Volere la luna

L’amministrazione comunale di Valdieri, in provincia di Cuneo, ha deciso di concedere la cittadinanza onoraria all’ultimo rampollo della dinastia dei Savoia, Emanuele Filiberto. La cerimonia di conferimento è fissata domenica 22 settembre in municipio. C’è da non crederci! La decisione è scandalosa per molte ragioni. Due su tutte.

La prima ragione è di carattere generale. La cittadinanza onoraria non è formalmente prevista nel nostro ordinamento ma è utilizzata dai Comuni come riconoscimento e omaggio a persone autorevoli che hanno avuto, in modo diretto o indiretto, un legame con la città o con i valori in cui la stessa si identifica. Il presupposto immancabile, in ogni caso, è un particolare spicco, una particolare eccellenza della persona insignita della cittadinanza nel suo campo. Ora è davvero arduo ipotizzare meriti particolari in capo ad Emanuele Filiberto di Savoia o alla sua famiglia, sulla quale è inscritto, al contrario, il marchio indelebile di avere favorito l’avvento del fascismo e di averlo sostenuto fino all’alleanza con il nazismo e all’ingresso in guerra. Un marchio tale da indurre i Costituenti ad introdurre nella nostra Carta fondamentale quella XIII disposizione transitoria e finale – unica in tutto il nostro sistemo normativo – in forza della quale «i membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici né cariche elettive. / Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale»: disposizione non toccata nella sua essenza e nel suo significato dalla legge costituzionale n. 1 del 233 ottobre 2002 che si è limitata a dichiararne esauriti gli effetti, in considerazione del decorso del tempo. Evidentemente i valori a cui si ispira l’amministrazione comunale di Valdieri sono agli antipodi di quelli della Costituzione!

Altrettanto e forse ancor più importante è la seconda ragione di scandalo, che affonda le radici nella storia di Valdieri e della Valle Gesso, come ricorda in un comunicato il locale Comitato Vivere la Costituzione. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 – il 12 settembre – i primi 12 partigiani della nascente banda Italia Libera salirono a Madonna del Colletto di Valdieri. Poi, il 19 settembre, proprio nella stessa notte in cui Boves bruciava sotto l’assedio del comandante Piper, si spostarono tra le baite abbandonate di Paraloup, in Valle Stura. Chi erano quei dodici? Da dove provenivano? Tre – un quarto della banda – erano avvocati: i due “capi”, Duccio Galimberti, quello con la storia politica più lunga alle spalle (era del 1906, aveva 37 anni, un decano!), e Livio Bianco, giovane e promettente civilista di Torino con profonde radici familiari in Valle Gesso, oltre a Dino Giacosa, classe 1916, un’ottima preparazione forense a alle spalle già una condanna al confino, scontata a Ventotene insieme a Sandro Pertini, Umberto Terracini, Ernesto Rossi, Altiero Spinelli… Poi c’era un tipografo, Arturo Felici, anch’egli non più giovane, vicino alla quarantina; un professore, Leonardo Ferrero, ventottenne; un maestro di musica, Ugo Rapisarda; un artigiano, Dado Soria; un commerciante, Leo Scamuzzi; due giovani ebrei, i fratelli Enzo e Riccardo Cavaglion, e due studenti, Leandro Spirolazzi e Ildo Vivanti, entrambi non ancora ventenni. Strano gruppo di improbabili guerrieri… Mentre questi primi 12 partigiani, ai quali si uniranno moltissimi altri giovani nei mesi successivi, si apprestavano a salire in montagna per riscattare il Paese dalla vergogna fascista, l’ultimo sovrano, Vittorio Emanuele III di Savoiagià complice della dittatura e della politica criminale del fascismo, abbandonava il suo esercito e il suo popolo fuggendo a Brindisi. Il lascito di casa Savoia è ben presente ancora oggi nelle valli del cuneese: il lutto di tante famiglie che videro partire per la Russia e non più tornare i propri figli alpini, il massacro di Cefalonia, i 600.000 soldati italiani internati nel campo di lavoro tedeschi senza riconoscimento dello status di prigionieri di guerra. Per questo la concessione della cittadinanza onoraria all’ultimo discendente della famiglia è, anche, un insulto alla memoria.

Contro la decisione del Comune di Valdieri è insorto un folto gruppo di figli di partigiani cuneesi che ha indirizzato al sindaco una lettera in cui si legge: «Siamo i figli e le figlie di alcuni dei partigiani che tra il 1943 e il 1945 combatterono nelle valli cuneesi per riscattare il nostro Paese dalla vergogna fascista. Vogliamo esprimere la nostra indignazione per la decisione dell’amministrazione comunale di Valdieri di premiare con la cittadinanza onoraria l’ultimo discendente della dinastia che di quella vergogna è stata pienamente corresponsabile. Proprio da Valdieri, da Villa Bianco, subito dopo il disastro dell’8 settembre, partì il gruppo di dodici coraggiosi guidati da Duccio Galimberti e da Livio Bianco, che diedero vita alle formazioni di Giustizia e Libertà, in cui militarono i nostri genitori. Se dovettero esporre le proprie vite e sottoporsi a tanti sacrifici, fu anche per colpa di un sovrano traditore e codardo, che prima sostenne incondizionatamente la dittatura e la politica criminale del fascismo, la sua alleanza aberrante con il nazismo, le sue guerre sanguinose, e poi abbandonò il suo esercito e il suo popolo con una “fuga ingloriosa” (per usare le parole di una nota canzone partigiana di cui furono autori i padri di alcuni di noi). Ora, con la sua decisione, l’amministrazione di Valdieri cancella tutto ciò, tradisce quella memoria, dimentica il sacrificio della popolazione delle valli cuneesi, che ha pagato con decine di migliaia di morti le guerre sciagurate di Mussolini e di Vittorio Emanuele III. Noi non l’accettiamo» (qui l’elenco delle firme).

Per dissociarsi dalle scelte del Comune di Valdieri, per non dimenticare e per attualizzare, nel contesto attuale, lo spirito della Resistenza, il Comitato Vivere la Costituzione (composto da 34 associazioni e da singoli cittadini che si riconoscono nel patto fondativo e rigenerante della Costituzione), ha indetto per domenica 22 settembre alle 17:00 a Valdieri, davanti a Villa Bianco, la manifestazione “Viva la Repubblica antifascista!”, che sarà introdotta dagli interventi di Michele Calandri, dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Cuneo “Dante Livio Bianco”, di Paolo Allemano, presidente dell’ANPI provinciale Cuneo, e di Marco Revelli, presidente della Fondazione Nuto Revelli e figlio del partigiano Nuto.

Chi vuole unirsi al coro di indignazione per il conferimento della cittadinanza onoraria al Savoia può scrivere una email all’indirizzo protocollo@comune.valdieri.cn.it e, in copia, a antifascistipervaldieri@gmail.com, prendendo eventualmente spunto da questo testo.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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