Foto di Jakub Luksch da Pixabay

Alexandro Sabetti

Il liberismo, con la sua enfasi su un progresso senza fine e senza fini, ha determinato un appiattimento sul presente che ha conseguenze non solo economiche e sociali, ma anche profonde ripercussioni neurologiche e culturali.

Questo fenomeno impedisce alle persone di sviluppare la capacità di astrazione, di pensare oltre l’immediato e di guardare sia al passato che al futuro per dare un senso più ampio alla propria vita.

L’appiattimento sul presente: la scomparsa della transgenerazionalità e della tradizione

Per millenni, le società umane si sono sviluppate intorno a un confronto costante con il passato e con il futuro. Il passato rappresentava una fonte di saggezza, esperienze accumulate e tradizioni consolidate che alimentavano l’identità culturale; il futuro, invece, era un obiettivo da raggiungere e migliorare.

Questo dialogo tra ciò che è stato e ciò che sarà ha permesso lo sviluppo della capacità di astrazione, una facoltà che va oltre la percezione immediata e permette all’uomo di immaginare scenari alternativi, valori più ampi e orizzonti collettivi.

Con l’avvento del liberismo e del consumismo, questa dialettica è stata spezzata. La diffusione del consumo di massa e dell’obsolescenza programmata ha limitato l’idea di continuità tra le generazioni, soppiantando la durata e la stabilità con mode passeggere e prodotti usa e getta.

Questo approccio non solo ostacola la creazione di un’identità stabile, ma frantuma anche la coscienza collettiva, rendendola vulnerabile alle spinte del consumismo e della gratificazione immediata.

La Metafora della “Crescita”: Un Sviluppo Senza Fine e Senza Fini

L’ideologia liberista si è imposta tramite la metafora della “crescita” come valore assoluto, mutuata dalla biologia ma svuotata di uno dei suoi aspetti essenziali: la maturità. Nel mondo naturale, la crescita ha un fine preciso, che è il raggiungimento di uno stadio compiuto, maturo, oltre il quale c’è un naturale rallentamento, un ciclo di riposo o trasformazione, e infine la morte. In ambito economico, invece, la “crescita” è un processo continuo e indefinito, come se non avesse mai bisogno di arrivare a uno stato maturo o a una conclusione.

Questo tipo di sviluppo ininterrotto, tuttavia, non può che rivelarsi insostenibile. La crescita senza fine e senza scopo ha sostituito la saggezza e la realizzazione con un’impazienza compulsiva e uno svuotamento dei significati: ciò che conta è soltanto “crescere”, indipendentemente dai costi sociali e ambientali, come se si trattasse di un’eterna giovinezza, in cui non si vuole mai diventare adulti e assumersi responsabilità.

La rimozione del tempo

Il liberismo, in questa forma, ha contribuito a modificare anche la percezione temporale delle persone. L’ossessione per l’immediato, sostenuta da tecnologie come i social media, riduce il tempo “vero” al solo “tempo reale”.

Siamo costantemente bombardati da informazioni, breaking news e notifiche, e ci sentiamo costretti a reagire immediatamente, senza riflettere o valutare, come se il passato e il futuro non avessero importanza.

social media, in questo contesto, si sono trasformati in una “palestra” per una sorta di privatizzazione e liberalizzazione della mente: spingono le persone a un’espressione superficiale e istantanea, in cui ogni pensiero è breve e immediato, privo di profondità e durabilità. Gli interventi sui social mancano spesso di esperienze concrete e di consapevolezza storica, diventando reazioni istintive e non ragionate, quasi come una riflesso pavloviano, piuttosto che riflessioni meditate.

Questa cultura e politica senza spessore temporale favorisce l’ascesa di un’élite che, avendo già denaro e potere, può continuare a mantenere il proprio status senza dover rispondere a una coscienza collettiva radicata o a una visione per il futuro. Senza un legame con il passato e un progetto per il futuro, le persone rimangono bloccate in una dimensione immediata che le rende facilmente manipolabili.

Le logiche economiche e sociali del liberismo appaiono come un’“economia di guerra”, una corsa alla sopravvivenza in cui ognuno è concentrato sul proprio interesse immediato, a scapito della costruzione di relazioni durature e di un benessere condiviso.

La riscoperta della lentezza

Di fronte a questa dinamica, è necessario ripensare il modo in cui viviamo il tempo e il modo in cui utilizziamo gli strumenti di comunicazione. Bisognerebbe ri-trasformare i social in strumenti di solidarietà, in spazi in cui le persone possano raccontare storie e condividere pensieri che costruiscano un tessuto sociale reale e duraturo. Questa era la funzione originaria prima che il Deep State ne stravolgesse completamente le dinamiche per trasformarli in spazi di controllo e censura preventiva.

Questi spazi dovrebbero servire a creare comunità radicate, concrete e consapevoli, capaci di resistere alle spinte della “gratificazione istantanea” e di impegnarsi per un futuro collettivo.

Sembra velleitario, ma la capacità di immaginare e di costruire un progetto comune ha sempre richiesto sforzo e perseveranza. Proprio come le generazioni passate hanno affrontato sfide molto più difficili, anche noi possiamo e dobbiamo riprendere il controllo del nostro tempo e costruire una società che guardi al futuro senza perdere le radici nel passato.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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