Marquez

La pratica dell’omicidio politico come strumento della politica estera è un elemento centrale sia negli Stati Uniti che in Israele, senza che le istituzioni internazionali intervengano in alcun modo. Questi omicidi, che violano chiaramente il diritto internazionale, vengono considerati da queste due nazioni come un mezzo legittimo per perseguire i propri obiettivi geopolitici, una tendenza che si è consolidata negli ultimi decenni.

Stati Uniti: omicidi politici e dichiarazioni pubbliche

L’omicidio politico, pur essendo riconosciuto come un crimine, viene apertamente supportato da figure di spicco della politica statunitense.

Un esempio recente è il senatore Lindsey Graham, il quale ha dichiarato pubblicamente l’intenzione degli USA di eliminare Yahya Sinwar, leader di Hamas, senza nemmeno considerare un processo legale.

Questo atteggiamento non è un caso isolato; gli Stati Uniti da tempo utilizzano l’omicidio come strumento per neutralizzare figure politiche o militari che ritengono una minaccia, spesso giustificandolo con motivazioni legate alla sicurezza nazionale.

Ciò che appare paradossale è la discrepanza tra le accuse di incitamento all’odio che vengono mosse a chi promuove analisi geopolitiche critiche e le dichiarazioni pubbliche di leader politici americani che invocano apertamente la violenza, senza che ciò generi lo stesso livello di censura o condanna.

In altri contesti, tali affermazioni verrebbero facilmente associate a gruppi estremisti o terroristi, ma quando a farle sono rappresentanti governativi di alto profilo, sembrano passare inosservate.

Israele e l’evoluzione della violazione del diritto internazionale

Israele, fin dalla sua fondazione, ha manifestato una particolare insofferenza nei confronti del diritto internazionale, motivata dalle tragedie subite dal popolo ebraico durante la Seconda Guerra Mondiale.

La percezione che le norme internazionali non fossero in grado di proteggere gli ebrei ha alimentato un atteggiamento pragmatico e spesso intransigente. Un esempio storico emblematico è il rapimento di Adolf Eichmann nel 1960 a Buenos Aires da parte del Mossad. Sebbene fosse una chiara violazione del diritto internazionale, l’operazione non sollevò grandi controversie, poiché Eichmann era ritenuto uno dei principali responsabili dell’Olocausto.

Nel corso degli anni, Israele ha continuato ad utilizzare l’omicidio politico come parte della sua strategia di difesa, specialmente contro coloro che considera terroristi o nemici dello stato.

Questo approccio, spesso giustificato come “la cosa giusta da fare” (“the right thing”), è diventato una prassi comune, soprattutto quando si tratta di eliminare figure politiche o militari di rilievo nei territori occupati o in altri paesi.

Fine del tabù sull’omicidio politico

Negli anni ’70, gli omicidi politici venivano ancora mascherati o negati dai governi. Tuttavia, oggi, la brutalità dell’eliminazione fisica di avversari è diventata parte integrante della strategia di potere di paesi come gli Stati Uniti e Israele. Non solo la pratica non è più nascosta, ma viene persino discussa apertamente in contesti ufficiali. Questo rappresenta la fine di ogni tabù formale, con una crescente accettazione dell’omicidio politico come strumento ordinario nelle relazioni internazionali.

Il rapporto tra potenza militare e giustizia

Tanto gli Stati Uniti quanto Israele condividono un atteggiamento che mescola la superiorità militare con un senso di giustizia autodefinito, ignorando spesso il diritto internazionale. Questa combinazione di potere e auto-legittimazione ha portato a un approccio sempre più disinvolto nei confronti dell’uso della forza. Entrambi i paesi, a seconda dei propri interessi, si permettono di ignorare le norme internazionali quando queste non servono ai loro scopi, applicandole invece in modo selettivo contro i propri nemici.

La risposta del mondo e il ruolo dell’Europa

L’Occidente, e in particolare l’Europa, sembra aver accettato passivamente questo stato di cose, spesso fungendo da semplice sostenitore delle politiche statunitensi e israeliane. Questo atteggiamento è percepito in modo estremamente negativo in molte parti del mondo, soprattutto dove la presenza militare e politica degli Stati Uniti e di Israele è vista come una forma di oppressione. Tuttavia, mentre gli europei sembrano aver perso la capacità di agire in modo indipendente, la consapevolezza globale di questi abusi cresce

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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