Alla fine anche la Regione Veneto, guidata dal leghista Luca Zaia, ha ammesso che non è una buona idea costruire la Diga del Vanoi, contestata infrastruttura ai confini con la Provincia autonoma di Trento. «Non ci possiamo permettere un secondo Vajont e finché non è risolto anche il più piccolo dettaglio che potrebbe creare allarme e preoccupazione, la nostra posizione è di chiusura», ha infatti dichiarato Zaia alla stampa al termine della riunione di giunta di martedì scorso. Si tratta di una marcia indietro improvvisa e totale, che segue mesi di proteste popolari – intensificatesi nelle ultime settimane con varie assemblee pubbliche sul territorio – e la minaccia di un contenzioso legale avanzata dalla Provincia autonoma di Trento. La Regione Veneto aveva inserito la diga nell’elenco delle opere urgenti e indifferibili, chiedendo al ministero delle infrastrutture 150 milioni di euro per la sua realizzazione.

Per come l’opera era concepita, il suo invaso artificiale sarebbe finito quasi tutto in Trentino, che si è sempre detto fortemente contrario alla costruzione della diga. La giunta regionale della provincia autonoma di Trento – guidata dal compagno di partito di Zaia, Maurizio Fugatti –, l’ha bocciata all’unanimità. Recentemente, insieme all’Assessore all’ambiente e alla difesa idrogeologica, lo stesso Fugatti ha dichiarato illegittima la progettualità dell’opera e l’avvio delle procedure per il relativo dibattito pubblico con i territori interessati. A spingere per la realizzazione della diga è invece sempre stata la Regione Veneto, che aveva scelto di inserirla tra le opere strategiche in termini di difesa idraulica e contrasto alla siccità all’interno del Piano regionale di ripresa e resilienza. Nell’agosto 2022, il Consiglio regionale veneto aveva approvato una mozione del leghista Giuseppe Pan che impegnava la giunta a farsi portavoce della realizzazione dell’opera. Sebbene il presidente Zaia avesse sempre pubblicamente affermato che la parola finale sulla questione sarebbe stata quella dei tecnici, nel maggio dell’anno scorso, inviò al Ministero delle Infrastrutture un piano per affrontare la siccità con opere urgenti per 400 milioni di euro, tra cui figurava, al primo posto, la costruzione della diga sul Vanoi. Nello specifico, dopo aver stanziato quasi un milione di euro per il progetto definitivo, la Regione Veneto aveva chiesto al dicastero 150 milioni per la costruzione della diga.

Nonostante la Provincia autonoma di Trento avesse lamentato il mancato coinvolgimento nelle operazioni che hanno portato all’affidamento dell’opera, evidenziando che, secondo la Carta di sintesi della pericolosità di Trento, l’area coinvolta è classificata con il massimo grado di rischio idrogeologico, Zaia aveva ottenuto l’appoggio del governo: il Ministero dell’Agricoltura aveva già provveduto a stanziare 912mila euro. I comitati cittadini di entrambe le regioni, però, avevano unito le forze nella battaglia contro l’opera, producendo con l’aiuto di studiosi e professionisti una serie di dossier che hanno fatto luce sulle sue evidenti criticità. E ora, dopo la piroetta di Zaia, che sembra costituire la pietra tombale sul progetto, possono cantare vittoria.

Del progetto della diga del Vanoi si parla da almeno sessant’anni. I primi lavori vennero bloccati all’indomani del 9 ottobre 1963, anche e soprattutto come conseguenza della grande protesta popolare scaturita dopo il Vajont e sfociata in una manifestazione di piazza l’11 novembre 1963. Negli ultimi anni, sotto la spinta dei fondi del PNRR, il progetto è poi tornato alla ribalta. La sua ultima versione prevede uno sbarramento alto oltre 115 metri che bloccherebbe lo scorrere del Vanoi, originando un invaso di oltre 33 metri cubi che, di conseguenza, decreterebbe la fine della val Cortèlla. Senza contare che, per trasportare il cemento necessario alla realizzazione della struttura, nella valle dovrebbero passare 20 mila betoniere, per le quali sarebbe necessario realizzare una nuova viabilità e aree di sosta che, a loro volta, produrrebbero alterazioni territoriali importanti. Secondo le realtà in prima linea contro la realizzazione dell’opera, i problemi che l’opera si porterebbe dietro sono numerosi. Essa si collocherebbe infatti in un’area ad alto rischio idrogeologico, con evidentissimi rischi di cedimento dei versanti, producendo un considerevole impatto sull’ambiente.

[di Stefano Baudino]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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