Trenta minuti di straordinaria follia. Potrebbe venire riassunto così il discorso che il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha tenuto ieri davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Quando il Presidente dell’Assemblea ha chiamato Netanyahu sul palco, numerosi delegati si sono alzati dalle proprie sedie e hanno abbandonato l’aula, ma, noncurante delle partenze, Netanyahu ha iniziato il proprio discorso. Il contenuto è fitto di propaganda di guerra e veri e propri deliri volti a dipingere Israele come la vittima di una cospirazione mondiale intrisa di odio razziale contro gli ebrei. L’ONU è «una palude di bile antisemita», Teheran finanzia le proteste anti-israeliane, e il Medioriente è spezzato in due: da una parte, la «maledizione», che comprende un Iran che cospira contro il mondo, e un Libano corrotto da Hezbollah che «lancia i missili dalle cucine» dei propri concittadini. Dall’altra, la «benedizione», che include, tra gli altri, Arabia Saudita, Egitto, e Sudan, colorati in verde su una cartina in cui il territorio israeliano si estende “dal fiume fino al mare”, e la Palestina non esiste.
Visti i recenti bombardamenti israeliani in Libano, il discorso (di cui il Times of Israel ha fornito una trascrizione) di Netanyahu alle Nazioni Unite era particolarmente atteso. Mentre saliva sul palco annunciato dal nuovo Presidente dell’Assemblea, il politico camerunense Philémon Yang, in molti hanno deciso di abbandonare l’aula. Tra i tanti sedili vuoti, sono stati inquadrati quelli dei rappresentanti di Arabia Saudita, Iran e Kuwait; come riporta l’agenzia di stampa turca Anadolu, anche il delegato di Ankara si è rifiutato di ascoltare il discorso di Netanyahu. E così, di fronte a un’Assemblea presente per metà, il Primo Ministro israeliano ha iniziato a parlare. Sin dalle prime parole, Netanyahu ha portato avanti quella che ormai è la sua solita propaganda di guerra: «non volevo essere qui», ha detto, «ma dopo aver sentito le bugie e le calunnie verso il mio Paese, ho deciso di venire e mettere le cose in chiaro». Il discorso è ruotato tutto attorno a un parallelismo con le parole di Mosé: «Quando ho parlato qui l’anno scorso, ho detto che ci troviamo di fronte alla stessa scelta senza tempo che Mosè pose davanti al popolo di Israele migliaia di anni fa, mentre stavamo per entrare nella Terra Promessa. Mosè ci ha detto che le nostre azioni determineranno se lasceremo in eredità alle generazioni future una benedizione o una maledizione». “Benedizione” e “maledizione” sono così diventate le due parole chiave del delirio retorico di Netanyahu.
Il Primo Ministro israeliano ha continuato il discorso definendo l’Iran una minaccia per tutto il mondo con mire espansionistiche ben al di fuori del Medioriente, e sostenendo che il suo scopo sarebbe quello di «distruggere la civiltà». Il suo primo obiettivo, naturalmente, sarebbe Israele, stendardo della democrazia, e faro della lotta contro il terrorismo, che combattendo «su sette fronti», starebbe operando per il bene del mondo. Dopo avere minacciato l’Iran ricordando a Teheran la vasta portata dell’arsenale israeliano, Netanyahu ha tirato fuori una mappa del Medioriente dall’Egitto alla parte più occidentale dell’India, con alcuni Paesi colorati di un verde acceso (India, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Giordania, Egitto e Sudan) e una lunga freccia bidirezionale di colore rosso che, partendo proprio dall’India, arriva sul Mediterraneo: è la “benedizione”. Qui, «poseremo linee ferroviarie, condotte energetiche e cavi in fibra ottica», per «migliorare le condizioni di due miliardi di persone». Posata la mappa, Netanyahu ne ha tirata fuori una seconda, quella della “maledizione”, che ritrae Siria, Iraq, Libano e Iran in nero, e in cui Israele occupa tutta la Palestina; questa sarebbe la linea del terrorismo che minaccia il mondo intero: «cosa scegliete?».
Dopo avere mostrato le mappe, Netanyahu ha descritto le operazioni militari israeliane, sostenendo che esse siano tutte volte a prevenire i danni ai civili, e non a portare avanti un genocidio, combattendo, piuttosto, chi davvero avrebbe intenti genocidari. Hamas, infatti, «usa i civili come scudo», e «ruba loro il cibo» che Israele farebbe entrare nella Striscia per poi «rivenderlo a prezzi esorbitanti», in modo da finanziarsi. E come Hamas, Hezbollah, che scaglierebbe missili «non solo da avamposti militari», ma che occuperebbe «gli edifici, le scuole, gli ospedali, le case» dei libanesi, arrivando a usare addirittura le «cucine» e i «garage» come piattaforme di lancio balistico. Proprio la propaganda di gruppi come Hamas ed Hezbollah, dietro cui si celerebbe il grande burattinaio iraniano, spingerebbe la «vasta maggioranza dell’ONU» a «demonizzare lo Stato ebraico». Netanyahu procede così ad attaccare apertamente l’istituzione delle Nazioni Unite, definendola una «palude antisemita» da «drenare» affinché il mondo diventi giusto.
Ironicamente, mentre Netanyahu parlava e decantava le grandi gesta israeliane nel prevenire guerre e distruzione, l’esercito di Tel Aviv si stava preparando a scagliare uno dei più vasti attacchi su Beirut dell’ultimo anno, bersagliando più di 140 obiettivi in una sola notte e uccidendo il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah. Dai bombardamenti di lunedì 24 settembre, in Libano sono state uccise più di 700 persone, molte delle quali civili. Israele sta continuando i bombardamenti a tappeto anche nella Striscia di Gaza, dove la conta degli uccisi è arrivata a 41.586 persone.
[di Dario Lucisano]