Mi sarei aspettato una energica protesta da parte dei genovesi nei confronti del governo al momento dei funerali di Stato per le vittime del ponte Morandi, invece applausi scroscianti, incitamento ad andare avanti, elogi e sorrisi, approvazione. La sintonia tra esecutivo e popolo continua e lo fa sull’onda di un crescendo dettato dall’immagine di una risolutezza mostrata dall’intransigenza delle parole dei ministri pentastellati e leghisti.
La risposta alla tragica domanda “come è potuto succedere?” non sta nelle rassicurazioni governative ma nemmeno sta nella risposta dell’azienda privata che gestisce la rete di comunicazioni più trafficata d’Italia.
Da una parte si balbetta di ricostruzione di un ponte in otto mesi; dall’altra si fa la voce grossa e si punta l’indice accusatorio, si prende una posizione politica che sembra giudiziaria e si caccia chi, se non altro perché direttamente risponde della sicurezza di ciò che amministra al momento, appare al momento il responsabile numero uno, quello più facilmente individuabile. Tutto avviene grossolanamente, coperto dal velo di rabbia, tristezza, dolore e incredulità che circonda Genova e che attraversa il Paese.
Intransigenza, nettezza, assenza di compromessi: anche sulla vicenda del ponte Morandi non ci sono mezze misure. Non si revoca la concessione ad Autostrade per l’Italia perché il privato lasci spazio al pubblico; semmai la si revoca per istinto, per stabilizzazione della linea d’onda diretta tra Palazzo Chigi e rabbia popolare.
Il governo cerca le emozioni, quelle più intime, quelle che dovrebbero pietosamente rimanere nascoste, magari vissute senza troppa enfasi e retorica di Stato; cerca le sensazioni della gente per entrarvi in piena connessione e rimane lì, vi si ferma con dichiarazioni perentorie, icastiche: poche parole che rischiano poco dopo d’essere contraddette da tecnicismi di ogni sorta, da problemi burocratici e anche da legislazioni esistenti.
Applausi e approvazione. Lo scopo è raggiunto. Il Paese marcia con il suo governo: lo approva nelle ore da poco seguenti la tragedia di Genova, quando si “twitta” che nonostante la terribile giornata, la nave Aquarius è stata cacciata indietro dalle coste maltesi e spagnole; lo approva quando annuncia a tutto spiano d’aver trovato il colpevole, sostituendosi informalmente alla magistratura con una decisione politica, iniziando la procedura della revoca della concessione.
Il governo non sbaglia un colpo: la fiducia degli italiani rimane quanto meno costante, in altri casi aumenta. Finalmente siede a Palazzo Chigi qualcuno che dice quello che fa: che poi faccia ciò che dice è tutto da vedersi. Ma tanto basta per influenzare la pubblica opinione.
Mi sarei aspettato di vedere i ministri della Repubblica non accettare le richieste di qualcuno di mettersi in posa per fare un “selfie”. Anche in questo caso mi sbagliavo. Lo scatto immediato, qualche sorriso della gente mentre passano i viceministri: un clima surreale, fatto di una adorazione per gli interpreti del potere attuale che rasenta l’idolatria.
Il tutto in una cerimonia religiosa dove anche un agnostico come me rispetta le formalità, se non per sé stesso, almeno per gli altri, per coloro che credono, che vivono il dolore attraverso il conforto della fede, del rapporto con qualcosa di trascendentale e ultraterreno.
Click, invece, ed il selfie è fatto. Certo, con serietà, senza abbozzare sorrisi eccessivi, ma la foto viene scattata e il contesto rimane sempre quello: un funerale di Stato.
Non posso dirlo con certezza, ma mi figuro la scena dei vecchi funerali organizzati istituzionalmente: in tutta onestà voi potete immaginare Spadolini, Fanfani, Goria e tanti altri ministri e presidenti del consiglio comportarsi politicamente (e non solo) al pari di ciò che avviene oggi?
Immaginate anche soltanto gli ultimi capi di governo come Prodi, D’Alema, Letta, persino Berlusconi e Renzi, assumere atteggiamenti di decisionismo tali, subito dopo una tragedia, da far dire anche a presidenti emeriti della Corte Costituzionale che si sta sorpassando il limite, il confine tra i poteri dello Stato? Tralasciamo poi il capitolo penoso del “selfie”… Almeno qui la giustificazione improbabile ma plausibile è che all’epoca telefonini non ne esistevano e al massimo erano le telecamere della tv ad entrare mestamente nelle chiese per cannibalizzare comunque un poco il dolore dei parenti delle vittime.
Mi sarei aspettato dunque una giornata diversa dai funerali di Stato. E’ andata così… Ma non per fatalismo.
Mi sarei aspettato un gol di Cristiano Ronaldo, al suo esordio con la Juventus. Non faccio il tifo per nessuna squadra nello specifico: amo solo i mondiali di calcio. I campionati mi entusiasmano davvero poco, anzi niente.
Ma mi sarei aspettato un gol dal fenomeno del pallone. Invece anche sotto questo aspetto sono rimasto deluso.
Evidentemente non era giornata. I giochi di squadra, di governo o dentro uno stadio, vanno rivisti. A Ronaldo concediamo il beneficio dell’adattamento alla nuova situazione. Al governo si può davvero concedere qualcosa?

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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