l segretario generale della Cgil dal palco di piazza San Giovanni: “Noi vogliamo la giustizia sociale e chiediamo che al centro tornino le persone e il lavoro dignitoso. Il governo apra una vertenza, ascolti le nostre proposte, o non ci fermeremo qui”. “È davvero uno spettacolo questa piazza così piena, così grande. E c’è ancora gente che deve mettersi in marcia per il corteo”. Queste le prime parole del segretario generale della Cgil Maurizio Landini, pronunciate dal palco di piazza San Giovanni, nel corso della manifestazione nazionale #FuturoAlLavoro con Cisl e Uil, a sostegno della piattaforma unitaria dei sindacati. “In tanti mi chiedono – ha aggiunto subito dopo – quanti siamo oggi. Ci sono troppi che danno i numeri in questo Paese: a loro dico, a questo punto, contateci voi”. “Noi siamo il cambiamento e chiediamo il cambiamento delle politiche del Paese”, spiega Landini: “Noi vogliamo la giustizia sociale e chiediamo una cosa molto precisa, cioè che al centro tornino le persone e il lavoro. Ma non un lavoro qualsiasi, bensì un lavoro dignitoso e che non renda poveri”. Il segretario generale della Cgil ha rimarcato che “abbiamo bisogno di unire il Paese e non di dividerlo. Il mondo del lavoro, che oggi è qui unitariamente, ha imparato sulla propria pelle che occorre fare di tutto per impedire che ci sia competizione tra lavoratori: questo si può ottenere soltanto assicurando a tutti gli stessi diritti e le stesse tutele. La competizione deve essere sulla qualità o sull’innovazione, non sui diritti e sul salario”. Maurizio Landini, dopo aver ha poi rimarcato “i valori irrinunciabili del sindacato, che sono l’antifascismo e l’antirazzismo” e la necessità di vedere “applicata pienamente la Costituzione”, ha ricordato come “questi ultimi venti anni di austerity e di mano libera al mercato abbiano provocato l’aumento delle disuguaglianze, dell’ingiustizia sociale, della precarietà, oltre all’esplodere della questione ambientale e del riscaldamento globale”. C’è dunque “non solo l’urgenza di difendere i diritti, ma di usare l’intelligenza di tutti per pensare un nuovo modello di sviluppo, orientato alla qualità del lavoro e delle produzioni”. Una domanda di cambiamento che “va rivolta anche fuori dell’Italia: a chi pensa di dividere l’Europa, rispondiamo che tutti uniti dobbiamo costruire l’Europa dei diritti e del lavoro. L’obiettivo è unire in Italia e unire tutti i sindacati in Europa: non è semplice, ma dobbiamo avere il coraggio di osare”. In questo quadro Landini ha fatto anche un riferimento alle delocalizzazioni, affermando che occorre impedire questi “spostamenti di produzione solo perché da altre parti i salari sono più bassi e ci sono meno tasse e meno diritti. I problemi non si risolvono rinchiudendosi nel proprio condominio”. Parlando poi direttamente al governo, il segretario generale della Cgil ha affermato che “il punto centrale sono gli investimenti: senza un piano straordinario di investimenti pubblici e privati non si creano posti di lavoro. L’esecutivo invece li ha ridotti, soprattutto per il Sud e per il mondo pubblico, e ha chiuso i cantieri”. Nella legge di stabilità, ha aggiunto, hanno messo “le poste per l’aumento dei salari nel pubblico impiego: stando a quelle cifre, l’incremento sarà di 14 euro lordi nei prossimi tre anni. Non si rendono conto che così facendo offendono se stessi e i lavoratori, non si rendono conto che il lavoro pubblico è cultura e assistenza alle persone, è diritto alla salute e inclusione sociale, è solidarietà e crescita del paese”. Per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, “un problema che prende alla bocca dello stomaco e che blocca anche la voce” Landini ha detto che davvero in questo caso il governo dovrebbe essere “del cambiamento”, mentre invece “ha fatto un provvedimento