di Ezio Locatelli*

Quello che si preannuncia in Valsusa è un autunno caldo e di lotta. Dai primi di ottobre dovrebbero entrare nel vivo le procedure di espropriazione e di sgombero dei terreni che centinaia di aderenti al Movimento No Tav hanno comprato per cercare di rallentare o interdire lo scempio del territorio conseguentemente ai lavori di realizzazione dell’Alta Velocità in alta valle. Lavori di scavo, movimenti terra, cementificazione, devastazione ambientale che vengono portati avanti a prescindere nel completo disinteresse e disprezzo per le pesanti ricadute ambientali, lo sperpero di denaro pubblico.

Tra i tantissimi studi che contestano l’utilità dell’opera, costi decisamente superiori ai benefici, assenza di una domanda di traffico corrispondente, vale la pena ricordare due rapporti ufficiali. Il primo è quello del 2018 dell’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri che parla di numeri e previsioni sbagliati. Il secondo è quello del 2023 del Conseil d’orientation des infrastructures, l’organo francese che valuta le opere pubbliche. In questo secondo caso si consiglia di puntare sull’ammodernamento della linea esistente Digione-Modane piuttosto che sulla realizzazione della linea di Alta Velocità Torino Lione dato la manifesta insensatezza dell’opera. Rapporti vergognosamente ignorati in sede governativa.

Soltanto logiche speculative, affaristiche possono ancora giustificare la realizzazione di un’opera faraonica, inutile che tra le altre distruzioni comporta lo scavo di un tunnel di 57,5 chilometri sotto il Moncenisio. Un tunnel a doppia canna che quindi comporta complessivamente l’escavazione di 115 chilometri di montagna. Logiche insensate, dissipative che hanno trovato da sempre sponda in tutte le consorterie politiche di destra e di centrosinistra. Consorterie al servizio dell’affarismo più bieco che non hanno trovato di meglio che fare la guerra al movimento No tav e alle comunità locali a suon di denuncie, fogli di via, arresti, repressione, militarizzazione del territorio. Una guerra al dissenso in piena regola che non ha impedito che la Valsusa diventasse in decenni di lotta un laboratorio di protagonismo sociale, di cultura, di movimento di massa. Anzi, l’opposizione al Tav in tutti questi anni è diventata un punto di riferimento su scala nazionale per i movimenti di contestazione di uno sviluppo orientato al profitto che sta divorando ambiente, diritti, democrazia, senso di comunità.

Di fatto ad oggi, al di là delle scempiaggini e distruzioni varie, non è stato scavato ancora un centimetro del tunnel ferroviario. Gli unici scavi sono quelli cosiddetti geognostici o propedeutici a dimostrazione di lavori che vanno al rallentatore, si prolungano, in maniera tale da estorcere la maggiore quantità di denaro pubblico. Questo saccheggio va fermato, non certo per luddismo, contrarietà al progresso. Lo scempio va fermato in opposizione allo spreco scandaloso e inaccettabile di risorse, in difesa dell’ambiente, della salute delle persone, della possibilità di uno sviluppo qualitativo di un territorio. Ci sarà ancora molto da resistere, da lottare ma la consapevolezza diffusa di poter vincere sospinge in avanti un movimento che già nelle prossime settimane avrà modo di rinnovare il suo impegno oppositivo ad una delle opere più stupide e assurde che siano state mai concepite. Un movimento cui prendere parte appieno perché parla del futuro da costruire, della necessità di un’alternativa di società, del bisogno per questo, ovunque, di una grande ventata di conflitti e opposizione.

                                            *segretario del Circolo di Bussoleno,

                                                             segreteria nazionale Prc-Se

Tratto da “Lavoro e Salute”, settembre 2024

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