Foto di Nikguy da Pixabay

In Italia continuano ad aumentare gli sfratti, così come la morosità incolpevole ma a fronte dell’assenza di un piano per l’edilizia popolare, l’unica azione del governo è il ddl 1660 che prevede anni di carcere per le occupazioni di immobili.

La crisi dell’edilizia popolare

In Italia, la carenza di alloggi popolari e l’assenza di un piano nazionale per l’edilizia residenziale pubblica hanno portato a una situazione di emergenza abitativa che coinvolge milioni di famiglie.

A fronte di una crescente crisi economica e dell’aumento vertiginoso dei costi degli immobili e degli affitti, il Paese si trova oggi in una situazione di stallo, con migliaia di sfratti esecutivi, famiglie senza un tetto e una morosità incolpevole in forte aumento.

Negli ultimi vent’anni, la strategia dei governi che si sono succeduti ha rinunciato ad interventi strutturali nel settore, preferendo adottare soluzioni temporanee, come i contributi per il pagamento degli affitti, piuttosto che investire in un piano di edilizia popolare o requisire gli alloggi sfitti.

Tuttavia, queste misure non sono riuscite a tamponare la crisi. Il risultato è una situazione esplosiva, dove gli enti locali sono ormai incapaci di rispondere all’emergenza, non avendo risorse sufficienti per fornire abitazioni agli sfrattati o per ripristinare gli alloggi esistenti.

L’inasprimento delle sanzioni con il ddl 1660

In un contesto così critico, il governo ha risposto con il disegno di legge 1660, che prevede un inasprimento delle pene per chi occupa illegalmente immobili, introducendo fino a cinque anni di carcere. Questo provvedimento mira a colpire sia gli occupanti sia le associazioni e i sindacati degli inquilini che li sostengono.

Tuttavia, molti vedono questo approccio come una misura repressiva che non affronta la radice del problema: la mancanza di case popolari e l’assenza di politiche pubbliche a lungo termine per risolvere il disagio abitativo.

La mancanza di un piano nazionale di edilizia popolare

Uno dei principali problemi evidenziati dalle associazioni del settore è l’assenza di un piano nazionale di edilizia popolare.

L’ultimo grande progetto di costruzione di case popolari risale a più di 60 anni fa, quando fu approvato il Piano Casa di Amintore Fanfani. Da allora, l’edilizia popolare è stata trascurata dalle istituzioni, finendo progressivamente nel dimenticatoio. Gli interventi, quando ci sono stati, si sono limitati a misure locali, senza una strategia nazionale coordinata.

Secondo Federcasa, l’associazione che riunisce le aziende che gestiscono l’edilizia residenziale pubblica, servirebbero almeno 250.000 nuove abitazioni per fronteggiare l’emergenza.

Tuttavia, i numeri attuali raccontano un quadro disastroso: ci sono oggi circa 60.000 alloggi sfitti, molti dei quali necessitano di riparazioni urgenti per tornare abitabili, ma mancano i fondi per farlo. A questa mancanza si aggiunge l’inefficacia del trasferimento delle competenze agli enti locali, che non hanno portato alcun risultato concreto nella risoluzione del problema.

Il dramma della morosità incolpevole

La pandemia di Covid-19 ha accentuato il fenomeno della morosità incolpevole, ovvero l’incapacità di famiglie e individui di pagare il canone di locazione a causa di difficoltà economiche non dipendenti dalla loro volontà.

Le famiglie colpite da questa condizione sono oltre un milione e mezzo, con molte di esse che non riescono a pagare né l’affitto né le bollette, innescando un ciclo di povertà e precarietà abitativa. Nonostante alcuni interventi economici durante la pandemia, questi non sono stati sufficienti a coprire tutte le necessità, lasciando una larga fetta della popolazione senza protezioni adeguate.

Anche le classi medie, tradizionalmente più protette, sono ora vulnerabili al rischio abitativo. La crescita dei costi immobiliari e dei canoni di affitto ha colpito duramente anche chi un tempo poteva permettersi di vivere serenamente senza dover ricorrere all’edilizia pubblica. Oggi, il disagio abitativo non riguarda più solo i ceti più poveri, ma si estende a una fetta sempre più ampia della popolazione.

Il fallimento del social housing e le prospettive future

Un’altra misura che si è rivelata insufficiente è quella del cosiddetto social housing, promosso in parte dalle Fondazioni bancarie. Questo tipo di intervento mirava a fornire case a prezzi accessibili a fasce di popolazione con redditi medi, ma fin dall’inizio ha mostrato debolezze strutturali e organizzative. Il progetto si è dimostrato incapace di rispondere adeguatamente alla domanda crescente di abitazioni, finendo per essere poco più che una misura di facciata.

Con la prossima manovra di Bilancio indirizzata al contenimento della spesa pubblica, le prospettive di un intervento sostanziale per l’edilizia popolare sembrano deboli. Il contrasto tra le promesse politiche, come il tanto proclamato “Piano Casa” annunciato da Salvini, e la realtà dei fatti, dove il contenimento della spesa pubblica sarà una priorità, alimenta ulteriori incertezze.

In particolare, Federcasa ha più volte richiesto fondi statali non solo per la costruzione di nuove case, ma anche per la manutenzione di quelle esistenti, che spesso versano in condizioni di degrado. Tuttavia, finora queste richieste sono rimaste inascoltate

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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