che riduce le risorse che l’Inail dovrebbe spendere per la formazione, per l’innovazione e per combattere gli incidenti”. Per questo la sicurezza diventa “un orizzonte della battaglia sindacale”. Così come un orizzonte per i sindacati è il Mezzogiorno, di cui l’esecutivo “si è dimenticato”, come dei giovani e degli investimenti per rilancio dell’occupazione giovanile. L’unica cosa che hanno fatto, ha detto ancora il segretario Cgil, è stato “alimentare la paura dei migranti”, mentre invece i dati ci dicono che “sono di più i giovani italiani che sono dovuti andare via dall’Italia per cercare lavoro che non gli stranieri che sono venuti a cercare il lavoro da noi”. La Cgil si oppone quindi anche alla chiusura dei centri dell’accoglienza, perché “non solo mettono in discussione i diritti, ma lasciano sulla strada tante persone che sono scappate dal loro paese per salvarsi dalla guerra e cercare un lavoro, oltre a moltissimi lavoratori”. La Cgil, poi, non è d’accordo con l’autonomia differenziata: “Certo siamo per l’autonomia delle regioni, ma in una nazione esistono dei diritti fondamentali, come la salute, l’istruzione e il lavoro sono diritti che devono essere gli stessi in tutto il territorio”. Sul fronte delle pensioni, l’obiettivo è “cambiare il sistema”, mentre Quota 100 risolve solo una piccola parte dei problemi: “E’ un bene chi ha 62 anni e 38 di contributi possa finalmente andare in pensione, ma il problema vero non sono due o trecentomila persone. Il problema sono gli altri 20 milioni che continuano a non poterci andare. Perché i giovani con questo sistema una pensione non l’avranno mai, le donne sono le più penalizzate, i lavori gravosi non sono stati affrontati. Noi questi temi li vogliamo affrontare”. I fondi andrebbero recuperati “nei 120 milioni di evasione fiscale annui e da un fisco più giusto, che va a sua volta riformato”. La flat tax, infatti, non è certo una soluzione: “Ci deve essere una progressività come dice la nostra Costituzione.” Circa il reddito di cittadinanza, la Cgil ha una posizione molto chiara: “Con Cisl e Uil ci battiamo, e ci siamo battuti in passato, per ottenere uno strumento in grado di combattere la povertà. Grazie a questa battaglia abbiamo fatto sì che il governo precedente istituisse il Rei. La nostra critica al Rei riguardava soprattutto la sua limitatezza, le risorse erano poche e quindi non risolveva il problema”. Ora invece il reddito di cittadinanza “è un ibrido che mescola la lotta alla povertà con le politiche per il lavoro. Il rischio è che non ne affrontino bene né l’una né l’altra”. Perché “la povertà si combatte dando lavoro, ma che non sia un lavoro povero”. La povertà esiste anche per chi un lavoro ce l’ha ma, ad esempio, ha in casa un anziano non autosufficiente, un disabile, o deve pagare per l’asilo nido. Sono queste le cose che fanno la differenza”. Per avere uno strumento “vero”, quindi, bisogna dare “un ruolo ai Comuni per rafforzare lo stato sociale”. Anche il fatto che i cosiddetti navigator saranno assunti da precari, “rende tutto questo davvero incredibile”. Per questo la piazza unitaria di San Giovanni alla quale Landini si è rivolto diventa fondamentale: “Abbiamo messo a punto una piattaforma insieme. L’unità in questo momento è molto importante, perché il governo ci deve ascoltare e aprire una vertenza. In questa piazza noi stiamo seminando solidarietà, contro chi semina odio”. “Io penso – ha concluso – che dopo una giornata come questa, chi governa ci debba ascoltare. Ma se non dovesse succedere, l’impegno che ci arriva da questa manifestazione, è che non dobbiamo fermarci. Andremo avanti, in ogni territorio del Paese, fino a quando avremo ottenuto ciò che chiediamo”.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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