A meno di una settimana dall’ultimo grande massacro attuato dall’esercito israeliano nell’area settentrionale della Striscia, l’aviazione dello Stato ebraico ha lanciato un altro massiccio bombardamento sui complessi residenziali di Nord Gaza, questa volta ancora più mortale e distruttivo. Lo schema ripete quello di cinque giorni faun intero blocco residenziale diventa bersaglio dei colpi degli aerei israeliani, mentre l’assedio delle forze di terra impedisce a operatori sanitari, protezione civile e squadre di primo soccorso di raggiungere il luogo del massacro. Il primo bilancio parziale è di 150 vittime tra morti e feriti, di cui un centinaio uccisi, ma è fermo a questa notte; secondo i giornalisti presenti sul luogo, il numero di persone coinvolte sarebbe più del triplo, e i morti almeno 200. Nel frattempo continua sia l’assedio di Nord Gaza, sia la distruzione della Striscia. A Khan Younis le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno preso di mira due moschee, e stretto in una morsa la zona meridionale di Manara, intrappolando i civili sotto il fuoco dei mortai e uccidendo almeno 23 persone.

L’ennesimo bombardamento su complessi residenziali del nord della Striscia di Gaza è stato lanciato attorno alle 20:30 di ieri. Questa volta sono state colpite 13 case situate nel blocco 7 di Jabaliya, nei pressi dell’area di Al-Hawja. Sin dai primi minuti, le squadre di soccorso e le ambulanze hanno incontrato diverse difficoltà a raggiungere la zona, a causa della mancanza di carburante e dei continui attacchi e rapimenti ai danni del personale paramedico condotti dai soldati delle IDF. La protezione civile ha dovuto affrontare le stesse complicazioni per ore. Subito dopo l’attacco, i gazawi hanno lanciato un appello perché qualcuno ragiungesse il luogo a dare una mano a trasportare i feriti, ma, secondo una testimonianza del giornalista palestinese Hossam Shabat, sino a poco prima dell’attacco, gli ospedali stavano continuando a subire incursioni dai soldati israeliani. Da quanto si apprende da un altro giornalista palestinese, Anas Al-Sahrif, l’assedio dell’ospedale Kamal Adwan sarebbe continuato almeno fino alle 5:30 del mattino, anche se pare non essersi ancora concluso. Poco prima di mezzanotte, le persone bisognose di cura venivano ancora trasportate, nel migliore dei casi, con mezzi di fortuna come carretti. Vista la difficoltà a reperire informazioni e la portata della distruzione dell’attacco, è ancora difficile tirare una linea e fornire un bilancio finale di morti e feriti. Le fonti ufficiali sono ferme a circa 150 persone uccise, ma Anas Al Sharif parla di 200 morti e 300 feriti.

La strage del blocco 7 di Jabaliya è avvenuta durante il ventesimo giorno di assedio totale del governatorato di Nord Gaza. Qui, le forze israeliane hanno intrappolato circa 400.000 persone, bloccando sin dall’1 ottobre l’accesso a cibo, acqua, medicine e carburante. Dal 6 ottobre, invece, le città di Jabaliya, Beit Hanun, e Beit Lahia risultano completamente accerchiate e isolate dal cordone di soldati e carri armati. In questi 20 giorni, l’esercito israeliano ha emesso vari ordini di evacuazione, prendendo tuttavia di mira gli stessi civili in fuga, e non fornendo ai cittadini il tempo sufficiente per andarsene. Nel frattempo, ha iniziato ad assediare gli ospedali e le strutture mediche dell’area, senza risparmiare dai propri colpi medici e giornalisti. Dall’inizio dell’assedio, Israele ha ucciso oltre 800 persone. In generale, in tutta la Striscia di Gaza, dall’escalation del 7 ottobre, l’esercito israeliano ha ucciso direttamente almeno 42.847 persone, anche se il numero di morti totale potrebbe superare le centinaia di migliaia di persone, come sostenuto da un articolo della rivista scientifica The Lancet, e dalla recente lettera di medici volontari nella Striscia.

[di Dario Lucisano]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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