Era il due marzo del 1948 quando nei terreni di Alburchia, feudo del marchese Pottino, tra Petralia Soprana e Gangi, due sicari della mafia agraria delle Madonie uccisero Epifanio Li Puma. Dirigente del movimento per l’occupazione delle terre è stato assassinato davanti al figlio undicenne mentre lavorava il suo pezzo di terra. Allora i contadini siciliani lavoravano da ‘suli a suli’, dall’alba al tramonto per guadagnarsi un pezzo di pane e garantire la sopravvivenza alla loro famiglia. I mandanti, nonostante fossero stati denunciati, non pagarono mai per la sua morte.
Mezzadro d’idee antifasciste, Li Puma, è stato uno dei promotori della cooperativa ‘La Madre terra’, costituita per rendere operativi i decreti Gullo. Quella normativa regolava la concessione delle terre incolte ai contadini. Avrebbe dovuto costituire una tappa importante nella storia del Mezzogiorno e della lotta per l’abolizione del latifondo. L’obiettivo era eliminare una delle principali cause di sottosviluppo del Sud e delle condizioni di povertà del popolo siciliano. Ma, di fronte alle legittime pretese dei contadini, la reazione dei latifondisti e della criminalità agraria, assecondata dai politici collusi e da membri infedeli delle istituzioni, è stata feroce. In quegli anni decine di sindacalisti o di semplici contadini che presero parte all’occupazione delle terre e che lottarono per l’emancipazione del popolo siciliano furono assassinati. Omicidi spietati come quello di Epifanio Li Puma a Petralia Soprana, Salvatore Carnevale a Sciara, Placido Rizzotto e Giuseppe Letizia a Corleone o stragi di civili innocenti come i contadini ed i loro familiari mentre festeggiavano il Primo maggio a Portella della Ginestra.
Il 17 marzo 1948, una settimana dopo il rapimento di Placido Rizzotto (quando ancora non si sapeva della sua morte), ecco cosa scriveva Girolamo Li Causi sulle colonne dell’Unità. ‘Il delitto per ammissione stessa delle autorità, è politico: tutti sanno chi lo ha premeditato, organizzato ed eseguito. Anche la polizia lo sa. Li Puma veniva freddamente atterrato da due briganti della banda di Dino, banda che vive grazie alla complicità dei baroni che le assicurano ospitalità, sussistenza, protezione. Niente giustifica l’efferato delitto. Li Puma, padre di nove figli, contadino poverissimo aveva trascorso tutta la sua esistenza lavorando la terra, dirigendo la lega contadina di Petralia, organizzando la cooperativa “La Madre terra” che da tre anni è in lotta con i signori feudali per il possesso meno precario della terra, per più umane condizioni di esistenza. Dal Marchese proprietario, al campiere che indica ai banditi la vittima perché non sbaglino, ai sicari rotti ad ogni delitto la catena è limpida. Ma la polizia come già per altre decine di contadini capilega trucidati in questi ultimi mesi non vuole scoprire i mandanti e archivia le pratiche.’
Quella Sicilia in chiaroscuro, della sopraffazione e dell’egoismo, dell’orgoglio e dall’altruismo, esiste ancora oggi e non solo nelle campagne delle Madonie o dei Nebrodi. Ma come disse Giovanni Falcone: ‘La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine’. Solo e soltanto allora la terra del mare e dei monti, del sole e del profumo di zagara, dei poveri e degli onesti potrà emanciparsi è diventare quella ‘Madre terra’ che sognava e per cui ha dato la vita Epifanio Li Puma.
Fonti: rassegna.it e agrariadotme.worpress.com