Si preannuncia un weekend di dibattiti, riflessioni e, si spera, di rilancio per la frastornata sinistra italiana, che vede allo stato attuale in “Liberi e Uguali” e “Potere al Popolo” i due agglomerati di maggiore consistenza (ma comunque assai minoritari nella società).

di Adriano Manna

Il termine “agglomerati” è d’obbligo, perché uno dei nodi irrisolti di questa difficilissima fase politica è proprio la forma organizzativa, e quindi anche la definizione politico-culturale dei due principali cartelli a sinistra del Partito democratico, che hanno corso alle scorse elezioni politiche di marzo, per altro con risultati complessivamente deludenti.

Liberi e Uguali doveva costituirsi in partito subito dopo il voto, almeno stando alle dichiarazioni di Pietro Grasso, ma la resistenza di alcune sue componenti (in primis Sinistra Italiana, dal momento che sembra che MDP-Articolo1 spingesse per accelerare il processo di fusione) ha posto in stallo il progetto.

Il nodo irrisolto è sempre lo stesso: l’interpretazione della crisi strorica della social-democrazia e in ultima analisi il nodo irrisolto dei rapporti col Partito democratico, soprattutto sul piano strategico più che tattico. MDP continua ad aspettare il definitivo declino di Matteo Renzi per riaprire un processo di ricomposizione del campo largo progressista, riproponendo nella sostanza una visione legata al vecchio schema del centro-sinistra italiano. Sinistra italiana, comunque terrorizzata dal rischio minoritarismo, sembra molto meno possibilista sulla possibilità di uno spostamento a sinistra del PD, ponendo critiche più severe sull’inesorabile mutamento culturale e sulla crisi della social-democrazia in Italia come altrove, indipendentemente dal ritorno o meno di Matteo Renzi, interpretato da questi più come un prodotto ultimo della crisi politico-ideale del campo riformista che non come la causa dei suoi disastri.

Su questo nodo il processo di fusione si è almeno momentaneamente arrestato, ma la convocazione dell’Assemblea Nazionale di LeU, che si terrà a Roma il 26 maggio ,si spera possa almeno riaprire la dialettica interna tra ceti dirigenti che continuano, evidentemente, a non percepire realmente la gravità del distacco delle rispettive organizzazioni non solo dai settori sociali di riferimento, ma ormai anche dallo stesso corpo militante (o quel che ne rimane).

Passando alla novità delle elezioni di marzo, per la più vitale lista “Potere al Popolo” (più fresca quantomeno nelle pratiche e nel linguaggio) il discorso è ancora più complesso, ma riguarda anche qui, almeno parzialmente, il ruolo dei gruppi dirigenti di organizzazioni politiche ancora più piccole e marginali nella società (fatta eccezione per la sola Rifondazione comunista, che una qualche consistenza militante e radicamento nel territorio ancora esprime).

Per la lista nata a Napoli tra le mura dell’ex Opg Occupato – “Je so’ pazzo” il momento di confronto è previsto per il 26-27 maggio, proprio tra le mura del noto centro sociale napoletano che ospiterà la due giorni di assemblea nazionale.

Potere al Popolo ad oggi non si può definire un partito, dal momento che le sue componenti (Prc, PCI, Rete dei Comunisti, Eurostopo ecc.) non sembrano minimamente intenzionate a rinunciare alla loro autonomia. Tuttavia le potenzialità ci sarebbero eccome, soprattutto in una fase ormai prossima in cui il M5S inesorabilmente perderà una parte dei suoi consensi provenienti dalla sinistra (e sono tantissimi), generando voti in uscita che difficilmente guarderanno ai residui della vecchia classe dirigente di sinistra proveniente dalla Seconda Repubblica, continuando a cercare risposte di rottura, scaturite da una crisi che ha reso estremamente volatile il consenso dei ceti popolari (che per la maggiore si rifugiano nell’astensione) e sostanzialmente schizofrenico l’orientamento del ceto medio del paese, che storicamente rappresentava il perno del blocco sociale conservatore del sistema politico.

Per Potere al Popolo il rischio maggiore per uno sviluppo culturale e politico con vocazione di massa è rappresentato dalle sue componenti più dogmatiche, provenienti per lo più da strutture con impostazioni settarie e una lettura molto poco dialettica dei fenomeni macro, a partire dalle questioni internazionali.

Vedremo cosa accadrà questo fine settimana e proveremo a seguire l’esito di questi momenti di confronto interno alla sinistra italiana, nella speranza che si possano almeno cominciare a gettare le basi per un lavoro politico proiettato finalmente all’esterno.

http://www.sinistraineuropa.it/approfondimenti/weekend-assemblea-nazionale-liberi-e-uguali-potere-al-popolo/

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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