Foto di Rohit Verma da Pixabay

Zela Satti

Netanyahu, col pieno appoggio statunitense, mentre massacra i palestinesi e devasta il Libano, dichiara di volere liberare il “popolo persiano”, cioè l’Iran. Peccato che la storia delle liberazioni in Medio Oriente sia un susseguirsi di disastri e misteri, come la nascita dell’Isis.

E forse l’Occidente ha dimenticato che a fermare le orde del Califfato, che dalla periferia di Damasco erano giunte a 40 chilometri da Baghdad, non furono gli Usa ma i Pasdaran iraniani e gli Hezbollah guidati dal generale Soleimani, poi ucciso dagli americani nel gennaio 2021.

I “liberatori” del Medio Oriente

Nel corso della storia, ciclicamente, qualcuno si è sempre proclamato liberatore del Medio Oriente, con l’obiettivo dichiarato di “liberare” i popoli della regione.

L’ultima voce è quella del premier israeliano Netanyahu, il quale ha osato rivolgersi direttamente alla popolazione iraniana, definendola “popolo persiano” e promettendo: “Quando l’Iran sarà finalmente libero, e quel momento arriverà prima di quanto la gente pensi, tutto sarà diverso. I nostri due popoli antichi, ebrei e persiani, saranno finalmente in pace”. Tuttavia, è paradossale che proprio il premier israeliano, l’uomo che sta massacrandoi palestinesi e libanesi, parli di “liberazione”. Mentre auspica la pace con l’Iran, la realtà è che i due Paesi si stanno avvicinando pericolosamente a un conflitto diretto che potrebbe coinvolgere anche le grandi potenze internazionali.

I “liberatori” americani e i loro disastri

Non è certo la prima volta che qualcuno cerca di “rifare” il Medio Oriente. Negli ultimi decenni, gli Stati Uniti si sono spesso presentati come i grandi liberatori della regione, con risultati tragici.

L’idea di un nuovo Medio Oriente – come ha ricordato Alberto negri – affonda le sue radici nel pensiero di Bernard Lewis, eminente studioso di Princeton, che nel 1978 formulò una teoria secondo cui l’Occidente avrebbe dovuto sostenere gruppi come i Fratelli Musulmani e Khomeini, promuovendo così una “balcanizzazione” del Medio Oriente su basi tribali e religiose.

Secondo Lewis, il caos avrebbe creato un “arco della crisi” che si sarebbe poi esteso fino alle repubbliche musulmane dell’Unione Sovietica. Questa strategia, supportata dall’invasione sovietica dell’Afghanistan nel 1979, vide gli Stati Uniti finanziare e armare i mujaheddin afghani, creando le basi per la lunga e disastrosa guerra che seguì.

Il fallimento in Iraq: un “capolavoro” americano

Il caso più emblematico di questi fallimenti è l’Iraq. Convinto dalla teoria di Lewis, nel 2002 il presidente Bush decise di invadere il Paese, spinto anche dall’illusione che una volta caduto Saddam Hussein, Baghdad sarebbe esplosa in manifestazioni di gioia. Ma né in Iraq né in Afghanistan vi furono le celebrazioni tanto attese.

L’Iraq, invaso con il pretesto di smantellare inesistenti armi di distruzione di massa, cadde preda di nuove guerre interne, del terrorismo di Al Qaeda e, successivamente, del Califfato, con migliaia di morti e milioni di rifugiati. E quando l’Isis minacciò Baghdad, furono le forze iraniane e gli Hezbollah, guidati dal generale Soleimani, a fermare l’avanzata, non certo gli americani.

I sette bersagli del Pentagono e le primavere arabe

Dopo l’11 settembre, il Pentagono stilò piani per attaccare, entro cinque anni, sette Paesi del Medio Oriente: Afghanistan, Sudan, Somalia, Libia, Libano, Siria, Iraq e Iran. Il risultato di queste operazioni è stato un disastro che si protrae ancora oggi.

Anche le “primavere arabe” del 2011, salutate inizialmente come l’alba di un nuovo ordine democratico, hanno portato solo nuovi regimi autocratici e ulteriore instabilità.

Dietro le ambiziose teorie sul “nuovo ordine” del Medio Oriente si celano spesso visioni ingenue e superficiali, presentate da esperti che raramente conoscono la realtà del territorio. Questa disinformazione, alimentata dai media occidentali, ha contribuito a formare una visione distorta del Medio Oriente, dove la “liberazione” si traduce in destabilizzazione e conflitti permanenti.

Oggi, di nuovo, si parla di “liberazione” e di “nuovo ordine”, con il Libano e l’Iran al centro dell’attenzione. L’esempio più lampante risale al 2006, quando Israele fallì nella sua campagna militare in Libano, nonostante il sostegno degli Stati Uniti. Anche allora, l’allora segretario di Stato Condoleezza Rice parlò di una nuova fase per il Medio Oriente.

In realtà, ogni volta che qualcuno si presenta come liberatore, il caos che ne consegue è peggiore di quello precedente

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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