Lo scorso fine settimana, a parte le elezioni regionali in Brandeburgo, che hanno registrato la vittoria di misura dell’SPD, tallonato dall’AFD, si è verificato a Berlino un episodio che ha fatto molto discutere, immortalato da alcuni video[1] registrati dai presenti e subito divenuti virali sui social. In occasione di alcune proteste a favore della Palestina, in corso nella capitale tedesca, che chiedevano la fine dei massacri nella striscia di Gaza, un bambino di circa dieci anni, con in mano una bandiera palestinese, è stato inseguito da alcuni agenti di polizia, che lo hanno bloccato e scortato fuori della piazza. Stando alle immagini, il piccolo non avrebbe assunto alcun atteggiamento offensivo, neanche di tipo verbale, limitandosi a gridare alcuni slogan pro- Palestina

Secondo quanto ripreso da Il Fatto quotidiano, il piccolo non è stato arrestato, mentre le forze dell’ordine “…sostengono di averlo fermato perché era rimasto solo in una manifestazione dove “erano stati commessi reati”, tra i quali “danni alla proprietà, lesioni personali e esposizione di simboli di organizzazioni terroristiche“. È stato quindi portato via – pare per proteggerlo – prima dell’arrivo del padre (circa un’ora e mezza dopo)”. Immediatamente, i sostenitori della Palestina si sono scagliati contro l’accaduto, parlando di un nuovo attacco ai diritti di libertà di espressione.

Al di là della condotta, più o meno discutibile, messa in atto dalle forze dell’ordine contro questo “pericoloso” (ovviamente in senso ironico) contestatore, l’episodio solleva più di un interrogativo sulla permanente vigenza nella democratica Europa, che si picca di essere il garante delle libertà democratiche, dei principi dello stato di diritto.

La repressione delle proteste nel Regno Unito hanno già appresentano un monito in tal senso, al pari dei sempre più numerosi proclami per la lotta contro la disinformazione, senza mai specificare chi siano i presunti “diffusori di odio”,  e soprattutto senza mai chiarire cosa s’intenda per disinformazione.

I fatti di Berlino, al di là del coinvolgimento di un minore, con ogni probabilità non avranno alcun seguito, ma possono essere letti come la spia di qualcosa che non va.

La Germania, come tutti sappiamo, porta un forte senso di colpa riferito agli atroci crimini commessi dal Terzo Reich, ma ricorrere a questo sentimento collettivo per giustificare o limitare la libertà di espressione, specie in una cornice normativa che non brilla per chiarezza, non ci pare la risposta migliore.

Se a tutto ciò aggiungiamo la logica dei doppi standard che sembra pervadere l’approccio del cosiddetto Occidente libero rispetto ai diversi scenari, tutto questo oltre a minare la credibilità del vecchio mondo, rischia sempre di più di alienarci gran parte del sud globale, che assiste e valuta a tanti episodi, compreso quello dello scorso fine settimana.

Come diceva Rosa Luxemburg – filosofa, economista e politica tedesca, assassinata da alcuni gruppi di estrema destra nel 1919 – “La libertà è vera libertà per chi pensa fuori dal coro”.


[1] tg.la7.it/esteri/berlino-bambino-palestina-polizia-22-09-2024-222200

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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