La Costituzione italiana e il modello di democrazia repubblicana non sono nati per caso o dalla testa di qualche professore di diritto costituzionale o di filosofia politica.

La sua origine deve essere ricercata, in maniera netta e precisa, all’interno dei contenuti che si espressero durante la lotta di Liberazione dal nazi-fascismo: non è retorica, ricordare questo fatto, è semplicemente ricordare la verità storica, per difenderla e – ancora una volta – affermarla pienamente.

La svolta verso l’ipotesi di una democrazia di massa, di tipo sociale, molto diversa da quella di tipo meramente liberale che aveva caratterizzato la fase di costruzione dell’Unità d’Italia fino all’avvento del fascismo (che, a differenza di quanto sosteneva Benedetto Croce, non poteva essere considerato una “parentesi”) avvenne proprio settant’anni, nel corso di quel 1944 durante il quale si delinearono con grande precisione le sorti della guerra mondiale e, in particolare in Italia, avvennero episodi di grandissima importanza.

Sullo scacchiere bellico il fatto di maggiore importanza fu sicuramente rappresentato dallo sbarco in Normandia e dalla liberazione delle due grandi capitali, Roma e Parigi, avvenuto all’inizio dell’estate: con lo spostamento del fronte da oriente verso occidente realizzato dall’Armata Rossa in esito alla battaglia di Stalingrado, si stabilì con chiarezza l’andamento bellico favorevole agli Alleati, al punto che nelle due conferenze successive di Bretton Woods (1-2 luglio) e Dumbarton-Oaka si posero già le basi, in precedenza alla stessa conferenza di Yalta,per definire le caratteristiche e il ruolo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che poi sarebbe stato precisato attraverso la carta di San Francisco.

Nello stesso tempo, in Italia, dopo i grandi scioperi della primavera dello stesso anno la Resistenza all’invasione nazi-fascista assunse decisamente il carattere di una lotta di massa, attraverso lo svilupparsi di alcuni fatti che possono essere considerati assolutamente decisivi, vere e proprie pietre miliari nella costruzione della nostra democrazia, :

Le Fosse Ardeatine, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema non sono state solo alcuni dei luoghi martiri in cui gli italiani, spesso anche donne e bambini morirono per mano dei carnefici di Hitler: ma furono anche i luoghi di una estate decisiva quella del 1944 che non non fu segnata da un ripiegamento ma della formazione di una serie di repubbliche libere: dall’Ossola, al Friuli, da Montefiorino a Torriglia, ad Alba. Quelle repubbliche libere durarono, è vero, il tempo dell’estate e poi ci fu la controffensiva nazista, ma il seme di una diversa concezione della democrazia fu gettato e praticato proprio in quelle occasioni storiche che non possono essere assolutamente dimenticate. L’esperienza delle repubbliche libere risultò poi determinante anche nella risposta che il CLN riuscì a fornire , in novembre, al “proclama Alexander”, allorquando il generale inglese invitò le forze partigiane a ripiegare e a cessare sostanzialmente l’attività di guerriglia per attendere la liberazione da parte degli eserciti alleati. Quell’invito fu rifiutato e fu evitato lo smantellamento delle formazioni partigiane. L’esito di quella scelta coraggiosa risultò determinante il 25 Aprile 1945 quando le grandi città del Nord furono liberate dai partigiani e a Genova, caso unico in tutta Europa, i tedeschi si arresero davanti agli esponenti del CLN, deponendo le armi e consegnandosi prigionieri. Fu quello il momento più alto, nel quale, anche in Italia le masse entrarono davvero nella storia.

In quell’estate segnata dalle Repubbliche Libere e dalle grandi stragi di rappresaglia come quella di Marzabotto che si ricorda domani, aveva trovato una espressione concreta della prospettiva di una democrazia repubblicana che poi sarebbe stata suffragata dal voto popolare, un’idea di radicamento sociale del concetto di eguaglianza, superando l’idea del processo politico quale semplice “formalismo delle regole”.

Adesso si presenta un un ulteriore tentativo di stravolgimento della democrazia repubblicana uscita – proprio – dalla Resistenza: un tentativo che va respinto come già accaduto in altre occasioni per riaffermare, fino in fondo, la realtà, l’identità, il portato politico di una Costituzione che rimane ancora da applicare in alcuni suoi principi fondamentali e che sarebbe esiziale e deleterio abbandonare per un tragico ritorno all’indietro segnato drammaticamente dalla guerra di annientamento quale vero e proprio “confine della storia”.

Di Franco Astengo

Lunga militanza politico-giornalistica ha collaborato con il Manifesto, l'Unità, il Secolo XIX,. Ha lavorato per molti anni al Comune di Savona occupandosi di statistiche elettorali e successivamente ha collaborato con la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Genova tenendo lezioni nei corsi di "Partiti politici e gruppi di Pressione", "Sistema politico italiano", "Potere locale", "Politiche pubbliche dell'Unione Europea".

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