modo rigoroso fino a quando il governo israeliano non garantirà il pieno accesso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza”, aveva scritto in un comunicato il ministero del commercio turco. Erdogan non ha poi esitato a definire più volte Israele uno «Stato terrorista» e ad affermare che Ankara avrebbe potuto invadere lo Stato ebraico «per fermare il genocidio». Quest’ultima sembrerebbe essere stata una dichiarazione volta più che altro a cercare e ottenere il consenso della popolazione turca. Non pochi osservatori, infatti, sono scettici sulle affermazioni fortemente critiche di Erdogan circa le azioni di Israele e anche rispetto alla presunta interruzione delle relazioni commerciali con Tel Aviv che non sarebbero state completamente bloccate. Allo stesso tempo, il “sultano” continua a prendere di mira i curdi con attacchi contro il Rojava e il Kurdistan iracheno, mettendo, dunque, in atto azioni di “pulizia etnica” per certi versi simili a quelle dello Stato ebraico. Tuttavia, il recente avvicinamento della Turchia ai BRICS e la ripresa dei rapporti con Paesi come Egitto e Siria potrebbero indicare una volontà concreta della Turchia di formare una coalizione antisraeliana per fermare il massacro di Gaza.

[di Giorgia Audiello]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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