Alexandro Sabetti

Nella guerra russo-ucraina, tra i tre contendenti, Mosca, Kiev e Washington, è l’Europa a finire schiacciata con la più grande operazione di scellerata autodistruzione dalla fine della seconda guerra mondiale.

L’Europa nella guerra russo-ucraina. All’alba dell’invasione

All’indomani dell’invasione russa, l’Europa si trovò davanti a un bivio. Da un lato, avrebbe potuto imporre le sanzioni necessarie accompagnandole con una ferma richiesta a Zelensky e Putin di sedersi subito al tavolo delle trattative, focalizzandosi sulle due questioni centrali del conflitto: la neutralità dell’Ucraina e il rispetto degli accordi di Minsk.

In questo scenario, con Zelensky meno supportato nell’opzione bellica, la pace si sarebbe potuta ottenere in tempi molto rapidi, forse in una settimana. Dall’altro lato, invece, l’Europa scelse un approccio diverso: descrivere Putin come un nuovo Hitler, un folle, un criminale, e avviare una massiccia fornitura di denaro, istruttori e armamenti pesanti all’Ucraina.

Il risultato fu una recrudescenza di sentimenti russofobici e una linea d’azione che culminò nella dichiarazione di Borrell, secondo cui la guerra doveva trovare la sua soluzione sul campo di battaglia, con diplomatici che si trasformavano improvvisamente in guerrafondai.

Un arsenale alle porte di casa

Con l’invio indiscriminato di armi in Ucraina, l’Europa ha contribuito alla creazione di un’area di conflitto ai propri confini che coinvolge non solo l’esercito regolare ucraino, ma anche forze mercenarie e gruppi paramilitari incontrollati.

Questi ultimi, mossi spesso da motivazioni più terroristiche che militari, agiscono in totale autonomia e non rispetteranno mai eventuali accordi di pace firmati da Zelensky. Questa situazione sembra destinata a protrarsi nel tempo, in linea con l’obiettivo strategico americano: un conflitto prolungato che, anche in caso di tregua formale, continui a logorare la Russia e porti alla progressiva distruzione dell’Ucraina, in particolare delle aree orientali del Paese.

L’inevitabile escalation del conflitto Come accade in ogni guerra prolungata, con il passare del tempo aumentano le perdite, cresce l’odio tra le parti e le ultime inibizioni nell’uso della forza svaniscono.

La Russia ha intensificato l’uso di armi sempre più potenti, mentre l’Ucraina ha iniziato a colpire il territorio russo. Il futuro ci mostrerà fin dove potrà spingersi questa spirale di escalation.

I rischi ignorati

In questa guerra crescente, sembra che ci siamo dimenticati di un dato fondamentale: l’Ucraina ospita alcuni dei più grandi depositi di plutonio e uranio arricchito al mondo, oltre a essere attraversata da importanti gasdotti e sede di centrali nucleari.

L’Europa si trova quindi a giocare con il fuoco in una delle aree più pericolose del pianeta. Vale la pena ricordare che la distanza tra l’Italia e l’Ucraina è di soli 1.500 chilometri, mentre gli Stati Uniti sono a 7.500 chilometri di distanza, con l’oceano Atlantico in mezzo.

Il prezzo economico per l’Europa

Sul piano economico, l’Europa si è tagliata fuori da una delle sue principali fonti energetiche a basso costo. Considerando che l’Europa è una delle regioni più industrializzate al mondo, ma priva di risorse naturali significative, questa decisione è come aver preparato una corda e aver infilato il collo al suo interno.

L’Europa non solo sta alimentando una guerra ai propri confini, ma sta anche facendo tutto il possibile per prolungarla e distruggere ogni possibile legame con il resto dell’Eurasia. Così facendo, si è tagliata i ponti con un partner economico complementare come la Russia (per le risorse) e con la Cina (per la produzione), rinunciando al più grande mercato globale rappresentato dai BRICS. Al contempo, si è subordinata a un concorrente diretto sul piano industriale: gli Stati Uniti, che però godono di un’autosufficienza energetica che all’Europa manca.

La posizione strategica della Russia

Da tempo è chiaro a tutti gli analisti attenti – e non i porta-pizzini atlantisti negli studi tv, la Russia non ha più alcun interesse a raggiungere una rapida pace. Sebbene il costo economico sia alto, Mosca sta consolidando il suo ruolo di asse con Pechino per essere riferimento per quella parte del mondo che si sente oppressa dall’egemonia statunitense. Questa vittoria strategica permette a Mosca di rafforzare l’alleanza con la Cina, un sodalizio inattaccabile direttamente sotto ogni aspetto: geografico, demografico, economico e militare. Per questo Washington ha scatenato una sorta di conflitto ibrido negli scacchieri euroasiatici (l’attacco all’Iran e il legame con Israele fa parte di questa strategia, così come il rafforzamento delle alleanze con Taiwan)

Il futuro europeo

L’Europa, al contrario, si è scavata la fossa da sola. Se i suoi governi non riusciranno in qualche modo, pur pagando un prezzo elevato, a ristabilire rapporti con l’Eurasia, il suo destino sarà segnato. I due secoli di predominio europeo sullo scenario globale, iniziati nel XIX secolo, si avviano verso una conclusione ingloriosa.

Di fronte ai leader come Meloni, Macron e Scholz, la vera domanda è: chi pagherà il prezzo di questa operazione autodistruttiva, la peggiore che il continente europeo abbia visto dalla Seconda guerra mondiale? Saranno i giornalisti che hanno sostenuto la narrativa bellica? I politici che hanno alimentato la guerra? O, ancora una volta, si cercherà di convincere i nuovi disoccupati e i nuovi poveri che “non c’era altra scelta”?

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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