Foto Wikimedia
È strano che i media occidentali, sempre così attenti a diffondere ogni notizia proveniente dallo spazio post-sovietico che possa essere interpretata in funzione anti-russa, non dicano assolutamente nulla di quello che sta succedendo in Abkhazia, la repubblica che nel 1992 si è separata dalla Georgia ed è, per semplificare moltissimo le cose, del tutto dipendente dalla Russia che sta anche costruendovi una base navale per la propria flotta. Il motivo, probabilmente, va ricercato (oltre che nella totale ignoranza di cosa sia l’Abkhazia) nel fatto che, come si può vedere dalle immagini che allego, i manifestanti che protestano contro una legge “filo-russa”, e filorussa davvero in questo caso, che il Parlamento dovrebbe approvare sono molto poco “instagrammabili”, come si dice adesso: niente bandiere statunitensi o dell’Unione Europea, niente slogan pro-UE, niente cartelli scritti in inglese, niente vestiti alla moda eccetera, ma solo preoccupazione e irritazione credo giustificate.
Ricostruiamo la faccenda. Kristina Ozgan, Ministra dell’Economia abkhaza, ha firmato il 30 ottobre un accordo con il Ministro dello Sviluppo Economico russo sulla costruzione di “complessi multifunzione”, ovvero turistici e commerciali, a opera di investitori russi. Solo nel 2024 i turisti russi nel paese sono stati 1.400.000, per cui è chiaro che gli investimenti ci sarebbero eccome. Fin qui nulla di male, se non fosse per due motivi: l’accordo non è stato approvato dal Parlamento dell’Abkhazia, e in molti temono che sia un escamotage per aggirare la legge dell’Abkhazia che vieta agli stranieri di possedere proprietà immobiliari residenziali nel paese. Già da un paio d’anni il Presidente Aslan Bžania e il suo partito stanno proponendo disegni di legge per cancellare questa norma, ma dopo le manifestazioni di questa estate sono stati costretti a ritirarli: la risposta russa è stata pienamente europea – riduzione dei fondi che la Russia spedisce in Abkhazia e che sono una voce fondamentale per il bilancio della repubblica.
Quello che i manifestanti temono (e ripeto, credo abbiano ragione di temerlo) è che l’accordo del 30 ottobre permetterà agli investitori russi, il cui potere d’acquisto è incommensurabilmente superiore a quello dei locali, di costruire complessi residenziali che danneggeranno quelli dei locali e faranno aumentare in generale i prezzi. Inoltre avranno diritto a otto anni di esenzione dalle tasse, all’esenzione dalle tariffe doganali sui materiali da costruzione (che dunque verrebbero dalla Russia, non dai produttori locali), all’IVA al 5% invece che al 10%, un registro speciale separato da quello abkhazo, accordi prioritari per la fornitura di acqua ed energia, e la possibilità di offrire come garanzia alle banche d’investimento (russe ovviamente) terreni pubblici forniti dal governo abkhazo, banche che in caso di fallimento dell’investitore potrebbero tenersi i terreni e venderli a chi li vorrà comprare. Insomma, se fossi un albergatore o un ristoratore abkhazo mi starei preoccupando parecchio, soprattutto perché in molti nel paese temono che l’intera operazione sia gestita dall’ex Governatore della regione di Krasnodar ed ex Ministro dell’Agricoltura Aleksander Tkačëv, sospettato (è dire poco) di corruzione, e che anche gli investitori georgiani in possesso di passaporto russo possano approfittare della nuova legge.
Proprio oggi, il 15 novembre, il parlamento doveva dunque ratificare l’accordo, e già da lunedì le manifestazioni di protesta hanno portato all’arresto di 6 persone, rilasciate il giorno dopo, e a blocchi stradali in vari punti del paese oltre che nella capitale. Oggi la situazione è quella delle foto, con la folla che ha invaso, anche se molto pacificamente, il cortile del parlamento e chiede le dimissioni di Bžania. Il Parlamento, intanto, ha deciso di posticipare la ratifica a data da destinarsi, e a febbraio sono previste le elezioni presidenziali, nelle quali con tutta probabilità Bžania non sarà rieletto. Che la legge venga approvata o meno, ad ogni modo, la struttura dell’Abkhazia è troppo dipendente dai finanziamenti di Mosca e dai turisti e investitori russi per cambiare traiettoria, e in quale direzione poi (certo non dell’unificazione con la Georgia, visti i precedenti della guerra del 1992-1993). Vediamo se, da qui a febbraio, UE e USA inizieranno a dimostrare interesse per la “vibrante democrazia” abkhaza.
PS: è abbastanza surreale che le immagini della manifestazione e dell’occupazione del cortile del Parlamento siano tutte di RIA Novosti, ovvero un’agenzia russa.
Qui un paio di link in inglese: https://jam-news.net/opposition-grows-in-abkhazia-to-russian-abkhaz-investment-deal/
La situazione in Abkhazia si sta facendo più tesa. I manifestanti hanno occupato il Parlamento e la Presidenza, che sono collegati tra loro e si preparano a passarci la notte (nelle foto, vengono portati rifornimenti ed alzate barricate) Ci sono, a quanto pare, 9 feriti ma nessuna vittima. Tutti esortano alla calma, Bžania fa sapere che a determinate condizioni potrebbe anche dimettersi (tanto il mandato gli scade a febbraio), e da Mosca fanno sapere che si aspettano una risoluzione veloce e pacifica, e che questo stato di cose certo non aiuta gli investimenti esteri. Abkhazo avvisato…
Francesco Dall’Aglio