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Israele sta aprendo un conflitto su più fronti. Ieri, le sue forze hanno lanciato un massiccio attacco nella Valle della Bekaa, in Libano, colpendo numerose postazioni di Hezbollah. Contemporaneamente, i caccia israeliani hanno effettuato raid contro gruppi di miliziani al confine con la Siria e penetrato oltre il confine iracheno.

Ma non è tutto: con un’operazione di grande impatto, è stato colpito anche il porto di Hodeidah, nello Yemen, a oltre mille chilometri di distanza, mentre altre incursioni hanno preso di mira le centrali elettriche che alimentano le infrastrutture degli Houthi. Nel frattempo, i media israeliani riferiscono che le operazioni di terra in Libano sono già iniziate.

Israele contro tutti: Gaza, Libano e Yemen sotto le bombe

Gli attacchi di Israele su GazaLibano e Yemen stanno delineando un quadro di escalation militare senza precedenti, sostenuta in maniera diretta dagli Stati Uniti.

Gli attacchi israeliani sono estesi non solo alla Striscia di Gaza, ma anche alla Valle della Bekaa, in Libano, dove sono state colpite numerose postazioni di Hezbollah, e al confine con la Siria e l’Iraq, dimostrando la capacità di Israele di operare su più fronti.

Uno degli aspetti più sorprendenti è stato il bombardamento del porto di Hodeidah, nello Yemen, situato a oltre mille chilometri di distanza, e l’attacco alle centrali elettriche gestite dagli Houthi, che alimentano le infrastrutture del gruppo sciita sostenuto dall’Iran.

L’intervento militare israeliano in Libano, secondo fonti militari, prevede l’invasione di piccole unità corazzate dell’IDF fino al fiume Litani, con l’obiettivo di “sterilizzare” la zona dai combattenti di Hezbollah.

Questa mossa rischia di destabilizzare ulteriormente gli equilibri geopolitici della regione, già messi a dura prova dagli scontri in corso. Israele sembra determinato a risolvere definitivamente i conti con Hezbollah, mentre a Teheran si teme che il prossimo obiettivo israeliano possa essere la Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei.

Gli Stati Uniti, a parole, dicono di voler evitare un conflitto su vasta scala, ma nella pratica forniscono a Israele non solo supporto diplomatico, ma anche armamenti cruciali per le operazioni in corso.

Il presidente Joe Biden ha sottolineato la necessità di evitare una guerra aperta, ma ha dichiarato contemporaneamente che il sostegnoa  Tel Aviv è ‘incrollabile’ e che l’eliminazione di Nasralla h è stat ‘giusta’, ripetendo il mantra del ‘diritto alal difesa’ di Israele.

A rendere il quadro ancora più complicato è la crescente pressione diplomatica russa, con l’invio del primo ministro russo Mikhail Mishustin a Teheran per colloqui urgenti, a segnalare che Mosca non tollererà ulteriori provocazioni ai propri alleati nella regione.

Le implicazioni internazionali di questi attacchi sono evidenti. Israele, con la complicità americana, sembra voler risolvere definitivamente la questione della presenza militare iraniana in Medio Oriente.

Gli attacchi contro figure chiave dei Pasdaran iraniani, come Abbas Nilforoushan, vicecomandante delle forze Quds, rappresentano un chiaro segnale di questa volontà di estendere il conflitto oltre i confini libanesi. Le Guardie Rivoluzionarie iraniane hanno già giurato vendetta, ma per il momento evitano un confronto diretto con Israele, preferendo mantenere alta la tensione attraverso le forze proxy come Hezbollah e gli Houthi.

Il massacro perpetrato da Hamas il 7 ottobre è stato utilizzato come pretesto per scatenare una serie di attacchi che stanno provocando migliaia di morti, soprattutto civili. Il bombardamento di Beirut, che ha causato oltre 300 morti, è emblematico della strategia israeliana: colpire duramente per intimidire i nemici, sfidandoli apertamente a reagire.

La politica americana, nel contesto medio-orientale, sembra sempre più confusa e fallimentare. L’apparente assenza di una strategia coerente sta lasciando spazio a Israele per agire liberamente, scatenando una guerra regionale dalle conseguenze imprevedibili.

Safi Al Din subentra a Nasrallah

Il Consiglio della Shura, il principale organo di governo di Hezbollah, ha eletto Hashim Safi Al Din nuovo segretario generale del partito sciita libanese, ha riferito il canale televisivo Al Arabiya, citando fonti.

In qualità di capo del comitato esecutivo del partito, ha supervisionato gli affari politici e gli affari interni. Fa anche parte dell’organismo responsabile delle operazioni militari.

Safi Al Din è il cugino dell’ex leader dell’organizzazione, Hasan Nasrallah,

Netanyahu e i “buoni e i cattivi”

Benjamin Netanyahu, durante il suo intervento all’ONU, poche ore prima dell’attacco mortale lanciato contro il elader di Hetzbollah, aveva sintetizzato l’intera questione mediorientale con due cartine.

Per Israele la ‘maledizione’ è un Medio Oriente ostaggio dell’Iran e della sua nefasta ombra egemonica su Iraq e Siria che arriva sino ad Hamas ed Hezbollah.

La ‘benedizione’ è un Medio Oriente in cui ci si è sbarazzati di Hamas e Hezbollah in modo da poter firmare una storica pace tra Israele e sunniti al fine di rendere possibile la Via del Cotone proposta da europei ed americani (in chiave anti-cinese/ Via della Seta) che partirebbe dall’India per arrivare al Mediterraneo.

Potere sintetico delle cartine. Ma la grande informazione è completamente schierata dalla parte dell’aggressore e a diffondere la narrativa sull’antisemitismo dilagante, e ignora volutamente i punti concreti senza far capire qual è l’oggetto reale del contendere.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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